Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 02 dicembre 2019, n. 31399

Indennità di mobilità, Domanda dell’interessato, Termini di
presentazione, Disciplina prevista in via generale per l’accesso all’indennità
di disoccupazione

 

Rilevato

 

che con sentenza del 7 maggio 2013, la Corte
d’Appello di Napoli confermava la decisione resa dal Tribunale di Santa Maria
Capua Vetere e rigettava la domanda proposta da L.L. nei confronti dell’INPS,
avente ad oggetto il riconoscimento del diritto all’indennità di mobilità in
ragione del rapporto di lavoro intercorso con la N.M.G. & C. per il periodo
dal 6.11.1993 al 7.4.1997 accertato con sentenza 7435/2002 che veniva a
configurare come licenziamento la cessazione del rapporto intervenuta il
6.4.1999;

che la decisione della Corte territoriale discende
dall’aver questa ritenuto insussistente il diritto stante il decorso del
termine di decadenza previsto per la presentazione della domanda amministrativa
di riconoscimento del sussidio di disoccupazione pienamente applicabile anche
per la domanda di mobilità, termine il cui dies a quo andava nel caso di specie
individuato nella data di emanazione della sentenza dichiarativa della
sussistenza del rapporto di lavoro, potendo da quella data essere esercitato il
diritto all’inoltro della domanda; che per la cassazione di tale decisione
ricorre il L., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con
controricorso, l’INPS;

che l’Istituto controricorrente ha poi presentato
memoria;

 

Considerato

 

Che con il primo motivo, il ricorrente, nel
denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 12, I. n. 223/1991
in relazione all’art. 14 delle preleggi, 73 e 129 R.D.L. 1827/1935 conv.
nella I. n. 1155/1936, lamenta a carico della Corte territoriale l’erroneità
dell’interpretazione del disposto dell’art. 7, comma 12, I. 223/1991
nella parte in cui richiama “in quanto applicabile” la disciplina
relativa all’indennità di disoccupazione dettata dal RD 1155/1936, assumendo
che dalla stessa non può inferirsi non solo la prevista decadenza dal diritto
alla presentazione della domanda amministrativa ma neppure la necessità di una
domanda;

che, con il secondo motivo, denunciando la
violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 12, I. n. 223/1991
e 4, comma 1, d.l. n. 148/1993,
imputa alla Corte l’erroneità del convincimento espresso circa
l’identificazione del dies a quo per il computo del termine, da ritenersi
coincidere non tanto con i 68 giorni successivi alla data di emanazione della
sentenza, la 7435/2002, dichiarativa della natura subordinata del rapporto di
lavoro intercorso con la Società con la quale poi il rapporto stesso era
cessato quanto con il diverso termine meramente ordinatorio e, dunque,
suscettibile di proroga in presenza di adeguate giustificazioni, previsto dall’art. 4, comma 1, d.l. 148/1993,
ben potendo, dunque la relativa domanda essere inoltrata il successivo
25.6.2004;

che il primo motivo deve ritenersi infondato alla
luce dell’orientamento accolto da questa Corte (cfr Cass., SS.UU., 6 dicembre
2002, n. 17389) per cui anche per l’indennità di mobilità sia necessaria la
domanda dell’interessato da presentare nei termini previsti per l’indennità di
disoccupazione essendo l’istituto riconducibile ad un trattamento di
disoccupazione e dovendo escludersi che lo stesso sorga in capo al lavoratore
in via automatica e presupponga, invece, come tutti i trattamenti previdenziali,
la presentazione all’INPS di una domanda soggetta alla disciplina prevista in
via generale per l’accesso all’indennità di disoccupazione;

che parimenti infondato si rivela il secondo motivo,
dovendo ritenersi il ricorrente, il cui rapporto di lavoro era cessato il
6.4.1999, tenuto ad inoltrare, entro il termine di decadenza decorrente da
quella data e, dunque, a prescindere dalla regolarità o meno del rapporto, la
domanda diretta a conseguire l’indennità di mobilità;

che, pertanto, il ricorso va rigettato;

che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate
come da dispositivo;

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro
200,00 per esborsi ed euro 3.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15%
ed altri accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13,
se dovuto.

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