La perdita di un incarico dirigenziale a seguito di ristrutturazione aziendale non attribuisce al dirigente il diritto al mantenimento del trattamento economico accessorio precedente

Nota a Cass. 7 novembre 2017 n. 26373

Maria Novella Bettini

Per la contrattazione collettiva del comparto sanitario (ex art. 39, ccnl 8.6.2000 – I biennio economico, art. 1, ccnl interpretazione autentica 4.7.2002, artt. 8, art. 24, co. 9, 10, 11 ccnl 22.2.2001): “nel conferimento dell’incarico di direttore di dipartimento ovvero di incarichi che, pur non configurandosi con tale denominazione, ricomprendano – secondo l’atto aziendale – più strutture complesse – per la retribuzione di posizione – parte variabile – del dirigente interessato è prevista una maggiorazione fra il 35 ed il 50%, calcolato sul valore massimo della fascia di appartenenza come rideterminata dal comma 10”. Inoltre, “nel caso di attribuzione di un incarico diverso da quello precedentemente svolto, a seguito di ristrutturazione aziendale, in presenza di valutazioni positive riportate dal dirigente, allo stesso sarà conferito, ai sensi degli artt. 28 e 29, un altro incarico di pari valore economico” (art. 40, co.8).

Secondo App. Roma n. 1223/2009, tale seconda disposizione (co.8) è evidentemente intesa a garantire il mantenimento del trattamento economico, ivi compreso quello accessorio (nella specie, retribuzione di posizione) goduto con il precedente incarico, nell’ipotesi di perdita dell’incarico stesso a seguito di ristrutturazione disposta dall’azienda. Più specificamente, non v’è dubbio che nella nozione di “pari valore economico” (ai sensi dell’art. 40, co.8) vada ricompresa anche la maggiorazione (dal 35 al 50% di cui al co.9): il co.8 intende, cioè, chiaramente preservare detta maggiorazione nel caso di perdita dell’incarico per ristrutturazione aziendale.

Diversi sono invece i principi sanciti dalla Corte di Cassazione 7 novembre 2017, n.26373, la quale ha affermato che la suddetta previsione (art. 40, co.8) “non integra una clausola di garanzia per il trascinamento del trattamento economico già in godimento, ma attribuisce il diritto ad altro incarico di pari valore economico, con conseguente tutela risarcitoria in caso di inadempimento, in presenza di tutte le condizioni a ciò richieste, tra cui le valutazioni positive riportate dal dirigente”. In altri termini, dalla norma contrattuale non discende il diritto a maggiorazioni che, invece, il ccnl riferisce “al conferimento effettivo di incarichi di struttura complessa”.

Nello specifico, la Corte ha poi chiarito che il trattamento retributivo del dirigente che, ex D.Lgs. n. 165/2001 (artt. 19 e 24), si compone di una retribuzione fissa, o di base, collegata alla qualifica rivestita dal dirigente e determinata dai contratti collettivi e di una retribuzione accessoria composta dall’indennità di risultato e da quella di posizione, le quali rappresentano “strumenti di differenziazione e di flessibilità del trattamento economico con funzione incentivante” (v. Cass. n. 11084/2007).

A) Indennità di risultato. Quanto alla prima indennità, essa risulta “finalizzata a remunerare la qualità delle prestazioni e gli obiettivi conseguiti” e “corrisponde all’apporto del dirigente in termini di produttività o redditività della sua prestazione”.

B) Indennità di posizione. Relativamente alla seconda indennità – variabile, “secondo le funzioni ricoperte e le responsabilità connesse, in base ad una graduazione operata da ciascuna amministrazione” – essa riflette “il livello di responsabilità attribuito con l’incarico di funzione”, denotando, in quanto collegata a tale livello di responsabilità, “lo specifico valore economico di una determinata posizione dirigenziale” (v. anche Cass. n. 2459/2011 e n. 11084/2007).

Indennità di posizione del dirigente medico (Cass. n. 26373/2017)
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