Se il datore di lavoro riduce unilateralmente l’orario di lavoro da full time a part time, l’illegittimità di tale clausola non comporta l’invalidità del contratto ma solo l’integrazione del trattamento economico.

Nota a Cass. 25 ottobre 2018, n. 27113

Sonia Gioia

Qualora il datore di lavoro riduca unilateralmente (e, dunque, senza il consenso del lavoratore) l’orario di lavoro da full time a part time, la Cassazione (25 ottobre 2018, n. 27113) ha precisato che: “dall’accertata illegittimità di una clausola impositiva di un part-time non consegue l’invalidità del contratto ma solo l’integrazione del trattamento economico. Il diritto all’integrazione del trattamento economico deve ritenersi sussistente anche laddove vi sia stata una illegittima unilaterale riduzione dell’orario. Il rapporto originariamente stipulato come full time resta tale per effetto della illegittima riduzione disposta dal datore di lavoro”. È peraltro escluso “che debba ricadere sul lavoratore l’onere di dimostrare di aver inutilmente messo a disposizione le proprie energie lavorative al fine di reclamare il pagamento delle restanti ore lavorative, il cui svolgimento non gli era stato consentito dalla controparte”

Nella fattispecie sottoposta al giudizio della Corte, il pregiudizio lamentato dal dipendente per il lavoro non svolto è stato (sia pure in parte) neutralizzato dalla prestazione effettivamente resa oltre il limite orario del part time e regolarmente retribuita.

I giudici chiariscono altresì che, nell’ipotesi di prestazione, da parte del lavoratore, di ore di lavoro supplementare, il relativo compenso va detratto dalle differenze rivendicate”, poiché, in caso contrario, “la corresponsione di differenze retributive anche in relazione ad un lavoro comunque svolto (ancorché ad un titolo diverso da quello rivendicato) si risolverebbe in un arricchimento indebito del lavoratore”.

Part time e integrazione del trattamento economico
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