Nota a AdE, Risposte 19 settembre 2018, nn.  5 e 7

Stefano Quaranta

Il 19 settembre scorso, l’Agenzia delle Entrate ha fornito due distinte risposte (nn. 5 e 7) ad altrettante istanze di interpello ad Essa proposte, rispettivamente, da un Funzionario/Agente della Commissione Europea e da sua moglie.

Il tema oggetto delle richieste rivolte all’Agenzia riguardava il trattamento fiscale dei redditi degli stessi da stabilire sulla base della residenza fiscale. Non era immediato determinarla in quanto entrambi erano precedentemente iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (in ragione dell’attività lavorativa svolta all’estero da uno dei due), ma poi, dal mese di maggio, avevano trasferito la residenza anagrafica in Italia. Essi domandavano, quindi, se lo spostamento anagrafico fosse sufficiente a far ritenere gli stessi fiscalmente residenti in Italia.

In base all’art. 2 D.P.R. n. 917/1986, sono soggetti passivi IRPEF le persone fisiche residenti e non residenti nel territorio dello Stato italiano, fermo restando che la residenza fiscale si determina in base al verificarsi, per la maggior parte del periodo di imposta, di almeno uno dei seguenti tre presupposti: a) iscrizione nelle anagrafi della popolazione; b) fissazione del proprio domicilio nello Stato; c) stabilimento della residenza ai sensi del Codice Civile nello Stato medesimo. Orbene, sulla base di tale regola essi sarebbero stati residenti. Ma non sono queste le norme applicabili. In un caso quale quello in esame, la disciplina della residenza fiscale dei due istanti è regolata dalle norme di cui agli artt. 12 e 13 del Protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea, accluso al Trattato sull’Unione europea e al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, che, in quanto norme di rango sovraordinato, superano la normativa nazionale. Le disposizioni del Protocollo sono, infatti, destinate a prevalere non solo sull’art. 2 TUIR, ma anche sull’accordo Italia-Belgio contro le doppie imposizioni, ratificato dalla Legge 3 aprile 1989, n. 148, in virtù della loro natura di fonti sovranazionali. Simili norme di solito sono previste per tutti i lavoratori dipendenti di enti sovranazionali.

Nel caso di specie, si applica l’art. 12 del Protocollo n. 7, che stabilisce che “gli stipendi, i salari e gli emolumenti versati dall’Unione ai propri funzionari e agli altri agenti sono assoggettabili a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, a norma del Regolamento n. 260/68 del Consiglio del 29 febbraio 1968”. Ai sensi dello stesso articolo del Protocollo, “gli stipendi, i salari e gli emolumenti versati dall’Unione sono esenti da imposte nazionali”.

Il successivo art. 13, invece, prevede che “ai fini dell’applicazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio, dei diritti di successione, nonché́ delle convenzioni concluse fra i paesi membri dell’Unione al fine di evitare le doppie imposizioni, i funzionari e altri agenti dell’Unione, i quali, in ragione esclusivamente dell’esercizio delle loro funzioni al servizio dell’Unione, stabiliscono la loro residenza sul territorio di un paese membro diverso dal paese ove avevano il domicilio fiscale al momento dell’entrata in servizio presso l’Unione, sono considerati, sia nel paese di residenza che nel paese del domicilio fiscale, come tutt’ora domiciliati in quest’ultimo paese qualora esso sia paese dell’Unione. Tale disposizione si applica ugualmente al coniuge, sempreché non eserciti una propria attività professionale, nonché́ ai figli ed ai minori a carico delle persone indicate nel presente articolo e in loro custodia. I beni mobili appartenenti alle persone di cui al comma precedente che si trovino nel territorio dello stato di residenza sono esenti dall’imposta di successione in tale stato”. È questa la norma che trova applicazione.

Alla luce del contesto normativo testé delineato, dunque, a parere dell’Agenzia, gli istanti devono considerarsi ex lege fiscalmente residenti in Belgio.

Come ulteriore conseguenza di tale assetto, entrambi i soggetti coinvolti non avranno obblighi dichiarativi in Italia; non saranno assoggettabili all’IVAFE e non dovranno, da ultimo, compilare nemmeno il Quadro RW contenuto nella Dichiarazione dei redditi.

Il tutto, naturalmente, e specie per la coniuge del funzionario, fintantoché non venga esercitata un’attività professionale distinta e autonoma nel territorio dello Stato italiano. In tale caso non opera più la disposizione contenuta nell’art. 13 del Protocollo n. 7, sicché, la medesima dovrà considerarsi fiscalmente residente in Italia ed adempiere tutti i connessi oneri fiscali.

La fiscalità “esonerata” dei funzionari/agenti della Commissione Europea e dei loro familiari
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