L’azione giudiziaria proposta da dirigente di azienda industriale, licenziato ingiustificatamente, finalizzata ad ottenere  la condanna del datore di lavoro al pagamento delle spettanze contrattuali di fine lavoro, va esercitata entro il normale termine di prescrizione.

Nota a Cass. 22 febbraio 2019, n. 5372

Valerio Di Bello

In relazione alla domanda giudiziale di un dirigente finalizzata ad ottenere il pagamento delle spettanze retributive e di natura indennitaria connesse all’ingiustificatezza del licenziamento (“spettanze per le quali pacificamente il termine prescrizionale era stato utilmente interrotto e non era decorso”), la Corte di Cassazione (22 febbraio 2019, n. 5372) ha escluso (in linea con il giudice territoriale) l’applicazione dell’istituto della prescrizione della domanda di annullamento del recesso ex art. 1441 e 1442 c.c. sul presupposto che essa non era stata proposta. Ciò, in quanto, stante l’inesistenza di un interesse all’annullamento del licenziamento, ma solo all’ottenimento delle spettanze economiche, l’ingiustificatezza del licenziamento aveva costituito un accertamento incidentale, funzionale alla pronuncia avente ad oggetto le conseguenti indennità.

La Corte precisa altresì che:

–  il licenziamento dei dirigenti (il cui rapporto di lavoro, come noto, non è assoggettato alle norme limitative dei licenziamenti individuali di cui agli artt. 1 e 3 L. n. 604/1966) che non sia affetto da nullità, ma soltanto ingiustificato, non comporta la risoluzione del rapporto soltanto nell’ambito dell’area di operatività della stabilità reale (Cass. n. 14461/2006);

– l’onere di impugnazione del recesso dal rapporto di lavoro dirigenziale è dunque sottratto alla previsione di cui all’art. 6 L. n. 604/1966, trattandosi di rapporto recedibile ad nutum e quindi estraneo alla legislazione vincolistica;

– ne consegue che l’azione giudiziaria proposta da dirigente di azienda industriale licenziato al fine di ottenere, in relazione alla mancanza di giustificatezza del licenziamento, la condanna del datore di lavoro al pagamento dell’indennità supplementare e delle spettanze contrattuali di fine lavoro può essere esercitata entro il normale termine di prescrizione (v. Cass. n. 18732/2003, secondo cui l’azione di impugnazione del licenziamento è soggetta al termine di prescrizione quinquennale);

– nell’ipotesi di licenziamento ingiustificato (del dirigente) “non sussiste un interesse all’affermazione dell’esistenza di una forma di illiceità piuttosto che di un’altra, sotto il profilo della non giustificatezza, ove la distinzione non produca effetti in ordine alle conseguenze dell’illegittimità del recesso”;

– l’ingiustificatezza del recesso datoriale (che può non coincidere con l’assenza di giusta causa o di giustificato motivo) “può evincersi da una incompleta o inveritiera comunicazione dei motivi del licenziamento, ovvero da un’infondata contestazione degli addebiti, potendo tali condotte rendere quanto meno disagevole la verifica che il recesso sia eziologicamente riconducibile a condotte discriminatorie ovvero prive di adeguatezza sociale” (Cass. n. 24246/2007).

Indennità supplementare del dirigente e prescrizione
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