Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 novembre 2019, n. 30428

INAIL, Architetti associati, Obbligo assicurativo, Natura
libero professionale dell’attività svolta

 

Fatti di causa

 

1. Con sentenza n. 1457 del 2016, la Corte d’Appello
di Milano ha respinto l’appello proposto dall’INAIL avverso la sentenza di
primo grado che – su domanda proposta dallo Studio Associato Architetti N., M.
e B. – aveva dichiarato che gli architetti associati non fossero soggetti
all’obbligo assicurativo di cui all’assicurazione obbligatoria per gli
infortuni e le malattie professionali gestita dall’INAIL.

2. La Corte, confermando la sentenza impugnata, ha
sostenuto che:

la pretesa dell’INAIL trae origine dall’accertamento
ispettivo del 30 maggio 2012 dal quale è emerso che l’atto costitutivo dello
Studio S. appellato prevede che i singoli architetti S. gli unici a garantire
lo svolgimento delle attività facenti capo allo studio associato e, pertanto,
essendo la concreta situazione organizzativa assimilabile a quella dei soci
lavoratori delle società semplici, la loro opera debba essere inquadrata nella
previsione di cui all’art. 4,
comma 1 n.7, t.u. 1124 del 1965;

il Tribunale ha negato l’obbligo assicurativo
ritenendo che l’operazione di assimilazione ipotizzata sia illegittima data la
natura libero professionale dell’attività svolta dagli architetti associati;

l’Istituto ha impugnato la decisione osservando che
seguendo tale impostazione si era data una interpretazione sostanzialmente
abrogativa del disposto di cui al n. 7 del primo comma dell’art. 4
t.u. n. 1124 del 1965, che prevede vadano assicurati anche i soci delle
cooperative e di ogni altro tipo di società, anche di fatto e comunque
denominata, costituita od esercitata, i quali prestano opera manuale oppure non
manuale alle condizioni di cui al precedente punto 2;

tuttavia dal quadro normativo di riferimento (art. 4, comma 1 nn. 1, 2, 7, art. 9, comma 1 e 2, t.u. n. 1124
del 1965) si evince che il libero professionista nello svolgimento di
un’attività non manuale è soggetto all’assicurazione obbligatoria solo se
svolga la sua attività alle dipendenze e sotto la direzione altrui ed in tal
senso, del resto, si è pronunciata la giurisprudenza di legittimità in
relazione ad una società cooperativa;

nella fattispecie in esame, non è emerso che i tre
architetti componenti lo studio associato svolgano attività manuale, che si
trovino in posizione di lavoro subordinato o svolgano la propria attività sotto
la direzione altrui ed il dubbio di incostituzionalità derivante dalla
scopertura assicurativa dell’attività svolta in ipotesi di dipendenza cd.
funzionale è stato giudicato infondato dall’ordinanza della Corte Costituzionale n. 25 del 2016.

3. Per la cassazione della sentenza, ricorre L’INAIL
con un motivo. Resiste lo Studio Associato con controricorso.

Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 cod.proc.civ.

 

Ragioni della decisione

 

1. Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione
di inammissibilità del ricorso per cassazione sollevata dai contro ricorrenti
in ragione dell’affermata carenza di potere di rappresentanza processuale in
capo ai difensori dell’Inail, per inidoneità della delega (al fine del rilascio
della procura speciale ai sensi dell’art. 365 cod.
proc. civ.) dei poteri di rappresentanza, rilasciata con determina del
Presidente dell’INAIL n. 394 del 27 ottobre 2015 allegata al ricorso, al
dirigente generale dott. A.C., Responsabile dell’andamento dell’attività
amministrativa e produttiva.

2. Si osserva in proposito che questa Corte di
cassazione (Cass. n. 3445 del 2004; Cass. n. 4806 del 2019) ha già avuto modo
di precisare, proprio in relazione ad analoghe eccezioni mosse nei riguardi
dell’Inail, che il D. Lgs. n. 165 del 30/3/01,
riordinando le norme in tema di lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni
Pubbliche, che già erano entrate in vigore con il D.
Lgs. n. 29 del 1993 e successive modificazioni, attribuisce all’art. 16 ai “dirigenti di
uffici dirigenziali generali”, fra gli altri, anche la potestà di
promuovere e resistere “alle liti che hanno il potere di conciliare e
transigere”. Pienamente legittima quindi è la Determina del Presidente
dell’Istituto sopra richiamata, con la quale sono stati attribuiti al Dirigente
generale C. i poteri previsti dalla legge per i dirigenti statali.

3. Con l’unico motivo di ricorso I’INAIL lamenta
violazione ed errata applicazione degli artt. 1, 4 n. 7) e 9, 2° comma, del D.P.R. 1124/65
ed errata applicazione dell’art.
17, 6° comma lett. a) L. 109/1994 e dell’art. 1. della legge n. 1815 del
1939 (ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc.
civ.) e – premesso che in base allo statuto ed all’atto costitutivo, lo
Studio associato deve ritenersi una società di fatto in quanto soggetto
giuridico autonomo distinto dai singoli partecipanti, siccome riconosciuto pure
dai giudici di merito – sostiene che la sentenza abbia errato laddove ha negato
la ricorrenza dei presupposti per l’esistenza dell’obbligo assicurativo ai
sensi dell’art. 4 n. 7 del DPR
1124/1965 a mente del quale i soci di società di qualsiasi tipo, anche di
fatto, sono assicurati all’INAIL se svolgono attività ritenuta pericolosa;
mentre la dizione “agli effetti previdenziali” di cui all’art. 17 della I. 109/1994 deve
essere limitato agli effetti strettamente pensionistici; in ogni caso vale come
dirimente la considerazione per cui anche i professionisti associati, se
addetti ad attività pericolosa, sono soggetti all’obbligo assicurativo INAIL.

2. Il motivo è infondato. Questa Corte di cassazione
con la sentenza n. 15971 del 2017 ha già
affermato il principio secondo il quale in tema di assicurazione contro gli
infortuni e le malattie professionali, non sussiste l’obbligo assicurativo nei
confronti dei componenti di studi professionali associati, in quanto la
tendenza ordinamentale espansiva di tale obbligo può operare, sul piano
soggettivo, solo nel rispetto e nell’ambito delle norme vigenti, che, come per
il libero professionista, in nessun luogo (artt. 1, 4 e 9 del d.P.R. n. 1124 del 1965)
ne contemplano l’assoggettamento per le associazioni professionali. Si è
affermato che pure la recente ordinanza della Corte
Cost. 12.1.2016 n. 25 ha confermato la mancanza dell’obbligo assicurativo
contro gli infortuni e le malattie professionali in capo ai membri di studi
professionali associati, ancorché legati da un vincolo di dipendenza
funzionale.

3. La Corte Costituzionale, in particolare, ha
notato sul punto che “l’addizione, sollecitata a questa Corte, si colora
di una valenza eminentemente creativa e non è “a rime costituzionalmente
obbligate”, rilevando come ” a fronte della multiforme realtà degli
studi professionali, contraddistinta dalla coesistenza dei disparati assetti
organizzativi, che l’accordo degli associati prefigura (art. 36 del codice civile), e dal vario
atteggiarsi dei rapporti di lavoro, secondo i tratti dell’autonomia o di un
coordinamento più incisivo delle prestazioni, la discrezionalità del
legislatore può modulare l’obbligazione assicurativa secondo schemi molteplici,
che individuino in maniera univoca e coerente, in questa variegata gamma di
fattispecie, le situazioni meritevoli di tutela; che, pertanto, la soluzione
tratteggiata dal giudice rimettente, incentrata sul criterio selettivo della
dipendenza funzionale, non è costituzionalmente imposta”.

4. A fronte di tali argomenti, l’Istituto ricorrente
– soprattutto con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod.proc.civ. – insiste per la diversa
interpretazione che affermi l’obbligo di copertura assicurativa anche per i
professionisti associati, sulla base di una lettura complessiva della più
recente giurisprudenza relativa a riconoscimento della capacità
dell’associazione di professionisti ad assumere il rilievo di autonomo centro
di imputazione di rapporti giuridici e della legislazione susseguitasi in
materia (legge n. 183 del 2011, legge n. 4 del 2013, legge
n. 124 del 2017) che ha consentito ai professionisti di superare i divieti
di adesione ai modelli delle società di capitali.

5. Rileva la Corte che neanche tali ulteriori
riferimenti siano utili a modificare l’orientamento già espresso. Va ricordato
che ai sensi dell’art. 9, primo
comma, d.P.R n. 1124 del 1965 sono soggetti alle disposizioni del titolo
primo i datori di lavoro ivi indicati che, nell’esercizio delle attività
previste dall’art. 1,
occupano persone tra quelle indicate nell’art. 4. Al secondo comma,
inoltre, sono elencati altri soggetti diversi dai datori di lavoro, pure tenuti
all’obbligo assicurativo tra i quali non compaiono i liberi professionisti.

Come più volte affermato anche dalla giurisprudenza
costituzionale, alla pretesa fatta valere dal ricorrente osta il dato che nel
sistema assicurativo gestito dall’INAIL non vige il principio assoluto della
copertura universalistica delle tutele.

In particolare, anche con la citata ordinanza della Corte Costituzionale n. 25 del 2016,
il giudice delle leggi ha ritenuto che la carenza di copertura assicurativa
obbligatoria legittimi il proprio intervento solo laddove si realizzi una
palese violazione del principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. che non può essere derogato.

6. Nel tracciare l’ampliamento dei limiti soggettivi
dell’area della copertura assicurativa obbligatoria, la Corte è intervenuta ad
esempio nei casi in cui si è accertata l’assenza di tutela a danno di
lavoratori subordinati non ricompresi nelle elencazioni di cui all’art. 4, ma ugualmente esposti
ai rischi contemplati dall’art.
1 d.P.R. n. 1124 del 1965 (così, per i ballerini e tersicorei, Corte Cost. 7 aprile 1981, n. 55, per i lavoratori
addetti, in rapporto diretto con il pubblico, a servizi di cassa presso imprese
con dipendenti soggetti all’obbligo assicurativo, Corte
Cost. 9 giugno 1977, n. 114).

Inoltre, la Corte Costituzionale, riconoscendo il
carattere esemplificativo dell’elencazione delle figure impiegatizie contenuto
nell’art. 4, comma 3, d.P.R. n.
1124 del 1965 (Corte Cost. 29 dicembre 1976, n.
262), ha affermato, altresì, (Corte Cost. n.
171 del 2002) il generale principio cui subordinare l’applicazione della
tutela assicurativa principio che ha rinvenuto nel criterio dell’«esposizione
al rischio» in ragione del quale, a parità di condizioni, deve corrispondere un
analogo livello di applicazione della tutela assicurativa.

7. Muovendo da tale principio, la Corte
Costituzionale ha pure affermato che l’estensione della garanzia assicurativa
nei confronti dei soggetti esposti ad un rischio protetto non è condizionata
dalla qualificazione giuridica del sottostante rapporto di lavoro. Per tale
ragione (vd. Corte Cost. n. 310 del 1994, Corte
Cost. n. 332 del 1992, Corte Cost. n. 98 del
1990) è stata riconosciuta la tutela antinfortunistica a favore di alcuni
lavoratori non legati da vincolo di subordinazione, come gli associati in
partecipazione e i familiari del datore di lavoro, e l’operatività del citato
principio dell’esposizione al rischio è stata all’origine delle ulteriori
estensioni operate dalla Corte Costituzionale anche a favore di coloro che non
risultino alle dipendenze del soggetto responsabile dell’attività protetta,
come avviene nel caso di chi esercita la vigilanza sul corretto svolgimento di
un’ attività svolta da altri.

Dunque, devono ritenersi persistenti, all’interno
del sistema antinfortunistico e di assicurazione per le malattie professionali,
limiti oggettivi e soggettivi sia rispetto alle «attività protette» che alle
«persone assicurate».

8. Tale carattere del sistema normativo,
verosimilmente derivante della preferenza accordata dal legislatore ai
lavoratori subordinati, ha consentito che sia stata considerata legittima la
mancata estensione dell’assicurazione obbligatoria nei confronti ad esempio dei
commercianti e dei soci delle cooperative agricole di lavoro (Corte cost. n.
158 del 1987; Corte Cost. n. 221 del 1985).

8. In tal senso va ricordato che Corte
Costituzionale n. 310 del 1994, richiamando tali precedenti, ha affermato come
rientri nella discrezionalità del legislatore la scelta in ordine alle
categorie di lavoratori autonomi cui estendere la disciplina di tutela
riservata ai prestatori di lavoro subordinati e ciò, secondo la citata
giurisprudenza costituzionale, per la maggiore gravità del pregiudizio
economico subito da tali soggetti a causa dell’infortunio e nella opportunità
di evitare che il beneficiario della tutela coincida con il responsabile del
rischio tutelato.

9. Questa Corte di cassazione (Cass. n. 5382 del
2002), seguendo tale impostazione, in relazione all’estensione dell’obbligo nei
confronti dei soci di società, ha peraltro ritenuto che dal coordinamento delle
disposizioni di cui ai numeri
1, 2 e 7 dell’art. 4 del d.P.R. n. 1124 del 1965 si desume che i soci delle
cooperative e di ogni altro tipo di società quando prestano attività lavorativa
per lo scopo della società (c.d. dipendenza funzionale) sono assoggettati
all’obbligo dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro se svolgono
attività lavorativa di tipo manuale ovvero se svolgono, in modo permanente o
avventizio, attività non manuale (cioè intellettuale) di sovraintendenza al
lavoro altrui. Peraltro, mentre in riferimento alla prima delle suddette
ipotesi l’obbligo assicurativo sussiste a prescindere dal fatto che l’attività
lavorativa sia prestata in forma subordinata o autonoma, con riguardo
all’attività di sovraintendenza il suddetto obbligo sussiste solo nell’ipotesi
in cui il relativo svolgimento avvenga in forma subordinata.

10. Ora, nel caso dell’associazione di
professionisti, si tratta pur sempre di attività libero professionale resa in
forma autonoma per cui, in difetto di attività manuale o di attività intellettuale
di vigilanza sul lavoro altrui resa in regime di subordinazione, non può
ravvisarsi la copertura assicurativa obbligatoria gestita dall’INAIL.

11. Da quanto sin qui rappresentato emerge con
chiarezza l’assenza di ragioni utili a modificare l’orientamento di Cassazione n. 15971 del 2017 cui va, quindi, data
continuità.

12. Le spese seguono la soccombenza nella misura
liquidata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2000,00
per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi; spese forfetarie nella misura
del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art.
13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma
dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 21 novembre 2019, n. 30428
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