Dal danno differenziale dovuto al lavoratore, nella liquidazione del risarcimento, non va scomputata la parte di indennizzo versato dall’INAIL per il periodo di inabilità temporanea

Nota a App. Bologna 25 giugno 2018

Valerio Di Bello

Nell’ipotesi di infortunio, dal risarcimento del danno al quale è tenuto il datore di lavoro non va sottratto l’indennizzo versato dall’INAIL per il periodo di inabilità temporanea. Laddove si configuri cioè la responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio subito dal dipendente unitamente ad un danno differenziale, da quest’ultimo, nella liquidazione del il risarcimento, non può dedursi la parte di indennizzo versato dall’INAIL per il periodo di inabilità temporanea (scomputato, invece, dal giudice di primo grado). Pertanto dal risarcimento del danno devono scomputarsi solo le voci liquidate dall’INAIL a titolo di danno biologico, rimanendo escluse le somme erogate dall’ente ed aventi natura patrimoniale, ossia di indennizzo per mancata percezione di retribuzioni (come l’indennità da inabilità temporanea).

Il principio è ribadito dalla Corte di Appello di Bologna (25 giugno 2018), che ha escluso la condotta abnorme, imprevedibile (e rientrante nel c.d. rischio elettivo) del lavoratore in relazione all’infortunio occorso durante l’espletamento di un’attività lavorativa di trasporto pacchi, assegnata dal datore di lavoro, utilizzando uno strumento disponibile nei locali dell’impresa, di cui non era stato espressamente vietato l’uso e che, anzi veniva generalmente utilizzato da tutti gli addetti che svolgevano la medesima operazione (nella specie, la cinghia che legava i pacchi caricati su un carrello si era sganciata durante l’operazione di trasporto, colpendo all’occhio il dipendente).

Con specifico riguardo al risarcimento del danno, i giudici si pongono in linea con la Corte di Cassazione (n. 9166/2017), aveva chiarito che “le somme eventualmente versate dall’Inail a titolo di indennizzo ex art. 13, D.LGS. 38/2000 non possono considerarsi integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno biologico in capo al soggetto infortunato o ammalato, sicché a fronte di una domanda del lavoratore che chieda al datore di lavoro il risarcimento dei danni connessi all’espletamento dell’attività lavorativa (nella specie per demansionamento), il giudice adito, una volta accertato l’inadempimento, dovrà verificare se, in relazione all’evento lesivo ricorrano le condizioni soggettive e oggettive per la tutela obbligatoria… di cui al DPR. n. 1124/1965…. Ed in tal caso potrà procedere, anche di ufficio, alla verifica dell’applicabilità dell’art. 10 del decreto citato ossia all’individuazione dei danni richiesti che non siano riconducibili alla copertura assicurativa (c.d. danni complementari), da risarcire secondo le comuni regole della responsabilità civile; ove siano dedotte in fatto dal lavoratore anche le circostanze integranti gli estremi di un reato perseguibile d’ufficio, potrà pervenire alla determinazione dell’eventuale danno differenziale, valutando il complessivo valore monetario del danno civilistico secondo i criteri comuni, con le indispensabili personalizzazioni, dal quale detrarre quanto non indennizzabile dall’Inail, in base ai parametri legali, in relazione alle medesime componenti del danno, distinguendo, altresì, tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale, ed a tale ultimo accertamento procederà pure dove non sia specificata la superiorità del danno civilistico in confronto all’indennizzo ed anche se l’Istituto non abbia in concreto provveduto all’indennizzo stesso”.

Infortunio sul lavoro, condotta abnorme e risarcimento del danno differenziale
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