L’assegno corrisposto in via continuativa al dipendente costituisce elemento della retribuzione.

Nota a Cass. 13 settembre 2018, n. 22387

Fabio Iacobone

Il contributo mensile per le spese di viaggio che un istituto di credito abbia inizialmente riconosciuto al dipendente in ragione di un distacco presso altra sede e che abbia continuato a corrispondere (fino alla fine del rapporto di lavoro) anche dopo la cessazione del distacco (pur essendo venute meno le esigenze di viaggio), costituendo un’erogazione che si inserisce nell’ambito di un rapporto di durata, assume “conformazione identica a quella delle obbligazioni pecuniarie tipiche di esso”. In particolare, “la corresponsione continuativa di un assegno al dipendente è generalmente sufficiente a farlo considerare, salvo prova contraria, come elemento della retribuzione” (Cass. 9 maggio 2003, n. 7154).

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione (13 settembre 2018, n. 22387), secondo cui si presume la natura retributiva del pagamento reiterato e costante – la cui erogazione sia proseguita costantemente anche se il titolo originario sia venuto meno – che si verifichi nell’ambito di un rapporto di lavoro.

Spetta perciò al solvens (nella fattispecie, la banca)  dimostrare l’insussistenza di essa, mentre è errato (e viola gli artt. 2697 e 2033 c.c.) il ragionamento della Corte territoriale, secondo cui, “essendo pacifico il venir meno dei presupposti, di fatto e diritto, che avevano precedentemente giustificato quell’erogazione aggiuntiva, spetterebbe al lavoratore dimostrare un nuovo titolo per la sua attribuzione”.

Nella fattispecie, a fronte della richiesta del dipendente di calcolare l’emolumento in questione nel calcolo del Tfr (e ai fini del risarcimento del danno richiesto per il mancato computo dello stesso nella determinazione della pensione integrativa aziendale), il datore di lavoro aveva richiesto in via riconvenzionale la restituzione dei pagamenti eseguiti, in quanto indebiti. Al riguardo, la Corte d’appello di Torino (n. 1164/2012), riformando la sentenza di primo grado, aveva respinto le richieste del lavoratore, sul presupposto che il venir meno della causa originaria del pagamento rendeva fondata l’azione di ripetizione dell’indebito e che spettasse al lavoratore dimostrare il sopravvenire di un nuovo titolo che giustificasse le erogazioni.

Per riferimenti in tema, v., in questo sito, Cass. (ord.) 12 settembre 2018, n. 22197, con nota di K. PUNTILLO, Elargizione per l’abitazione e calcolo del trattamento di fine rapporto (TFR).

Natura retributiva delle erogazioni reiterate
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