Francesca Albiniano

E’ legittimo il licenziamento del dipendente che compia atti di violenza sessuale non nell’esecuzione della prestazione lavorativa.

Il lavoratore condannato per violenze sessuali fuori dell’azienda è licenziabile perché compromette la fiducia del datore di lavoro, ledendo l’affidamento richiesto dalle mansioni. Infatti, “i comportamenti tenuti dal lavoratore nella vita privata ed estranei perciò all’esecuzione della prestazione lavorativa, se, in genere, sono irrilevanti, possono costituire giusta causa di licenziamento allorché siano di natura tale da compromettere la fiducia del datore di lavoro nel corretto espletamento del rapporto, in relazione alle modalità concrete del fatto e ad ogni altra circostanza rilevante in relazione alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, nonché alla portata soggettiva del fatto stesso”.

In questi termini, si è espressa la Cassazione (30 gennaio 2013, n. 2168) relativamente al caso di un dipendente postale che, fuori dell’orario di lavoro, abusando della qualità di responsabile di una comunità religiosa della Chiesa cattolica e, comunque, con violenza “consistita in azioni rapide e insidiose tale da superare la contraria volontà delle parti lese, aveva costretto le predette a subire atti sessuali…”, fatti per i quali era stato condannato, con patteggiamento, per il reato di violenza sessuale, alla pena di anni uno e mesi dieci di reclusione.

L’abuso delle funzioni di guida e responsabilità connesse alla veste di capo di una comunità religiosa, secondo i giudici, ha rilevanza non solo penale ma anche disciplinare, riflettendosi indirettamente sul rapporto di lavoro, in quanto integra una “gravissima violazione” dei doveri di diligenza e fedeltà di cui agli artt. 2104 e 2015 c.c.

Di conseguenza, è stato ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa intimato al lavoratore in ragione del “forte disvalore sociale” dei fatti; dell’eco sulla stampa; della peculiare posizione del dipendente che, in quanto coordinatore di circa trenta unità addette al recapito, svolgeva una funzione di “responsabilità e preminenza rispetto ai componenti della squadra”.

Lavoratore licenziato per aver commesso atti di violenza sessuale fuori dell’azienda.
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