In caso di trasferimento in cui il cessionario sia un Comune, i lavoratori dipendenti dal cedente beneficiano della protezione della normativa sul trasferimento d’azienda.

 Nota a Corte di Giustizia UE 13 giugno 2019, C-317/18

 Francesco Belmonte

“La Direttiva 2001/23/CE del Consiglio del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, e in particolare il suo articolo 2, paragrafo 1, lettera d), deve essere interpretata nel senso che una persona che ha stipulato, con il cedente, un contratto di collaborazione, ai sensi della normativa nazionale di cui al procedimento principale, può essere considerata come «lavoratore» e quindi beneficiare della protezione che tale Direttiva concede, a condizione, tuttavia, che essa sia tutelata in quanto lavoratore da detta normativa e che benefici di un contratto di lavoro alla data del trasferimento, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

La Direttiva 2001/23, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 2, TUE, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale la quale preveda che, in caso di trasferimento ai sensi di tale Direttiva, e per il fatto che il cessionario è un Comune, i lavoratori interessati debbano, da un lato, partecipare ad una procedura di concorso pubblico e, dall’altro, costituire un nuovo rapporto contrattuale con il cessionario”.

Questi i principi sanciti dalla Corte di Giustizia UE (13 giugno 2019, C-317/18) in relazione all’applicazione della Direttiva n. 2001/23, cit. ad una vicenda in cui le attività di un’azienda municipale portoghese erano state trasferite ad un Comune (con identità dell’azienda in questione mantenuta dopo il trasferimento).

Secondo la Corte, la circostanza che il cessionario sia una persona giuridica di diritto pubblico non è tale da escludere l’esistenza di un trasferimento rientrante nell’ambito di applicazione della Direttiva 2001/23, indipendentemente dal fatto che tale persona giuridica sia un’impresa pubblica incaricata di un servizio pubblico o un Comune (v., in tal senso, Corte di Giustizia UE 20 luglio 2017, C-416/16, punti da 30 a 32). Anche se, per applicare la Direttiva, il trasferimento “deve riguardare un ente che eserciti un’attività economica con o senza scopo di lucro e che, in linea di principio, … sono escluse le attività che si ricollegano all’esercizio delle prerogative dei pubblici poteri” (v. sentenza 20 luglio 2017, cit. punti 33 e 34).

Qualora si applichi la Direttiva in questione, i diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in seguito a tale trasferimento, trasferiti al cessionario.

Ciò, poiché scopo della Direttiva 2001/23 è quello di impedire che i lavoratori interessati vengano a trovarsi in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento.

Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte, risultava che, in forza della normativa nazionale applicabile, in conseguenza del trasferimento un lavoratore, da un lato, era obbligato a partecipare ad una procedura di concorso e, dall’altro, a costituire un nuovo rapporto contrattuale con il cessionario. Peraltro, qualora, in esito ad una siffatta procedura di concorso pubblico, il ricorrente fosse stato integrato nella funzione pubblica, ciò sarebbe avvenuto con una diminuzione del suo stipendio per un periodo di almeno dieci anni.

Tale situazione, secondo i giudici, per un verso, modifica le condizioni di lavoro, convenute con il cedente e, per un altro, rischia di porre il lavoratore in una posizione meno favorevole rispetto a quella in cui si trovava prima di tale trasferimento (in contrasto con gli obiettivi e con l’art. 3, par. 1, co. 1, della Direttiva 2001/23).

Trasferimento d’impresa e mantenimento dei diritti dei lavoratori
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