Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza S. U. 31 luglio 2018, n. 20348

indennità, medici, specializzandi, specializzazione, adeguata retribuzione, Direttiva 362/1975/CEE, Direttiva 75/363/CEE, Direttiva 76/1982/CEE,

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n.1342 depositata il 27/09/2012 la Corte di appello di Palermo, in riforma della sentenza di rigetto (per prescrizione dei diritti azionati) del Tribunale di Palermo, accoglieva nei soli confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri la domanda proposta anche nei confronti della Università degli Studi di Palermo e dei Ministeri dell’Università e ricerca scientifica e della Salute dai cinque medici specialisti GP, AT, MMD, CA e NG. Domanda volta ad ottenere la condanna, in via principale, al pagamento della “adeguata retribuzione” prescritta dalle direttive CEE (nn.362 e 363 del 1975 modificate dalla n.76 del 1982) per la frequenza negli anni dal 1982 al 1990 dei corsi di specializzazione, o in via subordinata al risarcimento dei danni subiti, o ancora al pagamento dell’indennizzo da ingiustificata locupletazione. La Corte distrettuale riteneva che, con riferimento ai soli anni accademici decorsi dal 1983/1984 al 1990/1991, lo Stato italiano (che la sola Presidenza del Consiglio era legittimata a rappresentare in giudizio) fosse responsabile per i danni derivati dalla mancata applicazione tempestiva e corretta delle richiamate direttive CEE adottate nella materia;

che agli azionati diritti fosse applicabile il termine prescrizionale decennale previsto dall’art.2946 cod.civ. (non quello quinquennale introdotto dall’art.4 comma 43 legge n.183/2011, irretroattiva), decorrente dalla entrata in vigore della legge n.370/1999 e non ancora trascorso alla data di introduzione della lite (18/3/2003);

che, nel merito, accertata sulla base della documentazione in atti la frequenza dei corsi da parte degli attori, il danno dovesse liquidarsi nella somma di lire 21.500.000 (pari ad euro 11.083,82) per tutti gli anni di frequenza delle scuole di specializzazione.

Avverso tale sentenza la Presidenza del Consiglio dei Ministri (in seguito P.C.M.) ha proposto nei confronti di tre degli originari attori (ossia i dottori P, T e D) ricorso per cassazione per tre motivi, cui hanno resistito gli intimati Amato e Grassi con controricorso.

La causa (n.25694/2013 R.G.) veniva dal Collegio della Sezione Sesta-3 civile rinviata a nuovo ruolo per riunione con altra (n.29002/2013 R.G.) successivamente instaurata dinanzi alla Sezione lavoro dai dottori P, T e D con ricorso affidato a cinque motivi, resistito con controricorso e ricorso incidentale per un motivo dalla P.C.M. unitamente ai due Ministeri ed alla Università degli Studi di Palermo. I ricorsi riuniti venivano quindi rimessi dalla Sezione lavoro, con ordinanza interlocutoria in data 23.10.2015, alle Sezioni unite con riguardo alla questione di massima (oggetto di contrastanti orientamenti nella giurisprudenza della Corte e comunque di particolare importanza), sollevata con il primo motivo del ricorso principale della P.C.M., riguardante la sussistenza, o non, del diritto al risarcimento del danno per l’inadempimento all’obbligo di recepimento della direttiva comunitaria 82/76 entro il termine del 31.12.1982 a favore dei medici che a quella data avevano già iniziato il loro corso di specializzazione.

Queste Sezioni unite, con ordinanza interlocutoria depositata in data 21/11/2016, hanno a loro volta sottoposto alcuni quesiti concernenti l’interpretazione delle direttive CEE 363/75 e 82/76 alla Corte di giustizia della Unione Europea, che con sentenza del 24 gennaio 2018 ha risposto ai quesiti. Quindi, fissata nuova udienza pubblica di discussione dinanzi a queste Sezioni unite, e depositata memoria dalla Presidenza del Consiglio, la causa è stata rimessa in decisione alla odierna udienza pubblica.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Iniziando nell’ordine logico-giuridico dalla questione inerente la prescrizione dei diritti azionati dai medici, non può che ribadirsi al riguardo guanto già osservato nella ordinanza interlocutoria del 23.10.2015. Che cioè la questione è stata posta inammissibilmente con il ricorso incidentale dalla P.C.M. e dalle altre parti che insieme con essa hanno proposto il ricorso: la prima perchè aveva già, con il ricorso autonomo principale (non contemplante tale questione) esaurito le sue doglianze esperibili avverso la sentenza d’appello; e le altre parti perchè non risultate soccombenti in appello e quindi prive di interesse ad impugnare. Tale ricorso incidentale deve dunque dichiararsi inammissibile.

2. Il ricorso principale della P.C.M. si basa su tre motivi.

2.1. Con il primo motivo la parte ricorrente censura il riconoscimento dell’indennizzo in favore di tre degli originari attori (i dottori P, T e D) che avevano iniziato la frequenza dei corsi a partire dall’anno accademico 1982-1983. Sostiene che tale riconoscimento viola le disposizioni delle più volte ricordate direttive europee, del trattato istitutivo della Comunità Europea nonché degli artt.1173 e 2043 del codice civile, perché alla data in cui l’inadempimento statuale si è verificato i predetti medici specializzandi avevano già iniziato il loro corso di specializzazione, essendosi iscritti quando la  direttiva 82/76 non era ancora entrata in vigore e nessun obbligo giuridico si era costituito per lo Stato membro.

2.2. Con il secondo motivo la P.C.M. si duole, sempre per violazione di norme di diritto nazionale ed europeo, del riconoscimento dell’indennizzo in favore del dr. P anche per un’altra ragione: la specializzazione dal predetto conseguita, in “chirurgia d’urgenza e pronto soccorso”, non sarebbe compresa nell’elenco delle specializzazioni comuni a tutti gli Stati membri o a due o più di essi e menzionate dagli artt.5 e 7 della direttiva 75/362 CEE. Per tale carenza, rilevabile anche d’ufficio, la domanda di indennizzo del P sarebbe comunque infondata (così nel quesito di diritto) o improponibile (così nella illustrazione del motivo).

2.3. Con il terzo motivo la ricorrente, con riguardo al quantum della liquidazione, denuncia la violazione dell’art.11 legge n.370/1999, nonché degli artt. 6 D.Lgs.n.257/1991, 2043, 2056, 1223 e 1226 cod.civ. Sostiene che la Corte di merito avrebbe liquidato in € 11.083,82 (pari a lire 21.500.000) per ogni anno di corso l’indennizzo riconosciuto a ciascuno dei ricorrenti, commisurandolo dunque alla somma prevista dal D.Lgs.n.257/1991, che però prevede la remunerazione spettante agli specializzandi iscritti al primo anno di corso successivamente al 1991 e quindi non potrebbe essere applicata retroattivamente e al diverso caso in esame senza violare la discrezionalità riservata al legislatore: la Corte avrebbe dunque dovuto commisurare l’indennizzo -in conformità con la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità- a quanto previsto dall’art.11 legge n.370/1999 (lire 13.000.000 pari a € 6.714,98 per ciascun anno), con la quale lo Stato italiano ha proceduto ad un sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo in materia.

3. Connesso con il terzo motivo del ricorso principale si mostra il ricorso autonomo successivo proposto dai d.ri P, T e D, che essenzialmente denunciano, con il(terzo ~ECO motivo, la nullità della statuizione concernente il quantum della liquidazione per motivazione apparente e contraddittoria nonchè per violazione dell’art.112 cod.proc.civ. perché, condannando la P.C.M. al pagamento in favore di ciascuno degli attori della somma di € 11.103,82 (oltre interessi) per tutti gli anni di frequentazione dei corsi, non distingue tra le diverse durate dei corsi rispettivamente frequentati dagli attori, nonostante il risarcimento fosse stato richiesto in relazione ai rispettivi anni di frequenza.

4. Come si è già rilevato, la questione posta dal primo motivo del ricorso principale della P.C.M. è stata risolta dalla sentenza del 24 gennaio 2018 della Corte di giustizia della Unione Europea. Che ha in modo chiaro ed inequivocabile interpretato le disposizioni dell’art.2 paragrafo 1, lettera c), dell’art.3, paragrafi 1 e 2, nonché dell’allegato della direttiva 75/363/CEE del Consiglio, come modificata dalla direttiva 82/76/CEE del Consiglio, affermando in sintesi: a)che «qualsiasi formazione.., come medico specialista iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere oggetto di remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto»; b)che tale obbligo «non dipende dalla adozione, da parte dello Stato membro, di misure di trasposizione della direttiva 82/76»; c) che «una remunerazione adeguata, ai sensi dell’allegato suddetto, per la formazione…dei medici specialisti iniziata nel corso dell’anno 1982 e proseguita fino all’anno 1990 deve essere corrisposta per il periodo di tale formazione a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa».

4.1. La doverosa ottemperanza a tale interpretazione delle disposizioni delle direttive richiamate non consente, evidentemente, di condividere integralmente il principio di diritto che la P.C.M. chiedeva in ricorso di affermare (che cioè ai medici iscritti ai corsi di specializzazione per l’anno accademico 1982- 1983 non spetterebbe alcun risarcimento per la violazione dell’obbligo di corresponsione di una retribuzione adeguata durante la frequentazione dei corsi), giacchè esso si pone in contrasto insanabile con l’interpretazione delle direttive europee espressa dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 24 gennaio 2018, nei suoi vari profili sopra esposti. D’altra parte è altrettanto evidente che non rispetta il diritto della Unione Europea, come interpretato dalla sentenza della Corte di Giustizia, la censurata statuizione della Corte di merito secondo la quale il risarcimento spettante ai medici (P, A e G) iscritti al corso di specializzazione nell’anno accademico 1982-1983 dovrebbe comprendere integralmente tale periodo. Deve invece considerarsi sussistente in capo ai predetti il diritto al risarcimento per l’inadempimento dello Stato agli obblighi derivanti dalla direttiva «a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa». Ne deriva che occorre commisurare il risarcimento stesso (per la mancata percezione di una retribuzione adeguata) non all’intero periodo di durata del primo anno accademico di corso, bensì alla frazione temporale di esso successiva alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva (31.12.1982), a partire dalla quale si è verificato l’inadempimento. La cassazione sul punto -in accoglimento per quanto di ragione del motivo di ricorso in esame- si impone dunque.

5. Il secondo motivo del ricorso principale della P.C.M. è inammissibile, in quanto diretto a far valere una eccezione (circa la non conformità ai requisiti previsti dalla normativa comunitaria dei corsi frequentati da uno dei medici) che non risulta tempestivamente svolta in sede di merito, e presuppone anche accertamenti di fatto non consentiti in questo giudizio di legittimità.

6. Quanto al terzo motivo del ricorso principale della P.C.M. il secondo ed al terzo motivo del ricorso autonomo di P, T e D, da esaminarsi congiuntamente, va innanzitutto evidenziato come la Corte di merito, provvedendo alla liquidazione del danno in favore dei medici, abbia, da un lato, affermato che essa «in precedente decisione l’ha determinato, con criterio equitativo, nella somma di lire 13.000.000 per ogni anno di scuola di specializzazione frequentato (si tratta della medesima somma riconosciuta ai beneficiari della legge n.370/1999)», dall’altro ha, nel periodo immediatamente successivo, aggiunto: «pertanto va senz’altro accolta la domanda degli appellanti che hanno chiesto la condanna delle Amministrazioni convenute al pagamento, in favore di ciascuno, della somma di lire 21.500.000 (pari ad euro 11.083,82) per tutti gli anni di frequenza delle scuole di specializzazione.» La palese contraddittorietà tra i due riferimenti a divergenti criteri di liquidazione, nei quali soltanto si compendia la motivazione della statuizione circa il quantum del risarcimento, rende evidente la sussistenza nella specie della anomalia motivazionale che si concretizza nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, e nella motivazione apparente, quali ipotesi che non rendono percepibile l’iter logico seguito per la formazione del convincimento e, di conseguenza, non consentono alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice (cfr.ex multis: Cass. Sez. L ord.n.12096 del 17/05/2018; Sez.6-3 ord.n.4367 del 22/02/2018; Sez.3 sent.n.23940 del 12/10/2017; S.U. sent. n.8053 del 7/04/2014). A ciò aggiungasi la non chiara individuabilità della somma liquidata, considerando che il dispositivo si limita a condannare la P.C.M. al «pagamento in favore di ciascuno degli appellanti della somma di euro 11.103,82 oltre agli interessi…» e la motivazione ad indicare tale somma come dovuta «per tutti gli anni di frequenza delle scuole di specializzazione». Da tali indicazioni non è dato dunque evincere se la somma anzidetta sia stata liquidata per ciascun anno di frequenza ai corsi di specializzazione rispettivamente accertata o se si tratti di liquidazione onnicomprensiva «per tutti gli anni di frequenza», peraltro in presenza di differenti durate dei corsi rispettivamente frequentati dai medici in favore dei quali è stata emessa la condanna. Sussiste pertanto nella specie la denunciata violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, cod.proc.civ., che da luogo a nullità sul punto della sentenza impugnata. Ne deriva, da un lato, la fondatezza per quanto di ragione della relativa denuncia espressa con il terzo e quarto motivo del ricorso autonomo dei d.ri P, T e D (assorbiti gli altri motivi), e dall’altro la inammissibilità del terzo motivo del ricorso principale, il cui presupposto -la verificabilità dell’iter logico-giuridico seguito dalla pronuncia impugnata nella liquidazione del danno- non trova riscontro, come detto, nel testo del provvedimento impugnato.

7. In conclusione, la sentenza impugnata è cassata in accoglimento per quanto di ragione del primo motivo del ricorso principale e del secondo e terzo motivo di ricorso autonomo successivo, e la causa deve essere rinviata alla Corte di Palermo che procederà ad una nuova determinazione degli indennizzi rispettivamente spettanti ai medici richiedenti, nel rispetto dei principi espressi dalla Corte di Giustizia, e quindi tenendo conto, per ciascuno dei ricorrenti: a)della durata del corso rispettivamente frequentato; b)della necessità di commisurare l’indennizzo corrispondente al primo anno accademico 1982-1983 alla frazione di anno accademico successiva al 1.1.1983 e fino alla conclusione dell’anno stesso. Al giudice di rinvio viene anche demandato il regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

dichiara inammissibili il secondo e terzo motivo del ricorso principale della Presidenza del Consiglio dei Ministri nonchè il ricorso incidentale proposto dalla medesima unitamente ai Ministeri dell’Istruzione e della Salute ed alla Università degli Studi di Palermo; accoglie per quanto di ragione il primo motivo di ricorso principale ed il secondo e il terzo motivo del ricorso autonomo successivo dei d.ri. P, T e D; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Palermo, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 31 luglio 2018, n. 20348
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