L’omessa comunicazione da parte del pensionato di fatti o circostanze incidenti sul diritto e la misura della pensione è equiparata al dolo con ripetibilità delle somme indebitamente percepite nei confronti degli eredi.
Nota a Cass. 25 gennaio 2018, n. 1919
Donatella Casamassa
L’omessa o incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione, che non siano già conosciuti dall’ente competente, si configura come dolosa e “le somme indebitamente percepite sono ripetibili, sia nei confronti del pensionato che degli eredi, per questo solo fatto, indipendentemente dalla prova della mala fede dell’interessato (che sarà rilevante, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., solo ai fini del diritto agli interessi dal giorno del pagamento)” (artt.1, co. 263, L. n. 662/1996 e 38, co.10, L. n. 448/2001). “Simmetricamente, la medesima regola di irrilevanza dell’elemento soggettivo deve valere nell’ipotesi inversa all’effetto della non ripetibilità” (v. Cass. n. 20054/2016 e 18569/2008).
Tale principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione (25 gennaio 2018, n. 1919), la quale, in linea con la giurisprudenza di legittimità, ha precisato che (sia nel vigore dell’art. 80, RDL n. 1422/1924, sia dopo la riformulazione della disciplina dell’indebito ad opera dell’art. 52, L. n. 88/1989) “il dolo del pensionato, pur non potendo aprioristicamente considerarsi presunto sulla base del semplice silenzio, deve tuttavia ritenersi sussistente allorché questi abbia disatteso l’obbligo legale di comunicare all’INPS determinate circostanze rilevanti ai fini della sussistenza e della misura del diritto a pensione” (v., fra le tante, Cass. n. 4849/1986). La questione affrontata dalla Corte riguarda, in particolare, il divieto di cumulo tra l’indennità integrativa speciale, che il de cuius percepiva in quanto pensionato a carico dello Stato, e le quote fisse ex art. 10, L n. 160/1975, di cui egli fruiva in quanto titolare di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.
L’equiparazione al dolo del comportamento omissivo dell’assicurato:
a) trova ragione nel principio di unicità dell’erogazione (di cui all’art. 19, L. n. 843/1978), volto all’adeguamento delle prestazioni previdenziali al costo della vita. Tale principio contiene, sia pure per implicito, il divieto di una duplice percezione del trattamento e conseguentemente pone a carico del pensionato l’obbligo sia di informare l’INPS della propria condizione di percettore di un altro trattamento del genere, sia di segnalare, nell’ipotesi di mancata tempestiva informazione, che l’adeguamento gli è stato corrisposto due volte contra legem;
b) consente “l’incondizionata ripetibilità delle somme indebitamente percepite, nei casi in cui la corresponsione di prestazioni non dovute dipenda dall’inosservanza di obblighi di comunicazione prescritti da specifiche norme di legge ovvero dall’indisponibilità, per l’ente erogante, delle informazioni necessarie ad accertare da solo la ricorrenza dei fatti occultati e decisivi ai fini dell’attribuzione o della conservazione del diritto”;
c) non è applicabile quando l’ente previdenziale conosca le situazioni ostative all’erogazione o le possa conoscere avvalendosi della diligenza richiestagli dalla sua qualità di soggetto erogatore della prestazione, dal momento che, in queste ipotesi, la condotta omissiva del percipiente, ancorché in malafede, non è determinante della indebita erogazione e non può dunque costituire ragione di addebito della stessa (così, Cass. n. 11498/1996). La ripetizione è esclusa “in presenza di una situazione di fatto avente come minimo comune denominatore la non addebitabilità al percipiente della erogazione non dovuta” (Corte Cost. n. 431/1993).
Le norme
Art. 19, L. n. 843/1978.
“A decorrere dal 1° gennaio 1979 ai titolari di più pensioni a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti o delle gestioni dei lavoratori autonomi o a carico delle gestioni obbligatorie di previdenza sostitutive o, comunque, integrative dell’assicurazione generale obbligatoria sopra richiamata o che ne comportino l’esclusione o l’esonero, la quota aggiunta di cui al terzo comma dell’articolo 10 della legge 3 giugno 1975, n. 160, l’incremento dell’indennità integrativa speciale di cui all’art. 1 della legge 31 luglio 1975, n. 364, o altro analogo trattamento collegato con le variazioni del costo della vita, sono dovuti una sola volta Vedi, anche, l’art. 4, d.l. 30 dicembre 1985, n. 787, conv. in l. 28 febbraio 1986, n. 45).
Ai fini previsti dal precedente comma, qualora su una delle pensioni trovi applicazione la L. 31 luglio 1975, n. 364, continua a corrispondersi l’indennità integrativa speciale di cui alla legge stessa, restando in ogni caso non dovuta la quota aggiuntiva di cui all’art. 10, L. 3 giugno 1975, n. 160, o altro analogo trattamento collegato con le variazioni del costo della vita.
Nel caso di concorso di pensioni erogate dall’assicurazione generale obbligatoria e da gestioni che erogano pensioni diverse da quelle indicate nel comma precedente, i trattamenti di cui al primo comma sono a carico dell’assicurazione generale obbligatoria stessa.
In tutti gli altri casi i trattamenti di cui al primo comma sono a carico della gestione che ha liquidato la pensione avente decorrenza più remota o, in caso di pari decorrenza, della gestione che eroga la pensione di importo più elevato. Qualora una delle pensioni sia a carico delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, i trattamenti predetti sono a carico della gestione che eroga il trattamento in cifra fissa.
Nei casi di concorso di più pensioni a carico della stessa gestione i trattamenti di cui al primo comma spettano sulla pensione diretta.
Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle pensioni integrate al trattamento minimo e alle pensioni ai superstiti con più titolari”.
Art. 52, L. n. 88/1989 (Prestazioni indebite).
1. Le pensioni a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle gestioni obbligatorie sostitutive o, comunque, integrative della medesima, della gestione speciale minatori, delle gestioni speciali per i commercianti, gli artigiani, i coltivatori diretti, mezzadri e coloni nonché la pensione sociale, di cui all’articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, possono essere in ogni momento rettificate dagli enti o fondi erogatori, in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione.
2. Nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento modificato, siano state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato. Il mancato recupero delle somme predette può essere addebitato al funzionario responsabile soltanto in caso di dolo o colpa grave”.
Per un’interpretazione autentica del presente comma, vedi l’art. 13, L. 30 dicembre 1991, n. 412.