Nota a Cass. 9 febbraio 2016, n. 2523.
Giovanni Piglialarmi
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2523 del 9 febbraio 2016, ha stabilito che l’accordo avente ad oggetto la ricollocazione del personale interessato dalla cessazione dell’attività di un’impresa e contenente l’impegno della impresa subentrantead assumere alle proprie dipendenze una determinata percentuale di dipendenti messi in mobilità, va qualificato come contratto a favore di terzi ex artt. 1372, co. 2 e 1411 c.c.
Con un accordo siglato tra organizzazioni sindacali, società cessante e società subentrante, quest’ultima si era impegnata ad assumere 125 lavoratori occupati nello stabilimento e ad individuarli nel rispetto dei criteri oggettivi dell’ anzianità di servizio e dei carichi familiari. Tuttavia, la graduatoria che era stata formata in base ai suddetti criteri era stata oggetto di contestazione in sede giudiziaria. Infatti, uno dei lavoratori impiegati nello stabilimento non veniva riallocato in quanto era stato inserito nell’elenco relativo all’inquadramento degli “operatori di confezionatrici” e non nell’elenco degli “operatori addetti al controllo qualità”, mansione, a suo dire, concretamente svolta. Il lavoratore, presentando ricorso ex art. 414 c.p.c., vantava pertanto il diritto a essere assunto dall’impresa subentrate poiché aveva svolto mansioni di operatore del controllo qualità e nell’ultimo periodo anche la mansione di carrellista, nonché di tubierista.
La Corte d’appello, e ancora prima il Tribunale, rigettavano il ricorso del lavoratore poiché dalle prove testimoniali era risultato che il lavoratore aveva svolto prevalentemente la mansione di operatore di confezionatrici. Oltretutto, in base alle risultanze processuali, emergeva che tutti gli operatori addetti al controllo qualità assunti dall’impresa subentrante superavano il ricorrente per anzianità e carichi di famiglia. Non poteva, quindi, il lavoratore, in qualità di terzo, opporre il diritto all’assunzione poiché difettava dei requisiti indicati nell’accordo stesso.
La Corte di Cassazione ha confermato il rigetto del ricorso proposto dal lavoratore, sostenendo che l’accordo avente ad oggetto la ricollocazione del personale “è qualificabile come un contratto a favore di terzi, che fa sorgere in capo ai beneficiari (quindi, i lavoratori), se individuati o individuabili, un diritto da opporre alla impresa promittente”, ribadendo un consolidato indirizzo giurisprudenziale (v. ex multis Cass. 26 giugno 2009, n. 15073).
“Qualora – precisa la Suprema Corte – l’accordo non indichi nominativamente i dipendenti da assumere ma, come nella fattispecie, si limiti stabilire criteri per la individuazione dei lavoratori che dovranno transitare alle dipendenze dell’imprenditore subentrante, il titolo della pretesa che il singolo lavoratore fa valere nei confronti di quest’ultimo non è costituito solo dall’accordo collettivo, ma anche dal possesso dei requisiti stabiliti dalle parti contraenti per individuazione dei terzi beneficiari”.
“E’ quindi onere del lavoratore che agisca in giudizio per rivendicare il suo diritto all’assunzione, dimostrare che, sulla base dei criteri indicati nell’accordo, la scelta doveva ricadere sulla sua persona”, non trattandosi di un’intesa che stabilisce i lavoratori da licenziare ma di un accordo che individua i dipendenti che l’impresa subentrante si era impegnata a riassorbire in base ai requisiti ivi indicati.