La critica al datore di lavoro è lecita quando rispetta verità e correttezza.

Nota a Cass. 9 luglio 2019, n. 18410

Francesco Belmonte

Il dipendente che denuncia in base a ragioni fondate il datore di lavoro (colpevole di non aver rispettato le cautele imposte dal giudice), esercita legittimamente il proprio diritto di critica (tutelato dall’art. 21 Cost.) e pertanto la sua condotta non può costituire una giusta causa di licenziamento.

In tale linea si è pronunciata la Corte di Cassazione (9 luglio 2019, n. 18410), la quale, conformemente ai precedenti gradi di giudizio, ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato ad una lavoratrice in ragione della denuncia da lei presentata nei confronti dell’azienda.

Nella specie, alla lavoratrice era stato contestato di avere accusato il legale rappresentante della società di omessa attuazione dell’ordinanza cautelare emessa dal giudice del lavoro del Tribunale di Bassano del Grappa. In particolare, con tale provvedimento era stata ritenuta illegittima l’assegnazione della dipendente in via continuativa a mansioni di pulizia dei bagni ed era stato ordinato alla società l’osservanza di una determinata turnazione (“una settimana ogni tre mesi con turnazione comunicata almeno un mese prima”, con eventuale recupero in caso di assenza nel turno di pulizia) e il divieto di utilizzo dei prodotti chimici ai quali la lavoratrice stessa era allergica.

L’azienda aveva ritenuto calunnioso il contenuto di tale accusa in quanto la dipendente aveva prospettato un’ipotesi di dolosa inosservanza dell’ordinanza cautelare nella consapevolezza della infondatezza delle accuse, atteso che la società medesima non era a conoscenza del provvedimento.

Tuttavia, nel giudizio di merito era emerso che la società era pienamente a conoscenza del provvedimento in questione in quanto aveva presentato reclamo contro di esso. Dunque, ad avviso della Corte, la lavoratrice aveva in buona fede ritenuto che il datore di lavoro avesse consapevolmente contravvenuto alle disposizioni del giudice, con insussistenza, pertanto, dell’addebito posto a fondamento del provvedimento espulsivo.

Diritto di critica del lavoratore
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