E’ legittimo il licenziamento del dipendente che, oltre a risultare assente alla visita di controllo della malattia, assume una condotta non consona al luogo di lavoro ed irrispettosa nei confronti dei colleghi.
Nota a Cassazione 10 marzo 2016, n. 4695
Kevin Puntillo
L’assenza (presuntivamente) ingiustificata del lavoratore malato alla visita fiscale di controllo, effettuata presso il suo domicilio, non produce automaticamente gli estremi della giusta causa di licenziamento. Ciò. in quanto, la valutazione della gravità del fatto che giustifica il licenziamento “non va operata in astratto, ma con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidabilità richiesto dalle singole mansioni, nonché alla portata soggettiva del fatto, ossia alle circostanze del suo verificarsi, ai motivi e all’intensità dell’elemento intenzionale e di quello colposo” (Cass. 10 marzo 2016, n. 4695).
L’inadempimento contrattuale e la sua gravità devono essere valutati alla luce e nel rispetto del criterio generale della “non scarsa importanza” ex art. 1455 c.c., secondo cui “il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra” (Cass. 10 dicembre 2007, n. 25743; Cass. 4 marzo 2013, n. 5280; Cass. 16 ottobre 2015, n. 21017).
Nella fattispecie, il lavoratore non era stato trovato in casa dal medico fiscale, ma il giorno successivo si era recato per la visita di controllo, come da avviso immesso dallo stesso medico nella cassetta postale, presso l’ambulatorio dove era stata riscontrata la sua inidoneità a riprendere servizio.
In ogni caso, anche se il comportamento inadempiente del lavoratore da solo non era tale da giustificare la sanzione del licenziamento (con preavviso), i giudici di merito erano pervenuti a tale conclusione sulla base della recidiva avente ad oggetto quattro precedenti contestazioni riguardanti: la prima, il comportamento irrispettoso tenuto nei confronti dei colleghi di lavoro (“il ricorrente cantava ad alta voce nei reparti produttivi”); la seconda, l’utilizzo del telefono durante l’orario di lavoro (“guardava le foto”); la terza, la tardiva consegna della certificazione medica riguardante un giorno di assenza; la quarta, una condotta non consona al luogo di lavoro (“aveva ripetutamente fischiato, oltre che cantare a voce alta, per diversi minuti)”. Per tali motivi, la Corte di merito aveva ritenuto che la condotta del lavoratore, unitamente alle altre quattro violazioni disciplinari da lui commesse in precedenza – le quali avevano creato disturbo nell’ambiente lavorativo ed avevano altresì denotato una scarsa affidabilità e superficialità del dipendente nello svolgimento dell’attività lavorativa – giustificava la sanzione espulsiva.