Il lavoratore durante la malattia può svolgere altre attività purché il loro contenuto non sia tale da pregiudicare o comunque ritardare la piena guarigione
Nota a Cass. 19 settembre 2017, n. 21667
Annarita Lardaro
Lo svolgimento da parte del dipendente assente per malattia di altra prestazione lavorativa (svolta o meno a titolo oneroso) è idoneo ad integrare gli estremi del licenziamento disciplinare per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede, nonché delle obbligazioni contrattuali di diligenza e fedeltà, solo nel caso in cui le predette prestazioni facciano presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando quindi una fraudolenta simulazione, o siano tali da pregiudicare o ritardare il rientro in servizio del lavoratore.
È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, con sentenza n. 21667 del 19 settembre 2017, confermando quanto già deciso dalla Corte di Appello di Catanzaro.
Nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, il dipendente, durante il periodo di assenza dal lavoro in seguito ad una contusione alla spalla e al polso, si era recato presso l’esercizio commerciale del figlio, guidando la propria autovettura e coadiuvandolo in alcune attività, tra cui lo spostamento di piccoli vasi di piante o la movimentazione della saracinesca; pertanto, il datore di lavoro aveva intimato il licenziamento disciplinare al lavoratore, ritenuto legittimo dal Tribunale.
La Corte d’Appello, per converso, rilevava che dalla documentazione in atti e dalle prove testimoniali prodotte in primo grado, non poteva pervenirsi alla conclusione che le attività svolte dal lavoratore fossero indicative della simulazione di malattia, né che ritardassero la sua guarigione.
La Cassazione ha ritenuto corretta la motivazione della Corte territoriale, sottolineando come i giudici di secondo grado non avessero fatto altro che conformarsi al consolidato principio secondo cui: “lo svolgimento di altra attività da parte del dipendente assente per malattia è idoneo a giustificare il recesso del datore di lavoro per violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà ove tale attività esterna, prestata o meno a titolo oneroso, sia per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando, quindi una sua fraudolenta simulazione, ovvero quando, valutata in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, l’attività stessa possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio del lavoratore” (si v. Cass., n. 24812/ 2016; Cass. n. 17625/ 2014; per un approfondimento si v. anche Cass. 2 dicembre 2016, n. 24671, con nota di K. PUNTILLO, Lo svolgimento di altra attività in malattia, in questo sito).
Inoltre, concludono i giudici, l’espletamento di attività extralavorativa durante il periodo di assenza per malattia costituisce illecito disciplinare non solo se da tale comportamento derivi un’effettiva impossibilità temporanea della ripresa del lavoro, ma anche quando la ripresa sia solo messa in pericolo dalla condotta imprudente (v. Cass., n. 16465/2015), con una valutazione di idoneità che deve essere svolta necessariamente ex ante, rapportata al momento in cui il comportamento viene realizzato (Cass. n. 24812/2016, cit.).