Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 novembre 2019, n. 30573

Docente, Ripetuti contratti annuali a tempo determinato,
Scatti biennali maturati

Rilevato

che con sentenza in data 6 agosto 2013 la Corte
d’appello di Torino ha respinto l’appello del Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca (d’ora in poi: MIUR) avverso la sentenza del
Tribunale di Mondovì che, sulla base dell’art. 53 della legge n. 312 del 1980,
ha condannato il MIUR a corrispondere a L. B. — che aveva svolto attività di
docente con ripetuti contratti annuali a tempo determinato — gli scatti
biennali maturati in corso di rapporto, oltre alla maggior somma tra interessi
legali e rivalutazione monetaria, rigettando la domanda della ricorrente di
stabilizzazione degli scatti medesimi per il prosieguo della carriera
scolastica;

che la Corte territoriale, per quel che qui
interessa, richiamando una propria sentenza relativa ad una identica
fattispecie, precisa che:

a) la tesi dell’inapplicabilità dell’art. 53 della
legge n. 312 del 1980, perché da riferire soltanto al personale docente non di
ruolo a tempo indeterminato (come affermata dal Consiglio di Stato nella
sentenza n. 2163 del 2000), è scarsamente convincente perché porterebbe a
svuotare di significato la previsione del CCNL che ad esso ha fatto riferimento
specifico, pur nella pacifica soppressione della categoria dei docenti
“incaricati” per effetto della legge n.
124 del 1999, in base alla quale gli insegnanti si distinguono in insegnanti
di ruolo e supplenti (a loro volta divisi in tre categorie);

b) sono anche condivisibili le affermazioni del
primo giudice sull’insussistenza di ragioni oggettive che possano giustificare
la disparità di trattamento ai danni dei docenti con rapporto a tempo
determinato, con riguardo alla Clausola 4 punto 1 dell’Accordo quadro sul
lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva
1999/70 CE;

c) il MIUR ha contestato i calcoli esclusivamente
per la dedotta necessità di ridurre il quantum complessivo in considerazione
della prescrizione quinquennale, interrotta soltanto con la presentazione del
ricorso di primo grado avvenuta il 29 febbraio 2012;

d) anche questo profilo di censura non è da
accogliere in quanto per orientamento consolidato della giurisprudenza di
legittimità nel caso di una serie di contratti di lavoro a tempo determinato la
prescrizione dei crediti derivanti dal rapporto non decorre dalla scadenza dei
singoli contratti a termine e resta sospesa sino alla cessazione del rapporto
lavorativo, in considerazione del metus del lavoratore nei confronti del datore
di lavoro;

che avverso tale sentenza il MIUR propone ricorso
affidato a due motivi, al quale oppone difese L.B., con controricorso;

 

Considerato

 

che il ricorso è articolato in due motivi;

che con il primo motivo si denuncia, in relazione
all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione
e falsa applicazione di molteplici disposizioni nazionali normative e
contrattuali (a partire dall’art. 53 della legge 11 luglio 1980, n. 312) nonché
della direttiva 99/70/CE;

che il MIUR sostiene, in sintesi, che diversamente
da quanto affermato dalla Corte d’appello l’art. 53 cit. non disciplina il trattamento
economico e giuridico del personale docente non di ruolo, ma è esclusivamente
finalizzato a determinare il trattamento economico iniziale spettante al
personale docente incaricato in base ai meccanismi individuati dalla legge n.
312 del 1980;

che questa lettura è stata sostenuta dal Consiglio
di Stato nella menzionata sentenza n. 2263 del 2000, ma è stata condivisa anche
da parte della giurisprudenza di merito ed è conforme alla sentenza della Corte
costituzionale n. 146 del 2013, dalla quale si trae conferma del fatto che il
richiamo fatto al suddetto art. 53 da parte della contrattazione collettiva
riguarda solo gli insegnanti di religione;

che si conclude sul punto rilevandosi che l’art. 53
riguarda solo alcune categorie del personale docente (ma non i supplenti)
sicché “anche sotto tale profilo la sentenza è manifestamente errata
atteso che la controparte è appartenente al personale ATA”; che con il
secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2948, n. 4, 2955,
n. 2 e 2956, n. 1 cod. civ., contestandosi il
rigetto dell’eccezione di prescrizione non essendo, nella specie, rinvenibile
il metus del lavoratore nei confronti del datore di lavoro;

che viene altresì sottolineata la contrarietà della
decisione contestata al principio affermato da Cass.
SU 16 gennaio 2003, n. 575, secondo cui: “nel caso che tra le stesse
parti si succedano due o più contratti di lavoro a termine, ciascuno dei quali
legittimo ed efficace, il termine prescrizionale dei crediti retributivi, di
cui agli artt. 2948, numero 4, 2955, numero 2, e 2956,
numero 1, cod. civ., inizia a decorrere, per i crediti che sorgono nel
corso del rapporto lavorativo dal giorno della loro insorgenza e, per quelli
che si maturano alla cessazione del rapporto, a partire da tale momento,
dovendo – ai fini della decorrenza della prescrizione – i crediti scaturenti da
ciascun contratto considerarsi autonomamente e distintamente da quelli
derivanti dagli altri e non potendo assumere alcuna efficacia sospensiva della
prescrizione gli intervalli di tempo correnti tra un rapporto lavorativo e
quello successivo, stante la tassatività della elencazione delle cause
sospensive previste dagli artt. 2941 e 2942 cod. civ., e la conseguente impossibilità di
estendere tali cause al di là delle fattispecie da quest’ultime norme
espressamente previste”;

che, premesso che L.B. ha promosso il presente
giudizio con riferimento all’attività di docente svolta con ripetuti contratti
annuali a tempo determinato — sicché l’interessata non appartiene al personale
ATA, come si afferma nel ricorso — ritiene il Collegio che il primo motivo sia
da accogliere e il secondo vada dichiarato assorbito;

che la questione qui dibattuta è stata più volte
esaminata da questa Corte che, a partire dalla sentenza
n. 22558 del 7 novembre 2016 (seguita da numerose successive pronunce
conformi, vedi, per tutte: Cass. n. 14675 del 2017, Cass. n. 15997 del 2017,
Cass. n. 26108 del 2017), nella quale si è affermato che, in tema di
retribuzione del personale scolastico, l’art. 53 cit., che prevedeva scatti
biennali di anzianità .per il personale non di ruolo, non è applicabile ai
contratti a tempo determinato del personale del Comparto Scuola ed è stato richiamato,
ex artt. 69, comma 1, e 71
del d.lgs. n. 165 del 2001, dal CCNL 4 agosto
1995 e dai contratti collettivi successivi, per affermarne la perdurante
vigenza limitatamente ai soli insegnanti di religione;

che nell’ambito del suddetto orientamento si è
precisato, tra l’altro, che a far tempo dalla contrattualizzazione dell’impiego
pubblico, gli scatti biennali non hanno più fatto parte della retribuzione del
personale di ruolo della scuola, docente, tecnico ed amministrativo,
richiamandosi la sentenza della Corte costituzionale n. 146 del 20 giugno 2013,
ove è stato chiarito che la norma in questione è ormai riferibile solo a
determinate categorie di docenti, in quanto la possibilità per
l’Amministrazione di stipulare contratti a tempo indeterminato non di ruolo
venuta meno con l’approvazione della legge 20 maggio 1982, n. 270 e non poteva
rivivere ad opera della contrattazione collettiva;

che, in base alla suddetta sentenza della Corte
costituzionale (cui hanno fatto seguito, in senso conforme, l’ordinanza n. 101
del 2014 e la sentenza n. 192 del 2016) e alla successiva giurisprudenza di
questa Corte, è stato stabilito che al momento della contrattualizzazione del
rapporto di impiego del personale della scuola l’art. 53 della legge n. 312 del
1980 poteva dirsi vigente ed efficace solo relativamente ai docenti di
religione (il cui status mantiene indubbie peculiarità anche dopo la legge n.
186 del 2003 istitutiva di un ruolo dei docenti di religione cattolica) e ad
alcune particolari categorie di insegnanti che, sebbene non immessi nei ruoli,
prestavano attività sulla base, non di supplenze temporanee o annuali, bensì in
forza di contratti a tempo indeterminato previsti in via eccezionale dall’art.
15 della legge n. 270 del 1982 (è il caso dei docenti di educazione musicale il
cui rapporto è stato ritenuto a tempo indeterminato da Cass. n. 8060 dell’8
aprile 2011, che ha ribadito in motivazione la non spettanza degli scatti
biennali di cui all’art. 53 ai supplenti ed al personale “il cui rapporto
di servizio trova fondamento in incarichi attribuiti di volta in volta e si
interrompe nell’intervallo tra un incarico e l’altro”);

che nei richiamati arresti si è affermato anche che
il riconoscimento degli scatti biennali finirebbe per assicurare alle persone
assunte a tempo determinato un trattamento economico di miglior favore rispetto
a quello riservato al personale della scuola definitivamente immesso nei ruoli,
senza che questo trattamento possa certamente trovare giustificazione nella
clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva n. 1999/70/CE;

che è stato anche precisato che la suddetta la clausola
4, di diretta applicazione, impone di riconoscere la anzianità di servizio
maturata al personale del Comparto Scuola assunto con contratti a termine, ai
fini della attribuzione della medesima progressione stipendiale prevista per i
dipendenti a tempo indeterminato dai CCNL succedutisi nel tempo e questo
comporta la disapplicazione delle disposizioni dei pertinenti CCNL che,
prescindendo dalla anzianità maturata, commisurano in ogni caso la retribuzione
degli assunti a tempo determinato al trattamento economico iniziale previsto
per i dipendenti a tempo indeterminato;

che, nella specie, se è indubbio che la Corte
d’appello abbia – in contrasto con il suddetto indirizzo – riconosciuto alla
docente gli scatti biennali di anzianità di cui all’art. 53 della legge n. 312
del 1980, ma dalla lettura della sentenza impugnata e degli atti di causa non
risulta con certezza che non sia stata proposta, magari in via subordinata, la
diversa e autonoma domanda vertente sul riconoscimento della progressione
stipendiale per effetto del riconoscimento dell’anzianità di servizio,
questione che, come si è detto, nella medesima sentenza
n. 22558 del 7 novembre 2016 (e nelle altre conformi pronunce successive) è
stata risolta in senso favorevole per gli interessati, nei suddetti termini;

che, di conseguenza, il primo motivo deve essere
accolto, con conseguente assorbimento del secondo motivo;

che, di conseguenza, la sentenza impugnata deve
essere cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello
di Torino che, in diversa composizione, procederà al nuovo esame della
questione controversa sulla base di una precisa definizione del petitum
sostanziale richiesto, attenendosi al seguente principio di diritto:

“in tema di retribuzione del personale
scolastico assunto con reiterati contratti a termine, a seguito della
contrattualizzazione del lavoro pubblico, gli scatti biennali di anzianità
previsti dall’art. 53 della legge n. 312 del 1980 possono essere concessi solo
a determinate categorie di docenti la cui situazione è del tutto peculiare
(vedi: sentenza della Corte costituzionale n. 146 del 20 giugno 2013), mentre
in base alla clausola 4 dell’accordo quadro, allegato alla direttiva 99/70/CE del 28 giugno 1999, di diretta
applicazione, anche ai dipendenti assunti con reiterati contratti a termine va
riconosciuta la progressione stipendiale derivante dall’anzianità di servizio
nella stessa misura prevista per i dipendenti a tempo indeterminato. Per
distinguere correttamente le suddette due ipotesi è essenziale stabilire con
precisione — al di là delle espressioni letterali usate — quale sia l’oggetto
della domanda azionata che da identificare secondo il criterio del c.d. petitum
sostanziale”.

 

P.Q.M.

 

accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il
secondo. Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia,
anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di
Torino, in diversa composizione.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 novembre 2019, n. 30573
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