L’indennità omnicomprensiva spettante al lavoratore nell’ipotesi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato non copre le differenze retributive connesse all’anzianità dei periodi lavorati, ma solo quelle dei periodi non lavorati.

Nota a Cass. 2 luglio 2018, n. 17248

Paolo Pizzuti

In caso di contratto a termine illegittimo, la legge prevede la corresponsione di un’indennità volta al “risarcimento” del danno da mancato lavoro, ossia del danno retributivo e contributivo derivante dalla perdita dell’occupazione. Ai fini di tale risarcimento, il legislatore considera solo i periodi di non lavoro escludendo “dal computo il periodo sino alla scadenza del termine, che è periodo di lavoro, in cui il lavoratore è stato retribuito e, quindi, non ha subìto, né può subire, conseguenze negative sul piano retributivo o contributivo”.

Il principio è affermato dalla Corte di Cassazione (2 luglio 2018, n. 17248), la quale precisa che in tale periodo lavorativo ”la retribuzione è dovuta e detto periodo si computa ai fini degli effetti riflessi e dell’anzianità di servizio” (anzianità che vale a tutti gli effetti, ivi compresa la quantificazione della indennità volta a risarcire il danno derivante dalla perdita del lavoro, essendo uno dei criteri indicati dalla L. n. 604/1966, art. 8, richiamati dall’art. 28, D.LGS. n. 81/2015).

Qualora poi il datore di lavoro abbia stipulato con il lavoratore non un unico contratto a termine, ma una serie di contratti a termine, in base ad un’interpretazione logico-sistematica della norma si deve ritenere che, “se è estraneo al risarcimento il periodo del primo contratto a termine, lo saranno anche i periodi lavorati in successivi contratti a tempo determinato”. Per questi periodi spetta la retribuzione; essi inoltre rilevano ai fini dell’anzianità di servizio e sono estranei al danno determinato dal non lavoro, ossia alla indennità prevista dal legislatore per risarcire le conseguenze retributive e contributive della mancata occupazione.

Nello specifico, i giudici sottolineano che l’indennità “risarcisce il danno subito per il mancato lavoro e lo risarcisce in tutte le sue conseguenze retributive e contributive e, in tal senso, è onnicomprensiva; mentre non riguarda il periodo (in caso di un unico contratto a termine) o i periodi di lavoro (in caso di più contratti a termine) ”in cui il lavoratore ha diritto ad essere retribuito ed ha diritto a che tale periodo o tali periodi siano computati ai fini della anzianità di servizio e della maturazione degli scatti di anzianità”.

I diritti relativi a questi periodi, infatti, non possono essere “intaccati e inglobati nell’indennizzo forfetizzato del danno causato dal non lavoro”, in quanto per essi non vi è nulla da risarcire ed “il risarcimento mediante indennizzo non può, in una sorta di eterogenesi dei fini, risolversi nella contrazione di diritti legati da un rapporto di corrispettività con la prestazione lavorativa effettuata.”

Come noto, ai sensi dell’art. 28, D.LGS. 15 giugno 2015, n. 81, come mod. dal D.L. 12 luglio 2018, n. 87 (c.d. Decreto dignità), conv. dalla L. 9 agosto 2018, n. 96:

“1. L’impugnazione del contratto a tempo determinato deve avvenire, con le modalità previste dal primo comma dell’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, entro centottanta giorni dalla cessazione del singolo contratto. Trova altresì applicazione il secondo comma del suddetto articolo 6.

2. Nei casi di trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno a favore del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 8 della legge 604/1966. La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subìto dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.

3. In presenza di contratti collettivi che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata dal comma 2 è ridotto alla metà”.

Conversione di una serie di contratti a termine e indennità risarcitoria
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