Il dipendente che fruisca del permesso di assistenza al familiare disabile ex L. n. 104/1992 può svolgere tale assistenza in forme variabili in relazione alle specifiche e concrete esigenze del disabile.

 Nota a Cass. 20 agosto 2019, n. 21529

Flavia Durval

Il lavoratore, nelle giornate di permesso per assistere una familiare disabile, può dedicare all’assistenza solo le ore serali e notturne.

È quanto afferma la Corte di Cassazione (20 agosto 2019, n. 21529, conforme ad App. Roma, n. 4965/2016) in una fattispecie in cui il lavoratore aveva assistito l’ex moglie in particolar modo nelle ore serali ossia in quelle più pericolose per lo stato di salute della disabile (più volte trasportata al pronto soccorso per tentativi di suicidio in ore notturne).

Il giudice del merito aveva rilevato che: a) vi era “una sostanziale coincidenza fra turno di lavoro (che sarebbe stato svolto in mancanza del permesso) ed assistenza prestata all’ex moglie durante il permesso”; b) era possibile affermare “che il dipendente non aveva fatto un uso improprio dei permessi in questione, utilizzandoli per finalità assistenziali e non per attendere ad altra attività di proprio esclusivo interesse”.

Come noto, secondo la giurisprudenza consolidata, l’utilizzo dei permessi ex L. n. 104/1992 in attività diverse dall’assistenza al familiare disabile, violando la finalità per la quale il beneficio è concesso, può costituire giusta causa di licenziamento (v. Cass. n. 8310/ 2019, in questo sito con nota di F. BELMONTE, Assistenza del familiare disabile; Cass. ord. n. 23891/2018, annotata in questo sito da F. DURVAL, Permessi per assistenza disabili; Cass. n. 9749/2016).

Ciò, poiché, sotto il profilo della finalità, non è consentito fruire del permesso per esigenze diverse da quelle proprie della funzione cui è preordinata la norma: il beneficio comporta, infatti, un “sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificabile solo in presenza di esigenze riconosciute dal legislatore (e dalla coscienza sociale) come meritevoli di superiore tutela”. E, sotto quello delle modalità, coerentemente con la ratio del beneficio, occorre porre l’assenza dal lavoro per la fruizione del permesso “in relazione diretta con l’esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso è riconosciuto, ossia l’assistenza al disabile”. Sicché, qualora manchi il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile, non si può riconoscere un uso del diritto coerente con la sua funzione e, dunque, tale uso è improprio, trattandosi di un abuso del diritto (v. Cass. n. 17968/2016, in questo sito con nota di F. BELMONTE, L’utilizzo distorto dei permessi ex art. 33, co. 3, L. n. 104/92 legittima il licenziamento), ovvero di una grave violazione dei doveri di correttezza e buona fede sia nei confronti del datore di lavoro che dell’Ente assicurativo (v. Cass. n. 9217/2016, in questo sito con nota di K. PUNTILLO, Permessi per assistenza disabili, controllo dell’agenzia investigativa, licenziamento).

LEGENDA

Art. 33, L. 5 febbraio 1992, n. 104

“1. La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’art. 4, comma 1, hanno diritto al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa dal lavoro di cui all’art. 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati (ndr Comma abrogato dall’art. 86, co. 2, lett. i), D.LGS. n. 151/2001)

2. I soggetti di cui al comma 1 possono chiedere ai rispettivi datori di lavori di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.

3. A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti. Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti (ndr In riferimento a questo comma v.: Interpelli Min. Lav. 26 giugno 2014, n. 19/2014 e 20 maggio 2016, n. 20/2016. La Corte Costituzionale, con sentenza 23 settembre 2016 n. 213, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado).

3-bis. Il lavoratore che usufruisce dei permessi di cui al comma 3 per assistere persona in situazione di handicap grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 chilometri rispetto a quello di residenza del lavoratore, attesta con titolo di viaggio, o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito.

4. Ai permessi di cui ai commi 2 e 3, che si cumulano con quelli previsti all’art. 7 della citata legge n. 1204 del 1971, si applicano le disposizioni di cui all’ultimo comma del medesimo art. 7 della legge n. 1204 del 1971, nonché quelle contenute negli articoli 7 e 8 della legge 9 dicembre 1977, n. 903.

5. Il lavoratore di cui al comma 3, [con lui convivente,] ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.

6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire alternativamente dei permessi di cui ai commi 2 e 3, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso.

7. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applicano anche agli affidatari di persone handicappate in situazione di gravità.

7-bis. Ferma restando la verifica dei presupposti per l’accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l’INPS accerti l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” (ndr v. art. 20, L. n. 53/2000 e Circ. INPS 1 marzo 2011, n. 45).

In riferimento al presente articolo, v. Messaggio INPS 7 agosto 2018, n. 3114; Messaggio INPS 28 maggio 2010;  Circ. INPS 29 aprile 2008, n. 53; Messaggio INPS 28 giugno 2007, n. 16866; Circ. INPS 23 maggio 2007, n. 90.

Assistenza con modalità variabili al familiare disabile
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