Lavoro autonomo, contributi, prescrizione

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Genova con sentenza n. 321/2012, su appello di V. S., riformava la sentenza del tribunale di Chiavari che lo aveva dichiarato tenuto a corrispondere all’Inps la somma di € 12.647,82 a titolo di contribuzione artigiani per l’anno 2001, disattendendo l’eccezione di prescrizione sollevata per essere stata la pretesa previdenziale formulata solo nell’anno 2009. A fondamento della decisione la Corte d’Appello accoglieva invece l’eccezione di prescrizione sollevata dall’appellante, sostenendo che la circostanza secondo cui per i redditi del 2001 fosse stata omessa la dichiarazione di legge, non impediva certamente l’accertamento di essi attraverso i poteri ispettivi dell’ente previdenziale e l’esercizio della relativa pretesa, quantomeno dal momento in cui fu omessa la dichiarazione fiscale dovuta e dunque dall’anno 2002;

ciò non era avvenuto poiché il primo atto interruttivo risaliva pacificamente al 2009 sicché era intervenuta la prescrizione quinquennale di cui all’articolo 3, comma 9 0 ultima parte legge 335/95. Non era poi possibile sostenere che l’omissione della denuncia configurasse doloso occultamento del credito che potesse far ipotizzare l’applicazione della causa interruttiva di cui all’art. 2941 n. 8 c.c. ; posto che per integrare detta ipotesi sono necessari comportamenti che rendano effettivamente impossibile alla controparte conoscere l’esistenza del credito; laddove l’omissione di denuncia, proprio perché non impediva l’accertamento dei redditi prodotti, con le forme ispettive sopraddette, non aveva tali estremi; era anche infondato il richiamo dell’Inps ad un’ipotetica efficacia interruttiva degli atti di accertamento dell’ Agenzia delle Entrate, posto che gli stessi non erano provati nell’effettiva consistenza ed incidenza cronologica e riguardavano inoltre un credito diverso (quello tributario) e dunque non potevano avere effetto interruttivo. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Inps impostato su due motivi ai quali ha resistito V. S. con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Col primo motivo l’Inps denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt.2935 c.c., 1 e 2, legge 233/90, e 3bis, decreto-legge 384/1992 convertito con modificazioni nella legge 438/1992 (in relazione all’articolo n. 3 c.p.c. ); assume che con riferimento al momento di decorrenza della prescrizione della contribuzione percentuale il dies a quo non può che essere individuato dopo lo spirare del termine di pagamento della seconda rata e non già come fatto dal collegio nell’anno di produzione del reddito d’impresa. Inoltre l’atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate che accerta il reddito non costituiva atto interruttivo della prescrizione, ma determinava il sorgere del diritto dell’Inps ai contributi e quindi andava inteso come atto da cui decorreva il termine di prescrizione del diritto stesso.

1.1. Il motivo è infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte, la quale, in generale, ha sempre posto in rilievo che l’impossibilità di far valere un diritto, alla quale l’art. 2935 cod. civ. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 cod. civ. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, nel cui ambito, salva l’ipotesi di dolo prevista dal n. 8, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto od il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento (cfr. sentenze n. 21026 del 06/10/2014 e n. 10828 del 26/05/2015).

1.2. In secondo luogo questa Corte ha già affermato, con specifico riferimento alla materia in oggetto (sentenza n. 13463 del 29/05/2017), che in tema di contributi cd. “a percentuale”, il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito ex art. 1, comma 4 della I. n. 233/1990, quand’anche l’efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento; ne consegue che il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi dell’art. 3 della I. n. 335 del 1995, deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento e non con l’atto, eventualmente successivo – ed avente solo efficacia interruttiva della prescrizione anche a beneficio dell’Inps – con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato, ex art. 1 del d.lgs. n. 462 del 1997, un maggior reddito. E’ pertanto infondata la tesi fatta valere dall’INPS secondo cui il diritto ai contributi a percentuale sul reddito sarebbe sorto solo quando l’Istituto ha avuto contezza del suo credito e cioè solo dopo che l’Agenzia delle Entrate ha accertato d’ufficio, con atto notificato il 3 febbraio 2007, che il lavoratore autonomo in relazione all’anno 2001 avesse conseguito un reddito mai dichiarato prima. Invece il diritto in questione invece era già sorto al momento del fatto generatore dello stesso ovvero alla scadenza del termine stabilito per il pagamento dei medesimi contributi all’INPS.

1.3. D’altra parte nessun motivo di impugnazione ha fatto valere l’INPS in merito all’efficacia interruttiva dell’atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate di cui la sentenza impugnata aveva rilevato la mancata prova oltre che l’astratta inidoneità all’interruzione della prescrizione del credito dell’INPS; lo stesso Istituto ha anzi escluso che tale accertamento possa avere efficacia interruttiva della prescrizione nei riguardi dell’INPS (su cui invece Sez. L, sentenza n. 17769 del 08/09/2015, ha affermato che “In tema di iscrizione a ruolo dei crediti degli enti previdenziali in forza dell’art. 1 del d.lgs. n. 462 del 1997, l’Agenzia delle entrate svolge, a norma dell’art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 (a partire dalle dichiarazioni del 1999, ossia per i redditi del 1998), un’attività di controllo sui dati denunciati dal contribuente, richiedendo anche il pagamento dei contributi e premi omessi o evasi, con successiva trasmissione all’INPS, sicché ove il maggior contributo previdenziale dovuto sia accertato dall’Agenzia delle entrate prima dello spirare del termine di prescrizione, la notifica dell’avviso di accertamento incide sia sul rapporto tributario che su quello contributivo previdenziale, determinando l’interruzione della prescrizione anche in favore dell’INPS”).

1.4. Per quanto riguarda invece la prima censura – relativa all’identificazione del termine di pagamento con riferimento a quello previsto per il pagamento della seconda rata e non già, per come affermato dalla corte territoriale, con riferimento all’anno di produzione dello stesso reddito d’impresa – va affermato che essa risulta irrilevante essendo pacifico anche per l’Inps che la seconda rata dovesse essere pagata dopo lo spirare del mese di novembre 2002, per cui, pur considerata tale diversa decorrenza, il termine di prescrizione quinquennale di cui si discute sarebbe comunque spirato al momento della notifica della cartella esattoriale del 30/1/2009.

2.- Col secondo motivo viene dedotta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2941 n. 8 c.c., 1 e 2 legge 233/1990, 3 bis decreto-legge 384/1992 convertito con modificazioni nella legge 438/1992 (in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.); sostenendosi che, nella denegata ipotesi in cui si fosse ritenuto che il termine di prescrizione per tutti i contributi cosiddetti a percentuale relativi ad un dato periodo, decorra da quello della data prevista per il pagamento, doveva però ritenersi che il decorso del termine di prescrizione, quando il diritto sorge dopo un atto di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, e in specie allorché siffatto atto non sia stato preceduto dalla presentazione della dichiarazione dei redditi, fosse sospeso (art. 2941, n. 8 c.c.) poiché era evidente che il debitore aveva dolosamente occultato all’Inps di aver conseguito un reddito superiore a quello imponibile.

2.1. Il motivo è infondato alla stregua del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui (cfr. Cass. sent. n. 21567/2014) l’operatività della causa di sospensione della prescrizione, di cui all’art. 2941, n. 8), cod. civ., ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, e, quindi, quando sia posto in essere dal debitore un comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al creditore l’esistenza dell’obbligazione; con la conseguenza che tale criterio non impone neppure di far riferimento ad un’impossibilità assoluta di superare l’ostacolo prodotto dal comportamento del debitore, ma richiede di considerare l’effetto dell’occultamento in termini di impedimento non sormontabile con gli ordinari controlli (Cass. sent. n. 9113/2007).

2.3. Relativamente al caso di specie, ed in applicazione dei richiamati principi, va pertanto affermato che la mancata denuncia del reddito non equivalga ne ad un doloso e preordinato occultamento del debito contributivo da corrispondere all’INPS; né che essa configuri impedimento assoluto, non scongiurabile con i normali controlli che l’Istituto può invece sempre attivare e sollecitare anche rivolgendosi all’Agenzia dell’Entrate (cfr. Cass. sent. n. 17769/2015). 3. Per gli esposti motivi il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente soccombente alla rifusione delle spese processuali. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in € 2700 di cui € 2500 per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed oneri accessori. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente ‘1~3, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13. Il consigliere stensore…

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 luglio 2018, n. 19640
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