Solo la corretta e completa acquisizione della notizia di reato da parte dell’Amministrazione datrice di lavoro è idonea a far decorrere il termine perentorio per la conclusione del procedimento.

Nota a Cass. 20 marzo 2017, n. 7134

Gennaro Ilias Vigliotti

La procedura disciplinare dei dipendenti pubblici segue regole differenti da quelle previste dallo Statuto dei Lavoratori per il settore privato. In particolare, l’art. 55-bis del D.Lgs. n. 165/2001 (c.d. “Testo Unico del pubblico impiego”) prevede che il datore di lavoro pubblico abbia a disposizione 60 giorni (120 nei casi in cui la sanzione prevista sia quella del licenziamento) per concludere la procedura disciplinare, tassativamente decorrenti dal momento della «prima acquisizione della notizia» circa il fatto costituente addebito disciplinare.

La norma in commento ha posto non pochi dubbi interpretativi con riferimento al corretto inquadramento della nozione di “prima acquisizione” dell’informazione sulla violazione commessa, ancor più quando quest’ultima consista nella commissione di un reato.

Con la Circolare n. 14 del 2010, il Ministero della Pubblica Amministrazione e dell’Innovazione è intervenuto a sciogliere alcune nodi irrisolti, stabilendo che «l’Ufficio [per il Procedimento Disciplinare, n.d.r.] si attiva non solo nei casi in cui pervenga la segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora, ma anche nelle ipotesi in cui lo stesso abbia altrimenti acquisito notizia dell’infrazione. Ciò si evince dalla seconda parte del medesimo comma, in cui si àncora la decorrenza del termine per la contestazione dell’addebito alla ricezione degli atti o dell’acquisizione aliunde della notizia dell’infrazione», cosa che presuppone che l’Ufficio dell’Amministrazione competente sia stato «investito correttamente della procedura da parte del dirigente».

In sostanza, il Ministero ha chiarito che, per poter validamente avviare il procedimento disciplinare, è necessario che l’informazione circa l’infrazione commessa dal pubblico dipendente sia di contenuto tale da consentire all’Ufficio di effettuare correttamente tale avvio, secondo la regolare ed imprescindibile alternanza tra contestazione dell’addebito, svolgimento dell’istruttoria ed adozione della sanzione conclusiva.

I principi in commento sono stati di recente approfonditi dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 7134 del 20 marzo 2017, giunta all’esito di un lungo iter processuale che aveva visti contrapposti un dipendente dell’INPS e l’Ente previdenziale pubblico: il lavoratore era stato raggiunto da una richiesta di custodia cautelare per il reato di concussione e l’Autorità Giudiziaria aveva inviato al datore di lavoro pubblico una prima e sommaria informativa circa i provvedimenti restrittivi richiesti per il dipendente e, successivamente, aveva fornito all’INPS tutta la documentazione completa circa gli accertamenti svolti e le valutazioni compiute. L’Ente aveva avviato la procedura disciplinare solo a seguito della ricezione di tale ultima documentazione, procedendo alla contestazione, allo svolgimento delle difese e poi all’applicazione della sanzione, che, nel caso di specie, era consistita nel licenziamento per giusta causa.

Il lavoratore, adendo il Giudice del Lavoro, ha sostenuto l’illegittimità della procedura disciplinare per tardività della sua conclusione, atteso che, secondo la ricostruzione proposta in giudizio, il dies a quo per lo svolgimento della stessa doveva essere individuato nella prima comunicazione sommaria dell’Autorità Giudiziaria penale e non nell’invio successivo della documentazione completa.

Il Tribunale – come poi la Corte d’Appello – aveva accolto tale prospettazione, considerando la documentazione inviata in occasione del primo contatto informativo tra Autorità inquirente e INPS come l’effettivo momento dell’acquisizione della notizia disciplinarmente rilevante. Conseguentemente, il licenziamento era stato dichiarato illegittimo.

La Corte di Cassazione, ribaltando l’esito cui erano giunti i giudici di merito, e ribadendo i principi sopra richiamati, ha accolto il ricorso presentato dall’INPS, considerando come informazione rilevante quella, completa ed esaustiva, che era stata acquisita dall’Ente in occasione del secondo contatto con gli investigatori.

Secondo i giudici di legittimità, dunque, ai sensi dell’art. 55-bis del D.Lgs. n. 165/2001, può intendersi come notizia rilevante per l’avvio della procedura disciplinare pubblica «solo quella notizia di contenuto tale da consentire di pervenire in tempi contenuti ad una formulazione dell’atto di contestazione adeguata al comportamento addebitato al dipendente, soprattutto nell’ipotesi in cui il procedimento disciplinare abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali sta procedendo l’autorità giudiziaria penale, per i quali sarebbe anche ammessa la sospensione del procedimento disciplinare e che, comunque, ai fini disciplinari, vanno valutati in modo autonomo».

Illeciti penali del dipendente pubblico e dies a quo della procedura disciplinare.
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