La determinazione giudiziale mediante equità integrativa dei termini c.d. esterni del comporto, nell’anno solare, anziché nel periodo triennale di media di durata del ccnl, è legittima

Nota a Cass. 28 settembre 2018, n. 23596

Flavia Durval

L’individuazione della disciplina del comporto per sommatoria secondo equità, ai sensi dell’art. 2110, co.2, c.c. è ribadito dal consolidato indirizzo della Corte di Cassazione la quale ha di recente (v. 28 settembre 2018, n. 23596) precisato che”…qualora il contratto collettivo preveda.., soltanto il comporto secco o classico (per una malattia unica e continuativa), e non anche quello frazionato o per sommatoria (per plurimi episodi morbosi, tra loro variamente distanziati, e di varia durata, e anche di diversa natura), vi è una lacuna che, ex art. 2110, co.2, c.c., va colmata dal giudice, in mancanza di usi, secondo equità (non normativa ma) integrativa (art. 1374 c.c.). Ciò, allo scopo di contemperare i contrapposti interessi delle parti, attraverso la determinazione della durata massima complessiva dell’assenza per malattia (c.d. termine interno, ad es. 6 mesi, raggiungibile entro un determinato arco di tempo – c.d. termine esterno – ad es. nel triennio). Durante questo periodo di tempo il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto, in caso di episodi morbosi reiterati e distinti mentre al datore di lavoro è preclusa la possibilità di recesso (v. anche Cass., 5927/1996; Cass. n. 5924/1994).

Sempre secondo la Cassazione, è conforme al criterio di equità l’individuazione di un limite interno coincidente con quello previsto per il comporto secco, e di un limite esterno pari alla durata (media) di vigenza del c.c.n.l. pari a tre anni (v. Cass. n. 7037/2011 e Cass. n. 14633/2006.

Nel caso esaminato dal Collegio, l’equo contemperamento dei contrastanti interessi delle parti è avvenuto, ad opera della Corte territoriale (confermata dalla Cassazione), in senso più favorevole alla lavoratrice poiché è stato individuato, ricorrendo alla c.d. equità integrativa, il limite interno in 180 giorni (come per il comporto secco), “ed il limite esterno non nel periodo triennale medio di durata della contrattazione collettiva, bensì nell’anno solare di 365 giorni, calcolati a ritroso dall’ultimo episodio morboso, con conseguente diritto alla conservazione del posto di lavoro in caso di assenze per malattia fino a 180 giorni in un anno”.

La lavoratrice aveva invece richiesto di individuare quale limite esterno il triennio di durata media dei contratti collettivi, ed invocato l’azzeramento del computo delle assenze all’atto di successione dei contratti collettivi.

Determinazione del periodo di comporto per malattia
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