In caso di mancata ricostituzione del rapporto di lavoro, conseguente all’accertamento della nullità del termine ed all’ordine giudiziale di ripristino del rapporto di lavoro, il lavoratore ha diritto a ricevere le retribuzioni dalla data della costituzione in mora.

Nota a Cass. ord. 10 settembre 2018, n. 21947

Paolo Pizzuti

Nell’ipotesi in cui un lavoratore, dopo avere richiesto l’accertamento giudiziale della invalidità del contratto in violazione di norme imperative ed ottenuto l’ordine giudiziale di ripristino del rapporto, offra al datore di lavoro la sua prestazione, senza essere riammesso in servizio, grava sul datore di lavoro “il peso economico delle retribuzioni” (anche se egli non riceve la prestazione lavorativa corrispettiva) a decorrere dalla messa in mora.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione ord. 10 settembre 2018, n. 21947, la quale (con riguardo ad una fattispecie verificatasi prima della disciplina di cui all’art. 32, L. n. 183/2010) distingue fra ciò che è dovuto tra la scadenza del termine e la sentenza dichiarativa d’illegittimità del medesimo, che ha natura risarcitoria (v. Cass. SU. n. 14381/2002) e le spettanze successive all’ordine di riammissione non ottemperato, che hanno natura retributiva e sono dovute dal momento dell’offerta della prestazione da parte del dipendente; spettanze che, di conseguenza, fanno parte della base di computo del TFR (trattamento di fine rapporto).

Secondo i giudici, “il rifiuto della prestazione lavorativa, offerta dal lavoratore, impedisce gli effetti giuridici che derivano dalla continuazione del rapporto dichiarato dal giudice nonché la stessa effettività della pronuncia giudiziale”. È pertanto necessario evitare che il prestatore subisca le ulteriori conseguenze sfavorevoli derivanti dalla condotta omissiva del datore di lavoro rispetto alla esecuzione dell’ordine giudiziale. Per cui, con riferimento al contratto a tempo determinato, “a seguito dell’accertamento della nullità del termine e dell’ordine giudiziale di ripristino del rapporto di lavoro, il lavoratore ha diritto alle retribuzioni, dalla data della costituzione in mora, in caso di mancata ricostituzione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro senza giustificato motivo. Il diritto alle retribuzioni comporta, altresì, la maturazione del TFR, in relazione a quanto dovuto per retribuzioni anno per anno”.

Tale indirizzo, come chiarisce il Collegio, si pone in linea, con la decisione delle S.U. 7 febbraio 2018, n. 2990 (relativa ad una fattispecie di interposizione fittizia di manodopera, in questo sito con nota di A. TAGLIAMONTE, Illecita interposizione di manodopera e natura delle somme spettanti al lavoratore), le quali hanno espresso un principio di diritto dichiaratamente attinente al “più generale fenomeno dell’incoercibilità del comportamento e della cooperazione datoriale…, il quale è strettamente correlato al principio della necessaria effettività della tutela processuale e, dunque, della piena attuazione dei diritti del lavoratore, principi opposti che impongono l’individuazione di un punto di equilibrio”.

Nella fattispecie, il Tribunale di Lecce (19 novembre 2010, n. 13263) aveva accertato la natura a tempo indeterminato del rapporto di lavoro e condannato l’impresa alla sua ricostituzione, ma il datore di lavoro, senza giustificato motivo, nonostante la sentenza avesse ordinato la riammissione in servizio a seguito dell’accertamento della nullità del termine apposto al contratto di lavoro, non aveva provveduto alla riammissione in servizio del lavoratore, pur a fronte dell’offerta della sua prestazione. Di conseguenza, il lavoratore si era visto escludere dal computo del TFR gli importi dovuti a causa dell’inadempimento del datore di lavoro, in ragione della ritenuta natura risarcitoria degli stessi.

Nullità del termine, trasformazione a tempo indeterminato e retribuzione
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