Il licenziamento per superamento del periodo di comporto, intimato sommando un periodo di assenza ingiustificata, successiva ad un periodo di assenza non retribuita, è illegittimo. Ai fini del recesso per superamento del comporto, non si possono infatti sommare assenze che discendono da comportamenti punibili sotto l’aspetto disciplinare.

Nota a Cass. 27 luglio 2018, n. 19927

 Giuseppe Catanzaro

“Per la computabilità nel periodo di comporto del periodo di assenza del lavoratore successivo alla scadenza del periodo di aspettativa per malattia previsto dal contratto collettivo è necessario accertare, anche in via presuntiva, che il mancato rientro in servizio del lavoratore – o la sua successiva assenza – siano dovuti ad una condizione di malattia, non essendo invece rilevanti le assenze imputabili ad una sua scelta volontaria”.

L’importante principio è espresso dalla Corte di Cassazione 2 agosto 2018, relativamente al licenziamento di un lavoratore fondato sul fatto che, alla scadenza della aspettativa non retribuita, concessagli a norma del contratto collettivo, questi non era rientrato in servizio per i successivi 12 giorni.

Secondo la Corte territoriale (App. Roma 20- 24 gennaio 2017, n. 338), l’involontaria ed ingiustificata assenza, dovuta non a malattia, ma al rifiuto di accettare la proposta di trasferimento ad altra sede di lavoro, essendo successiva alla scadenza del periodo di comporto, ne aveva determinato il superamento, in quanto computabile nel suddetto periodo.

Per la Cassazione, invece, la fattispecie in questione è diversa dalla malattia in quanto riguarda una ipotesi di illecito disciplinare, operante su un piano ben diverso dal comporto. La Corte, perciò, cassa la sentenza di merito osservando che il Tribunale ha confuso due diverse ipotesi:

a) il comporto, che presuppone una assenza dal lavoro “giustificata” dalla malattia, il cui superamento individua il momento in cui la tutela del lavoratore recede rispetto agli interessi oggettivi della impresa;

b) e l’assenza volontaria “ingiustificata” del lavoratore, che è incompatibile con la malattia (e non rileva, dunque, ai fini del comporto).

Con la conseguenza che è illegittimo il licenziamento intimato (per superamento del periodo di comporto), sommando un periodo di assenza ingiustificata, successiva ad un periodo di assenza non retribuita. Ai fini del licenziamento per superamento del comporto, infatti, non si possono sommare assenze che, sotto l’aspetto procedimentale discendono da un comportamento punibile sotto il profilo disciplinare. Ciò è avvenuto nel caso di specie, in cui i giudici del merito hanno erroneamente operato un mutamento del titolo del licenziamento, intimato dal datore di lavoro per un motivo oggettivo (è tale il recesso per superamento del periodo di comporto) e non per ragioni disciplinari.

Nel computo del periodo di comporto vanno calcolate soltanto le assenze per malattia
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