Il libero professionista non ha diritto a percepire dalla cassa forense l’indennita’ di maternita’ in alternativa alla madre in ragione di una “specificità protettiva” che giustifica una tutela più intensa della sola donna.

Donatella Casamassa

Il padre biologico libero professionista (avvocato) non ha il diritto di percepire, in luogo della madre, l’indennità di maternità(a carico della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza forense) (v. art. 70, D.Lgs. n. 151/2001).

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (2 maggio 2016, n. 8594), riprendendo le considerazioni della Corte Costituzionale (n. 385/2005), la quale, nella consapevolezza delle oggettive differenze sussistenti tra le due categorie di genitori, aveva già affermato che: a) la diversità di genere ben può giustificare una maggiore e speciale tutela per la madre biologica; b) una divergenza di disciplina può essere giustificata in relazione alla protezione specifica della salute della madre (n. 285/2010); c) la parità di trattamento tra coniugi è stata assicurata nei casi in cui la tutela della madre non sia possibile a seguito di morte o di grave impedimento, come le ipotesi di infermità della madre o il suo abbandono del nucleo familiare, o nelle ipotesi di adozione ed affidamento che giustificano, per ragioni evidenti, un’estensione anche al padre della provvidenza in questione.

Secondo l’orientamento della Corte Costituzionale, la tutela della maternità e della paternità è frutto di una normativa (v. D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, L. 8 marzo 2000, n. 53; L. 9 dicembre 1977, n. 903; L. 30 dicembre 1971, n. 1204) che ha disciplinato una serie di istituti (congedi, riposi, permessi, v. D.Lgs. n. 151/2001, artt. 32 e 36 – congedi parentali – e artt. 39, 40, 45 – riposi giornalieri), valorizzando l’uguaglianza tra i coniugi e tra le varie categorie di lavoratori, nonchè tra genitorialità biologica e adottiva, al fine di apprestare la migliore tutela all’interesse preminente del bambino (v., in questo Blog, F.BELMONTE, Il congedo parentale: nozione, beneficiari e opzione per il part time).

Tuttavia, l’uguaglianza tra i genitori sancita dalle norme che riconoscono condizione di parità al padre e alla madre, indipendentemente dall’essere genitori naturali o adottivi, è riferita ad istituti in cui l’interesse del minore riveste carattere assoluto o, comunque, preminente, e, quindi, rispetto al quale le posizioni del padre e della madre risultano del tutto fungibili tanto da giustificare identiche discipline; in altri termini, in questi casi, si è ritenuto ragionevole estendere al padre il diritto sia all’astensione obbligatoria che all’indennità di maternità ad essa collegata.

Diversamente, nella fattispecie in esame, le norme poste direttamente a protezione della filiazione biologica, oltre ad essere finalizzate alla protezione del nascituro, hanno come scopo la tutela della salute della madre nel periodo anteriore e successivo al parto. Ed è palese che, in questi casi, la posizione di quest’ultima non è assimilabile a quella del padre (v. D.Lgs. n. 151/2001, artt. 16 e 28: l’art. 16, nel disciplinare il congedo di maternità, stabilisce che la donna lavoratrice dipendente non può essere adibita al lavoro nei due mesi antecedenti la data presunta del parto e nei successivi tre; e l’art. 28 prevede che “il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonchè in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre”).

Più specificamente, nel caso dell’indennità di maternità sussiste una specificità protettiva (che giustifica una tutela più intensa della sola donna) che riguarda proprio la salute della madre biologica (che si aggiunge alle finalità concernenti la protezione del bambino e del nucleo familiare). Il che si pone in linea con l’art. 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che, al suo capoverso, precisa che “il principio di parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato”.

Al padre avvocato non spetta l’indennita’ di maternita’.
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