Il dipendente che lavora durante la malattia è sanzionabile

Nota a Cass. 4 luglio 2018, n. 17514

Daria Pietrocarlo

Lo svolgimento di un’attività lavorativa durante l’assenza per malattia, incompatibile con la condizione di morbilità alla base della sospensione del rapporto di lavoro ed idonea ad impedire o ritardare la guarigione, giustifica il licenziamento in tronco per giusta causa (art. 2119 c.c.).

Il principio è stato stabilito dalla Corte di Cassazione (4 luglio 2018, n. 17514, di conferma di App. Napoli 11 luglio 2016) con riferimento al caso di un autista di pullman di un’impresa di noleggio privato che, durante un lungo periodo di assenza dal lavoro per infortunio in itinere, era stato sorpreso (nonché fotografato) al lavoro presso un parcheggio di autovetture gestito da familiari.

Nello specifico, il dipendente aveva svolto, per numerose ore consecutive, durante i lunghi periodi di assenza per malattia (oltre 100 giorni) per infortunio in itinere, un’altra attività di lavoro, nella specie direzione delle operazioni di parcheggio (con coordinamento del personale ivi addetto e riscossione dei pagamenti da parte dei clienti) in un’area privata di sosta, per giunta senza l’adozione delle prescrizioni imposte dal medico curante (collare cervicale).

Il Collegio ha pertanto ritenuto sorretto da giusta causa il provvedimento espulsivo, proporzionato alla grave condotta del lavoratore che aveva adottato – durante il periododi assenza per malattia e per infortunio – “un comportamento incompatibile con lo stato morboso rivelatosi, di fatto, insussistente e, comunque, un comportamento tale da compromettere e ritardare (in considerazione delle circostanze soggettive ed oggettive in cui l’attività si era svolta) il recupero della forma fisica e delle energie necessarie”.

Secondo l’orientamento consolidato della Cassazione, infatti, “lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configura la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio” (v., da ultimo, Cass. n. 10416/2017).

Il mero svolgimento di un’attività lavorativa durante la malattia non è dunque sufficiente per configurare una violazione dei principi di buona fede e diligenza. Non sussiste infatti per il lavoratore assente per malattia un divieto assoluto di prestare (durante tale assenza) attività lavorativa in favore di terzi, “purché questa non evidenzi una simulazione di infermità, ovvero importi violazione al divieto di concorrenza, ovvero ancora, compromettendo la guarigione del lavoratore, implichi inosservanza al dovere di fedeltà imposto al prestatore d’opera”. Sicché non è configurabile una giusta causa di licenziamento laddove non sia stato provato che il lavoratore abbia agito fraudolentemente danneggiando il datore di lavoro:a) simulando la malattia per assentarsi dal lavoro in modo da poter espletare una diversa attività eventualmente con altre imprese concorrenti (con quella cui è contrattualmente legato); b) ovvero (invece di collaborare al recupero della salute per riprendere al più presto la propria attività lavorativa) compromettendo o ritardando la propria guarigione attraverso la strumentalizzazione del diritto al riposo per trarne un reddito dal lavoro diverso incostanza di malattia, in danno del proprio datore di lavoro (v. Cass. n. 4237/2015).

Coerentemente, la Cassazione (ord. 4 luglio 2018, n. 17424) è giunta a conclusioni opposte (rispetto alla sentenza annotata) nell’ipotesi di un lavoratore assente dal lavoro per una gastroenterite, il quale, nel periodo di astensione, aveva svolto in proprio un’attività di tinteggiatura di esterni. In questo caso, i giudici hanno ritenuto illegittimo il licenziamento in quanto l’attività lavorativa svolta dal dipendente non era tale da impedire o ritardare la guarigione né era indice di un insussistente stato di malattia.

Lavoro durante la malattia
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