L’attività investigativa svolta fuori dai luoghi di lavoro da un’agenzia privata per conto del datore di lavoro non è lesiva della privacy del lavoratore anche se protratta per più di venti giorni

Nota a Cass. 18 luglio 2017, n. 17723

Giuseppe Catanzaro

L’attività investigativa svolta da un’agenzia privata, su incarico del datore di lavoro, in relazione a compiti svolti fuori sede, non lede la privacy del dipendente anche se tale controllo si sostanzia in un pedinamento protratto per un periodo superiore alle tre settimane.

La Corte di Cassazione ha infatti statuito (18 luglio 2017, n. 17723) che la sorveglianza in questione non viola la privacy del lavoratore né va considerata eccessivamente “invasiva” dal punto di vista meramente quantitativo (i giorni del pedinamento), poiché la durata (20 giorni) non eccede i principi di adeguatezza e di proporzionalità che devono improntare i controlli della sfera privata del lavoratore.

Nel caso di specie, le indagini investigative si erano rese necessarie al fine di accertare eventuali illeciti commessi dal dipendente in conseguenza del mancato inserimento di tre giorni di ferie nel sistema Gerit e del mancato rientro nella sede di provenienza a seguito di una trasferta.

Sulla scorta degli elementi raccolti all’esito dell’attività investigativa, il dipendente veniva licenziato e, mentre il Tribunale di Milano aveva dichiarato illegittimo il licenziamento, ritenendo lesivi della privacy del lavoratore i controlli investigativi in esame, in quanto invasivi, la Corte d’Appello di Milano riformava la sentenza, accogliendo il ricorso in appello della società datrice.

Il dipendente allora impugnava la sentenza con ricorso per cassazione, lamentando l’illegittimità delle investigazioni svolte dall’agenzia, in quanto avvenute in violazione degli artt. 3 e 4 L n. 300/70, nonché in quanto lesive dei principi di adeguatezza e proporzionalità e indebitamente estese alla sfera privata.

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso, ha evidenziato l’inapplicabilità alla fattispecie delle norme statutarie richiamate. Ciò, dal momento che le investigazioni in esame ricadono nella figura del “controllo difensivo” da parte del datore di lavoro, ossia in una sfera eccedente i luoghi di lavoro, con conseguente esclusione della disciplina in tema di controlli contenuta nello Statuto dei Lavoratori.

I giudici, pertanto, hanno  rilevato come l’operato del datore di lavoro, nel caso di specie, sia stato pienamente legittimo.

Attività investigativa e privacy del lavoratore
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