Il contratto di lavoro intermittente (denominato anche lavoro a chiamata o job on call), disciplinato dagli artt. 13 -18, D.LGS. 15 giugno 2015, n. 81 è un contratto di lavoro subordinato, a tempo determinato o indeterminato, con il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro che decide, mediante chiamata, se e quando utilizzarne la prestazione lavorativa, “in modo discontinuo o intermittente” (V., in questo sito, M. N. BETTINI, Il lavoro intermittente: la disciplina del rapporto di lavoro, Monotema n. 16/2017).

Si tratta di una speciale tipologia di contratto di lavoro di tipo subordinato ritenuta “flessibile” in considerazione della diversificazione della disciplina (e, quindi, delle tutele) e “atipica” (ossia deviante dalla figura standard del contratto di lavoro a tempo indeterminato) – al quale si applica, per quanto compatibile, il complesso delle discipline stabilite per il rapporto di lavoro subordinato (Min. Lav. Circ. 3 febbraio 2005, n. 4).

Il lavoratore intermittente ha diritto all’applicazione del trattamento per l’invalidità, vecchiaia e superstiti (IVS), nonché di tutte le altre forme di tutela previdenziale previste per la generalità dei lavoratori subordinati (INPS Circ.13 marzo 2006, n. 41; INPS Circ. 20 marzo 2014, n. 33).

Contribuzione. Il datore di lavoro è tenuto a versare, in favore del prestatore di lavoro intermittente, i contributi sull’importo della retribuzione effettiva corrisposta, osservando il minimo contrattuale e giornaliero di cui all’art. 1, co. 1, L. n. 389/1989 e all’art. 7, co. 1, secondo periodo, L. n. 638/1983.

Il datore di lavoro deve versare i contributi, oltre che sull’importo della retribuzione corrisposta, anche sull’effettivo ammontare dell’indennità di disponibilità, anche in deroga alla vigente normativa in materia di minimale contributivo (art. 16, co. 3, D.LGS. 15 giugno 2015, n. 81; INPS Circ. 8 febbraio 2006, n. 17).

Prestazioni previdenziali.Per espressa previsione di legge,le prestazioni previdenziali erogate dagli enti competenti devono essere“riproporzionate” all’entità della prestazione svolta dal lavoratore a chiamata (art. 17, co. 2, D.LGS. n. 81/2015).In particolare, il riproporzionamento va effettuato dividendo l’importo della retribuzione da prendere a riferimento (minimale contrattuale giornaliero di retribuzione imponibile ai fini previdenziali) per le ore di lavoro corrispondenti nello stesso periodo.

Malattia. Al fine di determinare il trattamento previdenziale di malattia spettante al lavoratore intermittente, va operata una distinzione a seconda della tipologia del contratto di lavoro intermittente che le parti hanno stipulato (contratto con obbligo di risposta alla chiamata e contratto che non prevede l’obbligo di risposta).

Lavoro intermittente con obbligo di risposta alla chiamata: occorre distinguere l’ipotesi in cui l’evento di malattia si verifichi durante i periodi di effettivo utilizzo lavorativo dall’ipotesi in cui si verifichi, invece, durante la fase di obbligatoria disponibilità (Circ. INPS n. 41/2006).

Se la malattia si verifica durante:

  • lo svolgimento della prestazione lavorativa, il lavoratore ha diritto all’indennità di malattia, applicando come criterio di calcolo la retribuzione giornaliera relativa alla media della retribuzione percepita per la prestazione resa prima dell’evento, per tutta la durata in cui era prevista la prestazione lavorativa; se la malattia va oltre la durata prevista della prestazione lavorativa, la restante indennità sarà calcolata utilizzando l’indennità di disponibilità. Se il contratto è a termine, le prestazioni di malattia possono essere corrisposte entro i limiti previsti per tale tipologia contrattuale, tra i quali l’erogabilità non oltre la data di prevista scadenza del contratto.
  • la fase di obbligatoria disponibilità, l’INPS(con Circ. n. 41/2006) ha chiarito che la tutela della malattia deve essere assicurata anche per tutto il periodo in cui il lavoratore intermittente resta disponibile a rispondere alla chiamata del datore di lavoro poiché le somme corrisposte a titolo di indennità di disponibilità sono soggette a contribuzione obbligatoria sia ai fini dell’I.V.S. che ai fini delle prestazioni di malattia.

Lavoro intermittente senza obbligo di risposta alla chiamata: se il contratto non contempla l’obbligo di risposta alla chiamata, occorre distinguere l’ipotesi in cui l’evento di malattia si verifichi durante i periodi di effettivo utilizzo lavorativo, dall’ipotesi in cui si verifichi, invece, durante i periodi di inattività lavorativa (INPS Circ. n. 41/2006).

Poiché il vincolo contrattuale per il lavoratore sorge solo al momento della risposta (facoltativa) alla chiamata del datore di lavoro, la risposta ha efficacia costitutiva del vincolo contrattuale. Di conseguenza, fino a quel momento, non vi è alcun obbligo di disponibilità in capo al lavoratore, al quale, pertanto, non spetta né l’indennità di disponibilità, né alcun diritto alle prestazioni di malattia. Viceversa, per i periodi lavorati, l’indennità è corrisposta per tutta la durata dell’evento, purché lo stesso abbia inizio durante la fase di svolgimento dell’attività, ovvero entro 60 giorni dall’ultimo (periodo) lavorato (INPS Circ. n. 41/2006).

Indennità di maternità. Al fine di valutare se il lavoratore intermittente abbia diritto all’indennità di maternità, occorre distinguere a seconda che si tratti di contratto di lavoro con obbligo, o senza obbligo, di risposta alla chiamata.

Nel primo caso, l’indennità di maternità spetta sia che l’evento si collochi nel periodo lavorativo, sia che si collochi durante il periodo di obbligatoria disponibilità. Ciò che cambia è la modalità di calcolo dell’indennità economica spettante poiché varia il parametro retributivo sul quale effettuare il conteggio: per le giornate da indennizzare che si collocano nel periodo di prevista attività lavorativa, il parametro è pari alla retribuzione giornaliera percepita durante il periodo di lavoro precedente l’insorgenza dell’astensione obbligatoria per maternità; per le giornate che si collocano al di fuori dai periodi di prevista attività lavorativa, il parametro di calcolo è pari all’indennità di disponibilità contrattualmente spettante.

Nel secondo caso, solo per effetto della chiamata e della positiva risposta del lavoratore il rapporto di lavoro subordinato è costituito e soltanto da quel momento possono applicarsi le tutele tipiche previste dall’ordinamento, tra cui il diritto all’indennità di maternità.

Congedo parentale. Secondo le indicazioni fornite dall’INPS (INPS Circ. n. 41/2006), il congedo parentale non può essere riconosciuto durante le pause contrattuali essendo esercitabile nei soli periodi di svolgimento dell’attività lavorativa.

Assegno per il nucleo familiare. Il lavoratore intermittente ha diritto all’assegno per il nucleo familiare limitatamente per i periodi in cui presta attività lavorativa, mentre, per il periodo di disponibilità, per il quale il lavoratore percepisce la relativa indennità (indennità di disponibilità) l’assegno non deve essere corrisposto in assenza di effettiva prestazione lavorativa, in linea con quanto avviene per la generalità dei lavoratori dipendenti, ai quali l’assegno spetta, in via generale, in presenza di effettiva prestazione lavorativa, ovvero per le situazioni espressamente disciplinate dalla legge (malattia, maternità, ferie, etc.) (INPS Circ. n. 41/2006).

Nuova Assicurazione sociale per l’impiego (Naspi). Se il lavoratore, all’atto della sottoscrizione del contratto di lavoro intermittente, è già percettore della Naspi, l’indennità mensile di disoccupazione avente la funzione di fornire una tutela di sostegno ai lavoratori dipendenti che hanno perduto la propria occupazione per motivi indipendenti dalla loro volontà, può continuare a riceverla (INPS Circ. n. 142/2015; INPS Msg 16 marzo 2018, n. 1162):

  • nel caso di lavoro intermittente senza obbligo di risposta alla chiamata, durante i periodi di inattività: tali giornate, infatti, essendo periodi di non lavoro, sono indennizzabili con la Naspi che, invece, viene sospesa nei giorni in cui il lavoratore svolge la prestazione lavorativa;
  • nel caso di lavoro intermittente con obbligo di risposta alla chiamata (e con corresponsione dell’indennità di disponibilità), il prestatore di lavoro può continuare a percepire l’indennità Naspi (in aggiunta alla normale retribuzione) fino al limite di 8.000 euro annui; la Naspi viene però ridotta in misura pari all’80% del reddito da lavoro. Il lavoratore, a seguito della sottoscrizione del contratto intermittente, laddove intenda continuare a percepire la Naspi, devi comunicare all’Inps, entro 30 giorni dalla ripresa dell’attività lavorativa, il reddito annuo previsto. La prestazione sarà proporzionalmente ridotta e sarà effettuato il conguaglio a fine anno tra i due redditi.

Il prestatore di lavoro che è stato occupato con contratto di lavoro intermittente (contratto esaurito) e che versa in stato di disoccupazione può richiedere la NASpI nel rispetto dei seguenti requisiti:

  • 30 giornate di lavoro nell’anno: con il contratto intermittente possono essere conteggiate le giornate effettivamente lavorate e non i periodi di inattività, nemmeno se viene corrisposta dal datore di lavoro l’indennità di disponibilità per l’obbligo di rispondere alla chiamata;
  • 13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti: i contributi sono dovuti anche sull’eventuale indennità di disponibilità, ma sono calcolati sulla retribuzione effettivamente erogata, senza l’applicazione di alcun minimale.

Integrazioni salariali. Le integrazioni salariali integrano o sostituiscono una perdita di retribuzione effettiva, per cui occorre distinguere due ipotesi (INPS Circ. n. 41/2006):

  • il lavoratore ha risposto alla chiamata prima del verificarsi della causa per cui sono state richieste le integrazioni salariali: essendo iniziato un rapporto di lavoro a tempo determinato, la retribuzione persa in conseguenza della riduzione o sospensione del lavoro può essere integrata;
  • la causa di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa si verifica prima che il lavoratore venga chiamato o risponda ad una chiamata: non esiste in questo caso una retribuzione persa da integrare.

Tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. I lavoratori con contratto di lavoro intermittente sono soggetti all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124; INAIL Nota 10 giugno 2005, n. 2923; INAIL Circ. 12 aprile 2006, n. 22).

Il premio assicurativo a carico del datore di lavoro deve essere determinato tenendo conto sia della retribuzione erogata per le ore di lavoro prestate, sia di quanto corrisposto a titolo di indennità di disponibilità tra una chiamata e l’altra (INAIL Circ. n. 22/2006). Tale indennità deve, infatti, essere considerata quale parte integrante della retribuzione utile ai fini della determinazione del premio, in quanto rientra nell’ambito delle somme o valori a qualunque titolo percepiti in relazione al rapporto di lavoro subordinato (art. 51, co. 1, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e successive modifiche ed integrazioni; INAIL Circ. n. 22/2006; INAIL Nota n. 2923/2005).

F.D.

Lavoro intermittente: la disciplina previdenziale
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