Per natura retributiva del trattamento estero rileva il collegamento sinallagmatico con la prestazione lavorativa e non il carattere forfettario o di rimborso del trattamento stesso.

Nota a App. Firenze 9 marzo 2018, n. 151

Giuseppe Catanzaro

In base alla regola generale, in base al giudizio che si trae dalla giurisprudenza di legittimità, nell’ambito del trattamento economico aggiuntivo attribuito al lavoratore in servizio all’estero, ai rimborsi va riconosciuta natura retributiva qualora si tratti di spese effettuate dal lavoratore per adempiere, sia pur indirettamente, la prestazione lavorativa. Ed a questo fine, è irrilevante il carattere forfettario o meno del rimborso, mentre rileva esclusivamente il collegamento sinallagmatico della stessa spesa con la prestazione lavorativa all’estero.

Lo ha stabilito la Corte d’Appello di Firenze 9 marzo 2018, n. 151 (Roberta Santoni Rugiu, Cons. rel.), aderendo al consolidato orientamento di legittimità (v. Cass. n. 15217/2016, n. 13405/2013, n. 6563/2009), secondo il quale: “è retributivo il rimborso che adegui la retribuzione alle maggiori spese derivanti delle condizioni ambientali in cui il lavoratore presta la sua attività, soprattutto se si tratta di spese determinate o determinabili nel loro importo, e sostenute in via continuativa”.

Il Collegio ha perciò affermato la natura retributiva delle voci relative a “rimborso forfettario per lo svolgimento all’estero della funzione”, “rimborso forfettario per maggiori spese per familiari a carico trasfertisti”, “differenziale costo della vita all’estero”, “indennità per il servizio prestato all’estero” – nonché alle voci relative a “viaggi per ferie”, “contributi scolastici”, “contributo per le spese di locazione”.

Ciò, premettendo che, dal momento che, in linea generale, i rimborsi spese riconosciuti dal datore in favore dei dipendenti trasferiti all’estero possono avere natura retributiva, risarcitoria o mista (v. Cass. n. 6563/2009, in motivaz.), spetta al lavoratore provare che le relative voci non siano riconducibili alla mera funzione di rimborso spese, qualora il contratto di lavoro “non giustifichi tali somme in riferimento al valore professionale della prestazione o al disagio ambientale, bensì per i maggiori costi che il lavoratore deve sopportare per soggiornare all’estero insieme alla famiglia” (Cass. n. 23622/2010, in motivaz.).

La Corte d’Appello, ritenuta la natura interamente retributiva delle voci componenti il c.d. trattamento estero oggetto dell’appello principale ed incidentale, ha rigettato l’appello principale della Banca ed accolto l’appello incidentale del lavoratore, specificando che, con specifico riguardo ai rimborsi relativi a “viaggi per ferie”, “contributi scolastici”, “contributo per le spese di locazione”, gli stessi “non corrispondevano a spese sostenute nell’interesse del datore, bensì erano esborsi che avrebbero dovuto essere sopportati dalla Banca e che il lavoratore si era limitato ad anticipare. In tutti e tre i casi si trattava piuttosto di spese che il lavoratore, trasferito a Londra e a Francoforte, avrebbe sopportato in proprio, per il fatto di soggiornare all’estero con la famiglia al fine di svolgervi la prestazione, spese che, con gli accordi individuali che fondavano il trattamento estero, la Banca aveva stabilito di porre a suo carico, onerandosi quindi di una retribuzione aggiuntiva”.

In questo senso, il giudice cita la decisione della Corte di Cassazione n. 6563/2009, relativa alla domanda di liquidazione del TFR a favore di un lavoratore distaccato che aveva svolto le sue mansioni all’estero. Tale decisione ha riconosciuto natura retributiva alle spese relative all’alloggio, al rimborso dei viaggi aerei, nonché all’iscrizione e frequenza nelle scuole dei figli anch’essi trasferiti all’estero – “in quanto tutte attribuzioni patrimoniali dirette alla salvaguardia della retribuzione, indirettamente erosa dal luogo dello svolgimento della prestazione”.

Natura retributiva del c.d. trattamento estero
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