Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 novembre 2019, n. 29131

Accertamento di lavoro straordinario svolto, Mancanza di
fogli di presenza, Media delle ore lavorate determinato prendendo a
riferimento un periodo successivo a quello oggetto di giudizio, Accertamento,
relativo al fatto storico, incensurabile in sede di legittimità

 

Rilevato

 

che con sentenza in data 26 gennaio – 2 febbraio
2017 numero 106 la Corte d’Appello di Catania, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Ragusa ed in parziale accoglimento della domanda
proposta da U.D.P., dipendente dell’ (…) (ESA), con qualifica di
guardiano-diga, condannava il datore di lavoro al pagamento della somma di euro
27.721,02 a titolo di lavoro straordinario diurno svolto nel periodo gennaio –
novembre 1988 ed altre indennità;

che a fondamento della decisione, per quanto ancora
in discussione, la Corte di merito riteneva provato I’espletamento di 48 ore
lavorative settimanali nel solo periodo da gennaio a novembre 1988.

In mancanza di fogli di presenza, correttamente il
c.t.u. del primo grado aveva determinato l’orario di lavoro sulla base della
media delle ore di lavoro prestate nel periodo gennaio 98 – dicembre 99, per il
quale risultavano i fogli di presenza. Tenuto conto del numero di quattro
guardiani manovratori, considerato che il ricorrente copriva giornalmente un
solo turno di otto ore e che ogni lavoratore aveva usufruito di un giorno di
riposo a settimana, risultava una prestazione lavorativa di 48 ore settimanali.

Nel periodo successivo, tenuto conto della presenza
di cinque guardiani manovratori e di cinque giorni lavorativi settimanali non
era stato dimostrato lo svolgimento di lavoro straordinario, in considerazione
dell’esito dell’attività istruttoria del primo grado.

che avverso la sentenza ha proposto ricorso U.D.P.,
articolato in un unico motivo, cui ha opposto difese ESA con controricorso;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle
parti – unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale – ai sensi dell’articolo 380 bis codice di procedura civile.

 

Considerato

 

che la parte ricorrente con l’unico motivo ha
dedotto violazione e falsa applicazione degli articoli
115 – 116 codice di procedura civile e 2697 codice civile nonché – ai sensi dell’articolo 360 numero cinque codice di procedura civile
– omessa e/o errata valutazione di un fatto decisivo oggetto di discussione.

Ha esposto che dall’attività istruttoria espletata
nel corso del primo grado di giudizio emergeva la effettuazione un turno di
lavoro di otto ore al giorno dal lunedì al sabato sino al 31/12/1999.

In particolare i testi C.C. e S.C. avevano
confermato il relativo articolato di prova. Il C. si era riportato
integralmente alle dichiarazioni rese nei giudizi promossi dai colleghi di
lavoro R.I. e G.M., i cui verbali, trascritti per estratto nel presente
ricorso, erano allegati al fascicolo d’ufficio del primo grado.

Il ricorrente ha esposto che la Corte d’Appello di
Catania, con sentenza passata in giudicato, nel giudizio promosso dal M. aveva
ritenuto provato l’espletamento di 48 ore lavorative settimanali fino al
dicembre 1997.

Inoltre in seno al ricorso era stato dedotto
l’obbligo del personale addetto alla diga di effettuare lavoro straordinario
per garantire il necessario funzionamento dell’impianto e per coprire le
assenze degli altri addetti per malattia e ferie, circostanze mai contestate da
controparte.

La statuizione di rigetto della domanda per il
lavoro straordinario prestato dal dicembre 1988 era errata tanto per non essere
stato considerato completamente quanto emerso dall’istruttoria svolta in primo
grado tanto per avere posto a base della decisione le deduzioni del CTU del
primo grado che, in mancanza di fogli di presenza, aveva calcolato una media
delle ore lavorate prendendo a riferimento un periodo (1998-1999) successivo a
quello oggetto di giudizio.

che ritiene il Collegio si debba dichiarare
inammissibile il ricorso;

che, invero, con l’unico motivo pur deducendosi
anche la violazione di norme di diritto, si censura la valutazione del fatto
compiuta nella sentenza impugnata ed, in particolare, il ritenuto difetto della
prova del lavoro straordinario nel periodo decorrente dal dicembre 1988.

Tale accertamento, relativo al fatto storico, è
censurabile in questa sede unicamente la deduzione di un vizio di motivazione
e, pertanto, in applicazione dell’articolo 360 nr.
5 cod.proc.civ., nel testo vigente ed applicabile ratione temporis, con la
specifica allegazione di un fatto storico, oggetto di discussione tra le parti
e di rilievo decisivo, non esaminato nella sentenza impugnata. Ne consegue che,
nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt.
366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma,
n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il «fatto storico», il
cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso
risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di
discussione processuale tra le parti e la sua «decisività» (Cass. S.U.
22.9.2014 nr 19881; Cass. S.U. 7.4.2014 nr. 8053).

Nella fattispecie di causa parte ricorrente si duole
genericamente del fatto che il giudice dell’appello non abbia considerato
«completamente» le risultanze della istruttoria del primo grado e riporta
soltanto per sintesi o per estratto le dichiarazioni dei testi, senza
argomentare circa un ben individuato fatto storico non esaminato e sulle
ragioni della sua decisività;

che, pertanto, in conformità alla proposta del
relatore, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con ordinanza in
camera di consiglio ex articolo 375 cod.proc.civ.

che le spese di causa, liquidate in dispositivo,
seguono la soccombenza;

che, trattandosi di giudizio instaurato
successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai
sensi dell’art. 1 co 17 L.
228/2012 (che ha aggiunto il comma
1 quater all’art. 13 DPR 115/2002) – della sussistenza dell’obbligo di
versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente
rigettata.

 

P.Q.M.

 

Dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la
parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in € 200 per spese ed €
3.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di
legge.

Ai sensi dell’art. 13 co. 1 quater del DPR 115 del
2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte
del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.

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