Il lavoro giornalistico svolto senza iscrizione all’albo dei giornalisti dà comunque diritto ad una retribuzione adeguata
Nota a Cass. 21 aprile 2017, n. 10158
Francesca Albiniano
“Per l’esercizio dell’attività giornalistica di redattore ordinario è necessaria la iscrizione nell’albo dei giornalisti professionisti. Ne consegue che il contratto giornalistico concluso con un redattore non iscritto nell’albo dei giornalisti professionisti è nullo, non già per illiceità della causa o dell’oggetto, ma per violazione di norme imperative, con la conseguenza che, per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, detta nullità non produce effetti ex art. 2126 cod. civ. e il lavoratore ha diritto, ai sensi dell’art. 36 Cost., alla giusta retribuzione”.
Tale principio è stato espresso dalla Cassazione (21 aprile 2017, n. 10158) che, in linea con l’orientamento giurisprudenziale consolidato, ha affermato che il pieno svolgimento di mansioni di redattore ordinario, in regime di collaborazione coordinata e continuativa, giustifica l’adozione di un parametro retributivo, ai sensi dell’art. 36 Cost., “in tutto corrispondente alle previsioni per tale figura del CCNL Giornalisti” e, quindi, comprensivo della c.d. indennità redazionale, in quanto “intrinsecamente connessa” con le suddette mansioni (v. anche Cass. n. 23638/2010 e Cass. n. 4941/2004).
Pertanto, il lavoro giornalistico di redattore ordinario, prestato in carenza di iscrizione all’albo, pur nella nullità del rapporto, dà diritto ad una retribuzione adeguata ai parametri di cui all’art. 36 Cost., e comprensiva dell’indennità redazionale in quanto connessa con le mansioni proprie di tale figura professionale.
Le norme:
- L’art. 36 Cost. recita: “1. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. 2. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. 3. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.
- L’art. 2126 c.c. (Prestazione di fatto con violazione di legge) stabilisce che: “1. La nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità dell’oggetto o della causa. 2. Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione.”