Il datore di lavoro, che ha versato al lavoratore una retribuzione maggiore del dovuto e ha operato ritenute erronee per eccesso, può ripetere l’“indebito” nei confronti del lavoratore nei limiti di quanto effettivamente percepito da quest’ultimo. Non si può, infatti, ammettere la restituzione di somme al lordo delle ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente. La restituzione delle somme corrispondenti alle ritenute versate potrà essere ottenuta dal datore di lavoro agendo direttamente, ai sensi dell’art. 38 d.P.R. n. 602/1973, nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.

Nota a Cass. (ord.) 11 gennaio 2019, n. 517

Marialuisa De Vita

Con l’ordinanza 11 gennaio 2019, n. 517, la Suprema Corte torna a pronunciarsi sulla portata applicativa dell’art. 38 d.P.R. n. 602/1973 e sull’obbligo per il lavoratore di restituire, al lordo o al netto delle ritenute fiscali, quanto versatogli dal datore di lavoro in esecuzione di una sentenza di primo grado, successivamente riformata.

Nello specifico, un datore di lavoro chiedeva ed otteneva dal Tribunale un decreto con il quale veniva ingiunta ad un lavoratore dipendente la restituzione di somme erroneamente percepite in esecuzione di una sentenza di primo grado, che aveva condannato il datore di lavoro a versare le suddette somme a titolo di retribuzione, il cui ammontare veniva però poi ridotto dalla Corte di appello.

Si poneva il problema se le somme dovessero essere restituite nei limiti di quanto effettivamente percepito e, quindi, al netto delle ritenute fiscali subite, oppure al lordo delle stesse.

Il Tribunale e la Corte di Appello condannavano il lavoratore alla restituzione delle somme percepite al netto delle ritenute fiscali operate dal datore di lavoro. La Corte di Cassazione conferma tale orientamento, salvo meglio chiarirne la portata.

Per la Cassazione occorre muovere dall’interpretazione dell’art. 38, co.1, del d.P.R. n. 602/1973, secondo cui “il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può presentare […] istanza di rimborso, entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento stesso, nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento”. I Giudici di legittimità ritengono determinante ai fini della risoluzione della controversia chiarire il concetto di inesistenza dell’obbligo di versamento.

Sussiste inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento – precisa la Corte di Cassazione – tra le altre ipotesi, nel caso in cui l’obbligo di versamento sorto da una sentenza immediatamente esecutiva venga meno, con effetto ex tunc, a seguito della parziale riforma in appello della stessa (in questo senso già Cass. n. 31766/2018, annotata in questo sito da M. DE VITA, Esclusa la possibilità per il datore di lavoro di chiedere al lavoratore la restituzione di somme al lordo delle ritenute fiscali). Ciò in quanto l’azione di restituzione, proposta a seguito della riforma o cassazione della sentenza contenente un titolo di pagamento, si collega ad un’esigenza di restaurazione della situazione patrimoniale anteriore a detta sentenza.

Atteso che al lavoratore (sostituito) non può essere richiesta la restituzione di quanto versato dal datore di lavoro (sostituto d’imposta) al fisco, trattandosi di somme (le ritenute fiscali) mai entrate nella sfera patrimoniale del lavoratore sostituito, ne deriva che le ritenute a suo tempo versate all’Erario possono essere recuperate dal datore di lavoro solo previa presentazione dell’istanza di rimborso ex art. 38 d.P.R. n. 602/1973.

La Corte di Cassazione ha inteso dare seguito al principio statuito nella recente sentenza 7 dicembre 2018, n. 31766 con cui i Giudici di legittimità già avevano escluso l’obbligo del lavoratore di restituire le somme erroneamente percepite in eccesso in base al principio generale per cui “il solvens non può ripetere dall’accipiens, in ogni caso, più di quanto quest’ultimo abbia effettivamente percepito”.

In definitiva, in caso di riforma, totale o parziale, di una sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di somme in favore del lavoratore, il datore di lavoro ha diritto a ripetere quanto il lavoratore ha effettivamente percepito e non può pretendere la restituzione degli importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente. Il datore di lavoro può ottenere la restituzione delle somme corrispondenti alle ritenute fiscali agendo direttamente, ai sensi del citato art. 38, d.P.R. 602/1973, nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.

Le somme percepite in eccesso dal lavoratore dipendente devono essere restituite al datore di lavoro al netto delle ritenute fiscali
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