Alfonso Tagliamonte

Nozione

La cessione del quinto dello stipendio è una particolare forma di cessione del credito, in cui il lavoratore (creditore cedente) trasferisce il credito alla retribuzione nei confronti del proprio datore di lavoro (debitore ceduto) alla società di finanziamento (terzo cessionario).

La cessione del credito, pertanto, consiste in un accordo tra il lavoratore e il suo creditore, che non ha bisogno di accettazione da parte del debitore ceduto (art. 1264 c.c.), ossia il datore di lavoro, che è tenuto ad effettuare le trattenute del quinto sulla busta paga del dipendente, versando i ratei mensili dovuti direttamente alla società finanziaria sino alla definitiva estinzione del debito, sempre che il rapporto di lavoro nel frattempo rimanga in essere.

L’istituto trova la sua disciplina base negli artt. 1260 ss. c.c. e nel D.P.R. n. 180/1950.

Destinatari

I lavoratori interessati dalla disciplina sono (art. 6, co. 1, e art. 52, D.P.R. n. 180/1950):

  • Dipendenti di aziende private;
  • Dipendenti pubblici;
  • Pensionati INPS o ex INPDAP;
  • Lavoratori con contratto atipico (per esempio con contratto a progetto).

Nei confronti dei lavoratori assunti a tempo determinato, la cessione del quinto dello stipendio non può eccedere il periodo di tempo che, al momento dell’operazione, deve ancora trascorrere per la scadenza del contratto in essere (art. 52, co. 2, D.P.R. n. 180/1950).

I lavoratori parasubordinati (di cui all’art. 409, n. 3), c.p.c.), di durata non inferiore a dodici mesi, possono cedere un quinto del loro compenso, valutato al netto delle ritenute fiscali, purché questo abbia carattere certo e continuativo. La cessione non può eccedere il periodo di tempo che, al momento dell’operazione, deve ancora trascorrere per la scadenza del contratto in essere. I compensi corrisposti a tali soggetti sono sequestrabili e pignorabili nei limiti di cui all’art. 545 c.p.c. (art. 52, co. 3, D.P.R. n. 180/1950).

Criteri di calcolo

Il quinto dello stipendio si computa sulla retribuzione mensile netta ricomprendendo nella base di calcolo gli elementi fissi ed escludendo, invece, quelli variabili.

La somma cedibile sui salari degli operai dipendenti dallo Stato è ragguagliata al prodotto del salario giornaliero che si percepisce al tempo della domanda del prestito, moltiplicato per il numero delle giornate lavorative di un anno (art. 12, D.P.R. n. 180/1950).

Per elementi fissi della retribuzione si intendono: la paga minima fissata dal ccnl del settore di competenza per il livello di competenza; gli elementi fissi aggiunti dal contratto collettivo; gli scatti di anzianità; i superminimi. Vanno, invece, esclusi dalla cifra di riferimento: le indennità per lavoro straordinario; gli assegni familiari; i benefici ulteriori come i premi; le indennità per ferie e per le festività non godute; i permessi retribuiti; le indennità relative a mensa, turni, reperibilità, periodi di trasferta e simili; le trattenute fiscali e previdenziali.

Durata della cessione

Per i lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato, i prestiti possono essere contratti per una durata non superiore a 10 anni (art. 6, co. 2, D.P.R. n. 180/1950).

Per i lavoratori a tempo determinato, invece, la cessione non potrà durare più del tempo che intercorre tra la sottoscrizione dell’operazione e la conclusione del rapporto di lavoro (art. 13, co. 2, e art. 52, co. 2, D.P.R. n. 180/1950).

 Ruolo e obblighi del datore di lavoro

Ai sensi dell’art. 1264 c.c., la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto (datore di lavoro) quando questi l’abbia accettata o gli sia stata notificata.

Ricevuta la notifica, l’azienda dovrà effettuare le trattenute sulla retribuzione nella misura prevista dal contratto (mai più del 20% dello stipendio) e versare le somme direttamente all’ente erogatore.

L’azienda dovrà informare il creditore qualora si verificassero eventi idonei a comportare una sospensione o riduzione dell’obbligo di corrispondere la retribuzione al dipendente e, nel caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore dovrà sospendere il pagamento delle quote che dovranno essere versati dal dipendente all’ente che eroga il prestito.

 Ruolo del TFR nella cessione del quinto

All’atto della risoluzione del rapporto, il TFR svolge un ruolo importante nella cessione del quinto, in quanto può essere devoluto fino a concorrenza del debito residuo (artt. 43 e 55 D.P.R. n. 180/1950): per le cessioni efficaci dal 1° gennaio 2005 si applica il limite massimo del quinto sulla quota di retribuzione; mentre dal 1° gennaio 2006 è possibile cedere l’intero Tfr che rappresenta la garanzia sul credito all’atto della cessazione del rapporto di lavoro.

Conseguentemente, non è possibile concedere al lavoratore alcuna anticipazione sulle predette somme.

Delegazione di pagamento

La delegazione di pagamento è un istituto differente dalla cessione del quinto. Le aziende private, infatti, possono vedersi notificare dal dipendente delle deleghe di pagamento di prestiti concessi al lavoratore, estinguibili mediante rate imputate sulle retribuzioni mensili versate alla banca o alla finanziaria da parte dello stesso datore di lavoro (co.1, art. 1269 c.c.). Il lavoratore, cioè, può delegare il proprio datore di lavoro al pagamento dei ratei mensili del proprio prestito alla società finanziaria creditrice. Rispetto alla cessione, non è previsto il limite di un quinto, ma il datore di lavoro, di contro, non è obbligato ad accettare (co. 2, art. 1269 c.c.). La delegazione di pagamento permette altresì di aggredire una parte dello stipendio anche in presenza di una cessione del quinto purché il concorso tra i due istituti non superi la metà dello stipendio (art. 70, D.P.R. n. 180/1950).

Cessione del quinto dello stipendio
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