Il licenziamento irrogato oltre i termini previsti dal ccnl è illegittimo per insussistenza del fatto.

Nota a Cass. 3 settembre 2018, n. 21569

Valerio Di Bello

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha statuito che il licenziamento intimato oltre il termine previsto esplicitamente dal ccnl di riferimento, non è da considerarsi semplicemente come inefficace per mancato rispetto di un termine procedurale (alla stregua dell’intempestività della contestazione disciplinare), ma è da ritenersi illegittimo per l’insussistenza del fatto contestato, avendo il datore di lavoro accolto implicitamente le giustificazioni del dipendente.

Il fatto da cui trae origine la controversia riguardava un lavoratore licenziato “in tronco” per giusta causa, consistente nell’essersi assentato dal servizio per diversi giorni senza presentare alcuna giustificazione documentale.

A seguito del licenziamento irrogato oltre i termini previsti dal ccnl, il lavoratore ha impugnato il provvedimento espulsivo con rito sommario, chiedendo la reintegra nel posto di lavoro per insussistenza del fatto contestato.

La richiesta è stata accolta in prima fase e, successivamente, riformata nel giudizio di opposizione ex art. 1, co. 51 e ss. della L. n. 92/2012. Nello specifico il Tribunale di Teramo, all’esito del giudizio di opposizione, ha dichiarato l’inefficacia del licenziamento in quanto irrogato oltre il termine di 10 giorni previsto dal ccnl, ma – ritenendo comunque sussistente la giusta causa – ha condannato la Società al pagamento di un’indennità risarcitoria nella misura di sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Tale ragionamento veniva condiviso anche dalla Corte d’appello di l’Aquila che riteneva corretto il regime sanzionatorio applicato dal Tribunale di Teramo.

La sentenza della Corte territoriale è stata poi cassata dalla Corte di Cassazione, la quale, a seguito di un’interpretazione sia letterale che funzionale del ccnl, ha statuito che la norma contrattuale, nella parte in cui prevede come conseguenza del ritardo un’accettazione delle giustificazioni (come avviene in numerosi ccnl), ancorché inserita in un contesto di norme procedurali, ha rango di norma sostanziale che regola il corretto esercizio del potere di recesso datoriale.

Pertanto, il comportamento del datore di lavoro che non ha irrogato per tempo la sanzione espulsiva genera, anche in applicazione dei principi di correttezza e buona fede che presidiano il rapporto di lavoro, un’accettazione delle giustificazioni fornite dal lavoratore.

Di conseguenza, essendo il fatto contestato insussistente (poiché “giustificato” dal datore di lavoro), il lavoratore avrà diritto – secondo quanto previsto nella sentenza in esame – alla tutela di cui all’art. 18, co. 4 dello Statuto dei lavoratori (reintegra), anziché quella solo indennitaria prevista dallo stesso art. 18, al co.6.

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