Le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da colpa del lavoratore, ossia da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, “per cui gli aspetti del rischio da gestire, da parte del garante, devono necessariamente includere l’esigenza del rispetto della normativa prevenzionale da parte dei lavoratori, dovendo il datore di lavoro evitare che i destinatari delle direttive di sicurezza, seguano prassi di lavoro non corrette, foriere di pericoli” (Cass. n. 4114/2011 e n. 32357/2012).

Il datore di lavoro, quale garante della sicurezza, ha cioè il compito di “evitare che si verifichino eventi lesivi dell’incolumità fisica, intrinsecamente connaturati all’esercizio di talune attività lavorative, anche nell’ipotesi in cui siffatti rischi siano una conseguenza di eventuali negligenze, imprudenze e disattenzioni dei lavoratori subordinati, la cui incolumità deve essere protetta con appropriate cautele. Il garante non può, infatti, invocare, a propria scusa, il principio di affidamento, assumendo che il comportamento del lavoratore era imprevedibile, poiché tale principio non opera nelle situazioni in cui sussiste una posizione di garanzia” ( Cass. pen. 22 ottobre 1999, n. 12115).

È negligente ed imprudente il datore di lavoro che abbia omesso di attivarsi per impedire l’evento. Né egli può invocare, quale causa di esenzione dalla colpa, “l’errore sulla legittima aspettativa in ordine all’assenza di condotte imprudenti, negligenti o imperite da parte dei lavoratori, poiché il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l’incolumità del lavoratore anche dai rischi derivanti dalle sue stesse imprudenze e negligenze o dai suoi stessi errori, purché connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa” (Cass. n. 18998/2009).

Si può escludere, per causa sopravvenuta, la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell’obbligo di adottare le misure di prevenzione solo in presenza di un “comportamento del lavoratore  che presenti i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle precise direttive organizzative ricevute, che sia del tutto imprevedibile o inopinabile rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, cosi da porsi come causa esclusiva dell’evento e da creare condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere” (Cass. 8 febbraio 2018, n. 6121 e n. 24798/2016). “In assenza di tale contegno, l’eventuale coefficiente colposo del lavoratore nel determinare l’evento è irrilevante sia sotto il profilo causale che sotto quello dell’entità del risarcimento dovuto; ciò in quanto il datore di lavoro, in caso di violazione delle norme poste a tutela dell’integrità fisica del lavoratore, è interamente responsabile dell’infortunio che ne sia conseguito e non può invocare il concorso di colpa del danneggiato, avendo egli il dovere di proteggerne l’incolumità nonostante la sua imprudenza o negligenza” (Cass. n. 1385/2018).

“Peraltro, in ogni caso, nell’ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento” (Cass. n. 38877/2005).

In sintesi, quindi, non può configurarsi una responsabilità (o anche solo una corresponsabilità) del lavoratore per l’infortunio, quando il sistema della sicurezza approntato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità, (sul punto, la giurisprudenza è concorde: v. Cass. n.22044/2012; n.16888/2012; n.21511/2010).

F.A.

Infortunio sul lavoro e colpa del lavoratore
Tag:                                                 
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: