Al dirigente medico che svolge funzione di sostituzione del responsabile di struttura complessa non spetta il trattamento economico accessorio complessivamente previsto per il titolare di struttura, ma esclusivamente l’indennità sostitutiva stabilita dal contratto – anche se la sostituzione si protrae oltre i limiti fissati dalla contrattazione collettiva.
Nota a Cass. 19 aprile 2017, n. 9879
Maria Novella Bettini
La sostituzione, in via vicaria, nell’incarico del dirigente medico del SSN (ai sensi dell’art. 18 del c.c.n.I. dirigenza medica e veterinaria 8 giugno 2000) non si configura come svolgimento di mansioni superiori, in quanto, avvenendo nell’ambito del ruolo e del livello unico della dirigenza sanitaria, non trova applicazione l’art. 2103, co. 7, c. c. (secondo cui “nel caso di assegnazione a mansioni superiori il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta e l’assegnazione diviene definitiva, salvo diversa volontà del lavoratore, ove la medesima non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, dopo il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi”).
Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione (19 aprile 2017, n. 9879) in relazione al ricorso inoltrato da una dirigente di primo livello (nell’ASL di Pescara, dal marzo 2000) incaricata quale responsabile della struttura “Ufficio farmaceutico territoriale”, al fine di ottenere il riconoscimento della retribuzione di dirigente di struttura complessa e, nello specifico, la differenza retributiva per lo svolgimento di funzioni superiori. La dirigente deduceva di aver svolto dal 2002 al 2006 la funzione superiore di responsabile dell’ufficio farmaceutico territoriale dove era incardinata con il primo livello, in via vicaria, essendosi resa vacante la posizione del titolare, ufficio poi ricoperto dalla stessa ricorrente in seguito al superamento di una procedura pubblica di selezione.
La Cassazione ha precisato che la disciplina della dirigenza medica si fonda su principi diversi da quelli sanciti dal codice civile, essendo la categoria collocata in un ruolo unico distinto per profili professionali e in un unico livello, articolato in diverse responsabilità professionali e gestionali (art. 15, co. 1, D.Lgs 30 dicembre 1992, n. 502, così come mod. dall’art. 16, co. 1, lett. a), D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517, dall’art. 2, co. 1-quinques, D.L. 18 novembre 1996, n. 583, conv., con modificaz., in L. 17 gennaio 1997, n. 4 e successivamente sostituito dall’art. 13, co. 1, D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229).
Tale peculiarità distingue il dirigente medico da altre figure dirigenziali e trova conferma, con riferimento all’inquadramento, nell’art. 15 ter, co. 5, D.Lgs. n. 502/1992, secondo cui: “Il dirigente preposto ad una struttura complessa è sostituito, in caso di sua assenza o impedimento, da altro dirigente della struttura o del dipartimento individuato dal responsabile della struttura stessa; alle predette mansioni superiori non si applica l’art. 2103, primo comma, del codice civile” (v. anche Cass. 3 agosto 2015, n. 16299).
Anche in base alla normativa del ccnl, le sostituzioni ( v. artt. 18, ccnl 8 giugno 2000 I biennio economico; 8, ccnl 22 febbraio 2001; 38, co. 4, ccnl 10 febbraio 2004; e 11, ccnl 3 novembre 2005): “non si configurano come mansioni superiori in quanto avvengono nell’ambito del ruolo e livello unico della dirigenza sanitaria” (art. 18, co. 7, ccnl 2000).
In questo quadro, secondo la Corte, “la sostituzione di dirigenti di grado più elevato deve essere ritenuto un compito già incluso in modo strutturale nella funzione unitaria, anche quando si tratti di una sostituzione vicaria per temporanea mancanza del titolare della posizione surrogata. L’adibizione a compiti superiori in funzione vicariante, infatti, non comporta, da parte del sostituto, la dismissione dei compiti della propria qualifica, ma solo il loro graduale ampliamento fino all’eventuale completa assunzione di quelli di struttura complessa”.
Pertanto, “al sostituto non spetta il trattamento accessorio del sostituito ma solo la prevista indennità cd. sostitutiva, senza che rilevi, in senso contrario, la prosecuzione dell’incarico oltre il termine di sei mesi (o di dodici, se prorogato) occorrente per l’espletamento della procedura per la copertura del posto vacante, essendo l’indennità sostitutiva già corrisposta in base alle reali responsabilità assegnate al dirigente, a prescindere dal livello retributivo a lui spettante”. (Sul punto, v. ancora Cass. n. 16299/2015, cit.).