Nota a Cass., ord., 31 luglio 2018, n. 20291

 Stefano Quaranta

Con ordinanza n. 20291 del 31 Luglio 2018, la Corte di Cassazione, accogliendo un ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, ha fatto chiarezza sul tema dell’imponibilità, in Italia, di redditi prodotti in Francia da soggetti fiscalmente residenti nel primo Stato, ma che lavorano oltralpe. Si tratta dell’ipotesi dei lavoratori c.d. “frontalieri”.

Nel caso de quo, l’Agenzia delle Entrate aveva impugnato presso la Cassazione la sentenza con cui la CTR del Piemonte aveva ritenuto che i maggiori redditi contestati con avviso di accertamento ad un dirigente fiscalmente residente in Italia, ma operante in Francia, fossero stati correttamente sottoposti a tassazione solo in Francia quale esclusivo Stato impositore, sicché nulla era effettivamente dovuto in Italia (salva la responsabilità del contribuente italiano per la loro mancata esposizione in dichiarazione).

Nell’Ordinanza in esame, la Corte ha operato un apprezzabile sforzo esegetico, tanto degli artt. 15 (la cui applicabilità veniva sostenuta dall’Agenzia delle Entrate), 16 (la cui applicabilità veniva sostenuta dal contribuente accertato) e 24 della Convenzione Italia – Francia, quanto degli artt. 3 e 165 del TUIR.

Dal punto di vista internazionale, la Corte ha precisato, quanto alle disposizioni dell’art. 15, che esse, con riferimento ai redditi da lavoro subordinato “prevedono, di regola, un regime di tassazione concorrente, nel senso che il reddito del residente in Italia prodotto in Francia, se l’attività è ivi svolta, è imponibile in Italia ed in Francia”, e “solo in via di eccezione” sono previsti regimi di tassazione esclusiva nell’uno o nell’altro Stato, condizionati però al rispetto di tassativi requisiti che non ricorrevano nel caso di specie. Per la specifica categoria dei dirigenti, opera, invece, l’art. 16 della citata Convenzione, che però è disposizione di carattere speciale rispetto all’art. 15, ma che pure prevede un regime di tassazione concorrente (in Italia ed in Francia). Ove si verifica una tassazione concorrente, la conseguente doppia imposizione è scongiurata dall’art. 24 della Convenzione che accorda al contribuente, residente in Italia e percettore di redditi prodotti in Francia ed ivi tassati, la possibilità di portare in detrazione le imposte pagate all’Erario dell’altro Stato (cfr. Cass. n. 4558/2015).

Dal punto di vista interno, la Corte ha ricordato che, in generale, tutti i redditi da lavoro dipendente percepiti da soggetti residenti, anche per prestazioni rese all’estero, sono sempre assoggettabili a tassazione in Italia, salva la facoltà, ove i medesimi redditi siano tassati anche all’estero, di recuperare, per il tramite dell’art. 165 del TUIR, le imposte pagate all’estero, a titolo definitivo.

Coordinando queste norme, la Cassazione risolve la vicenda riconoscendo sussistente la potestà impositiva italiana e per l’effetto ritenendo non corretta l’applicazione della normativa citata da parte dei giudici di appello, i quali, come detto, avevano, invece, concluso affermando la potestà impositiva esclusiva della Francia. Invece, per i giudici di legittimità, il “reddito percepito in Francia [da un] soggetto residente in Italia, quale dirigente di società di diritto francese, reddito pacificamente già tassato in Francia, attraverso il meccanismo delle ritenute alla fonte, deve essere dichiarato anche in Italia, con la possibilità per il contribuente di portare a detrazione le imposte pagate all’Erario dell’altro Stato, e con la conseguente legittimità, in mancanza di riscontro nella dichiarazione dei redditi presentata dal contribuente per quell’anno, del recupero a tassazione dell’imposta IRPEF ed Addizionali regionali e comunali IRPEF”. La doppia imposizione che si viene a creare è poi scongiurata dal credito per le imposte pagate all’estero.

Lo stipendio percepito dai lavoratori transfrontalieri in Francia rileva ai fini fiscali anche in Italia
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: