La Cassazione ha definito le regole del c.d. “doppio licenziamento”.

Nota a Cass. 25 gennaio 2017, n. 1909

Francesca Albiniano

E’ legittimo il licenziamento disciplinare intimato ad una maestra di scuola materna alla quale era “sfuggito il controllo di un bambino trovato da terzi a notevole distanza dalla scuola”. Lo ha stabilito la Corte di Appello di Genova (con sentenza 11 febbraio 2014), ritenendo l’accaduto di gravità tale da legittimare la risoluzione del rapporto di lavoro.

La Corte ha peraltro rilevato che il rapporto di lavoro doveva ritenersi già cessato in data antecedente al licenziamento disciplinare, in quanto il lavoratore, in precedenza, era stato oggetto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in considerazione del mancato rinnovo dell’appalto presso la scuola materna di destinazione; licenziamento poi revocato dalla società a cui, peraltro, non era seguita accettazione da parte della lavoratrice.

In merito al doppio licenziamento, la Corte di Cassazione, con decisione 25 gennaio 2017, n. 1909, ha ribadito il proprio orientamento (Cass. nn. 6055/2008, 1244/2011, 106/2013), in base al quale “il datore di lavoro, qualora abbia già intimato al lavoratore il licenziamento per una determinata causa o motivo, può legittimamente intimargli un secondo licenziamento, fondato su una diversa causa o motivo, restando quest’ultimo del tutto autonomo e distinto rispetto al primo; sicché entrambi gli atti di recesso sono in sé astrattamente idonei a raggiungere lo scopo della risoluzione del rapporto, dovendosi ritenere il secondo licenziamento produttivo di effetti solo nel caso in cui venga riconosciuto invalido o inefficace il precedente. Una volta che il datore di lavoro ha intimato il licenziamento comunicando il suo recesso dal rapporto, questo deve considerarsi risolto fino a quando, ove si verta in regime di tutela reale, non intervenga una pronuncia di reintegrazione nel posto di lavoro”.

Nel caso in esame, già in grado di Appello, la Corte Territoriale si era correttamente conformata a tali principi ritenendo risolto il rapporto di lavoro in conseguenza dell’irrogazione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, successivamente revocato dal datore di lavoro, ma privo dell’accettazione da parte della lavoratrice. Trattandosi di licenziamento intimato dalla società precedentemente a quello disciplinare e non impugnato, la Cassazione ha ritenuto di soprassedere sulla valutazione del secondo licenziamento, risultando già risolto il rapporto di lavoro, rilevando, peraltro, che “la revoca del recesso datoriale non può, di per sé, avere l’effetto di ricostituire il rapporto di lavoro, occorrendo a tal fine una manifestazione di volontà, anche tacita, del lavoratore”. Affinché il licenziamento disciplinare possa intendersi revocato ed il rapporto di lavoro ricostituito, non è, cioè, sufficiente il mero invito a riprendere servizio rivolto dal datore di lavoro, ma è necessario un accordo, che presuppone corrispondenza tra proposta ed accettazione (cfr. ex pluribus, Cass. nn. 11664/2006, 5929/2008, 36/2011, 13090/2011).

Licenziabile la maestra se il bambino sfugge ai controlli, allontanandosi da scuola.
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