La legge regionale non può derogare alle disposizioni legislative nazionali sulla durata massima settimanale del lavoro e di riposo giornaliero.

Nota a Corte Cost. 12 aprile 2017, n. 72

Paolo Pizzuti

Spetta in via esclusiva all’autonomia collettiva la possibilità di “derogare, entro precisi limiti e a determinate condizioni, alle disposizioni in materia di durata massima settimanale del lavoro e di riposo giornaliero, poste dal legislatore nazionale stesso in via generale”. Risulta pertanto lesiva di tale riserva alla contrattazione collettiva, la L.R. Basilicata n. 53/2015 (art. 2, co.1, lett. a) e lett. c)).

Il principio è stato affermato dalla Corte Costituzionale 12 aprile 2017, n. 72, la quale ha ricostruito la complessa disciplina della materia, ricordando come la durata massima settimanale dell’orario di lavoro sia disciplinata dall’art. 4 D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, secondo cui essa è stabilita dai contratti collettivi (co.1), mentre la durata media dell’orario lavorativo:

  1. “non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario” (co.2);
  2. va calcolata “con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi” (co.3);
  3. può essere computata estendendo il periodo riferimento di cui sopra fino a sei mesi o anche fino a 12 mesi “a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all’organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi”.

In altri termini, dunque, l’art. 4 D.Lgs. n. 66/2003, pur stabilendo in modo chiaro che il periodo di riferimento non può superare i quattro mesi, demanda ai soli contratti collettivi di lavoro la possibilità di ampliare a sei mesi o, anche fino a dodici mesi, tale periodo, purché esclusivamente a fronte di motivi oggettivi, di carattere tecnico o attinenti all’organizzazione lavorativa individuati dai medesimi contratti.

Per quanto concerne, poi, i riposi giornalieri, la legge (art. 7, D.Lgs. n. 66/2003) stabilisce che “1. ferma restando la durata normale dell’orario settimanale, il lavoratore ha diritto ha undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità”.

I due principi sopra esposti sono stati derogati dalla L.R. Basilicata n. 53/2015 che, per il calcolo della durata settimanale di quarantotto ore dell’orario di lavoro, aveva determinato in dodici mesi il periodo di riferimento (di cui all’art. 4, co.2, D.Lgs. n. 66/2003), prevedendo, altresì, che il limite così posto dall’art. 7 del D.Lgs. n. 66 del 2003 potesse essere direttamente derogato in presenza di eventi eccezionali e non prevedibili o assenze improvvise che non consentissero la continuità dell’assistenza, come accertata dai responsabili dei servizi sanitari interessati.

La Corte ha altresì affermato il principio (più volte ribadito, v. da ultimo, sentenze n. 257/2016, n. 178/2015), in base al quale “la disciplina dei vari aspetti della definizione del tempo della prestazione lavorativa è parte integrante della disciplina del trattamento normativo del lavoratore dipendente, sia pubblico che privato che…rientra nell’ordinamento civile”.

Sicché, la regolazione dell’orario di lavoro del personale pubblico regionale, spettante, per gli aspetti organizzativi dei servizi, alla Regione stessa, costituisce una “competenza residuale che deve esercitarsi nel rispetto dei limiti derivanti da altre competenze statali, quali appunto quelle in materia di ordinamento civile”.

Personale sanitario e disposizioni regionali in materia di orario di lavoro (Corte Cost. 12 aprile 2017, n. 72)
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: