È licenziabile il dipendente al solo fine di aumentare il profitto dell’azienda
Nota a Cass. 7 agosto 2017, n. 19655
Francesco Belmonte
Alla nozione di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, prevista dall’art. 3, L. 15 luglio 1966, n. 604, sono riconducibili anche ragioni “attinenti ad una migliore efficienza gestionale o produttiva ovvero dirette ad un aumento della redditività di impresa”. Tali ipotesi, espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost., sono insindacabili dal giudice, il quale, ai fini della legittimità del recesso, dovrà verificare unicamente l’effettività del ridimensionamento e la sussistenza del nesso causale tra la ragione addotta e la soppressione del posto di lavoro del dipendente licenziato.
A statuirlo è la Cassazione (7 agosto 2017, n. 19655), in relazione al licenziamento di un lavoratore, in seguito alla soppressione del reparto in cui era addetto (“Ricerche e Sviluppo per il collaudo, la sperimentazione e l’analisi tecnica di vetture”), causata dall’“interruzione dei rapporti commerciali con l’impresa cinese produttrice”.
La pronuncia in commento si pone in linea con un recente orientamento della stessa Suprema Corte, in base al quale: il recesso è legittimo anche solo per una finalità di risparmio in vista di una maggiore redditività dell’impresa, in quanto un aumento del profitto si traduce in un vantaggio non solo per il patrimonio individuale dell’imprenditore, ma anche in un incremento degli utili dell’impresa e, di conseguenza, in un beneficio per la comunità dei lavoratori (v. Cass. 7 dicembre 2016, n. 25201, in ADL, 2017, 311, con nota di A. VALLEBONA, Legittimità del licenziamento diretto ad incrementare il profitto; Cass. 20 novembre 2015, n. 23791, in MGL, 2016, 461, con nota di P. PIZZUTI, L’incremento della produttività giustifica il licenziamento; Cass. 18 novembre 2015, n. 23620, ivi, 466 e Cass. 14 novembre 2013, n. 25615, in D&G, 15 novembre 2013; Cass. 8 novembre 2013, n. 25197, in LG, 2014, 181; Cass. 14 maggio 2012, n. 7474, in RFI, 2012, voce Lavoro (rapporto), n. 1302 e Cass.11 luglio 2011, n.15157, in RCDL, 2011, 707, con nota di G. BULGARINI D’ELCI, Giustificato motivo oggettivo e controllo giudiziale; F. BELMONTE, Effettività delle ragioni alla base del licenziamento, nesso causale e soppressione della posizione lavorativa, in M.N. BETTINI (a cura di), La nozione di licenziamento per giustificato motivo fra tutela del lavoratore e ragioni d’impresa, E.S., 2017, 303; S. CIUCCIOVINO, Giustificato motivo oggettivo e repêchage dopo il jobs act, in MGL, 2016, 432; M. FERRARESI, Il giustificato motivo oggettivo di licenziamento. Dalla legge 604 del 1966 al contratto a tutele crescenti, Giappichelli, 2016, 69, anche M. PERSIANI, Giustificato motivo oggettivo di licenziamento e autorità del punto di vista giuridico, in ADL, 2017, 136).
Tuttavia, sebbene tale indirizzo sia ormai consolidato nelle numerose sentenze richiamate, i Giudici di legittimità hanno sovente aderito ad un diverso e più restrittivo orientamento, secondo cui: legittima il giustificato motivo oggettivo di licenziamento non il mero incremento del profitto, bensì l’ipotesi di riassetto organizzativo dell’azienda, attuato al fine di una più economica gestione di essa e per far fronte a situazioni sfavorevoli, “non meramente contingenti, influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva, tanto da imporre un’effettiva necessità di riduzione dei costi” (così, Cass. 23 ottobre 2013, n. 24037, in RIDL, 2014, II, 296, con nota di D. ZANETTO, Licenziamento per giustificato motivo oggettivo e controllo da parte del giudice. Si veda, poi, in linea conforme, Cass. 15 giugno 2017, n. 14871; Cass. 21 marzo 2016, n. 5525; Cass. 8 ottobre 2012, n. 17087, in RIDL, 2013,II, 633, con nota di A. RUSSOMANDO, Pretestuosità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo e limiti al demansionamento; Cass. 9 luglio 2012, n. 11465, in MGL, 2013, 226, con nota di G. FRANZA, Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: l’interesse al profitto è insindacabile e F. BELMONTE, op. cit., 297).