Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 03 gennaio 2020, n. 28

Appalto, Responsabilità solidale del committente, Credito
retributivo, Trattamenti retributivi, Codice degli appalti pubblici

 

Rilevato che

 

1. il Tribunale di Roma aveva condannato la C.S.I. a
r.I. al pagamento, in favore degli attuali controricorrenti, di somme
rivendicate a titolo di differenze retributive varie ed aveva respinto la
domanda di condanna in solido proposta, ai sensi dell’art. 29 del d. Igs. 276/2003, nei
confronti di R.F.I. s.p.a., committente dell’appalto;

2. la Corte d’appello di Roma, con sentenza del
14.5.2015, riteneva fondato l’appello dei lavoratori, rilevando che il testo
dell’art. 29, secondo comma, d.
Igs. 276/2003 era nel senso che la responsabilità solidale del committente
riguardava tutto il credito retributivo, a differenza di quanto previsto dall’art. 1676 c.c. e che, tuttavia, sotto il profilo
meramente oggettivo, l’oggetto della garanzia di cui all’art. 29 era limitato ai
trattamenti retributivi, con esclusione della somme non dovute a tale titolo,
da intendersi in senso lato, con riferimento anche a mensilità aggiuntive,
compensi per straordinario, t.f.r., dovendo la solidarietà della committente
essere limitata alla quota di trattamento maturata in conseguenza
dell’esecuzione dell’appalto e non ritenersi estesa ad eventuali quote maturate
in virtù di prestazioni rese al di fuori dell’appalto. Dal punto di vista
soggettivo, la norma di cui all’art.
29 d. Igs. cit. doveva trovare applicazione alla società committente,
essendo del tutto irrilevante che R.F.I. s.p.a. fosse soggetta all’applicazione
del codice degli appalti pubblici. Essendo RFI una s.p.a., al di là della
soggezione a varie forme di controllo ed indirizzo pubblici, la stessa era
assoggettata integralmente alla normativa di diritto privato e come tale le si
applicava, secondo la Corte territoriale, la normativa invocata dai lavoratori;

3. la stessa Corte escludeva, poi, i profili di
incostituzionalità dedotti con riguardo all’eccesso di delega prefigurata in
riferimento all’art. 76 Cost., sul rilievo che
l’art. 29, secondo comma, d. Igs.
citato non era il frutto dell’originaria legge delegata, ma aveva subito
numerose modifiche legislative non in attuazione della legge delega e, da
ultimo, era stato integralmente sostituito dall’art. 1, comma 911, della legge n.
296/2006, legge ordinaria non vincolata al rispetto di alcuna precedente
legge delega;

4. l’appello era accolto anche con riguardo alla
posizione di Z.S., nei cui riguardi era ritenuta erronea I’ esclusione
dell’inadempimento della società all’obbligo di corrispondere una tantum ed
aumento contrattuale, non essendo stata provata alcuna dichiarazione di
accettazione da parte della predetta con rinuncia alla proposizione di
ulteriori azioni aventi ad oggetto il medesimo titolo;

5. di tale decisione domanda la cassazione R.F.I.
s.p.a., affidando l’impugnazione a quattro motivi, illustrati in e memoria, cui
resistono, con controricorso, i lavoratori;

6. la società ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis. 1 c.p.c.

 

Considerato che

 

1. con il primo motivo, R.F.I. denunzia omessa
pronuncia in riferimento all’eccezione di inesistenza di qualsivoglia rapporto
contrattuale tra essa committente e la C.S.I. a r. I., conseguente
inapplicabilità delle tutele invocate ex adverso, violazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360, n. 4, c.p.c., sostenendo che, nella
memoria in appello, era stata sollevata eccezione al riguardo e che la sentenza
di secondo grado era priva di ogni riferimento a detta censura.

2. con il secondo motivo, la ricorrente lamenta
violazione, errata o falsa applicazione degli artt. 29, co. 2, d. Igs. 276/2003,
1676 c.c., 118, co. 6, d. Igs. 163/2006, in
riferimento all’art. 360, n. 3, c.p.c.,
sostenendo che la disciplina di cui all’art. 29 d. Igs. cit. sia stata
erroneamente ritenuta applicabile, considerate la natura pubblica del soggetto
committente e la procedura di gara con la quale si era conferito l’appalto, ed
adducendo che tale natura comporti l’esclusione della società dall’ambito
applicativo della disciplina di cui al d. Igs.
276/2003, a prescindere dalla qualità in cui la stessa agisca;

3. con il terzo motivo, ci si duole nuovamente della
violazione degli artt. 29 d. Igs.
276/2003 e 3, co. 26, d. Igs. n.
163/2006, sotto il profilo dell’incompatibilità logico giuridica della
disciplina applicata con la sottoposizione di RFI e del contratto in esame al
codice degli appalti pubblici disciplinati dal d.
Igs. 12.4.2006 n. 163;

4. con il quarto motivo, riferito alla allegazione
probatoria in merito al riconoscimento, in capo alla Z., del diritto al
pagamento dell ‘una tantum e degli aumenti contrattuali, si ascrive alla
decisione violazione dell’art. 2697 c.c., in
riferimento all’art. 360, n. 3, c.p.c.,
deducendosi che l’assenza di contestazione da parte della lavoratrice di
circostanza allegata da R.F.I. doveva condurre a ritenere la stessa come
ammessa;

5. il primo motivo rivela evidenti profili di
inammissiblità: é stato, invero, reiteratamente affermato da questa Corte che
“anche laddove vengano denunciati con il ricorso per cassazione
“errores in procedendo”, in relazione ai quali la Corte è anche
giudice del fatto, potendo accedere direttamente all’esame degli atti
processuali del fascicolo di merito, si prospetta preliminare ad ogni altra
questione quella concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini
in cui è stato esposto, con la conseguenza che, solo quando sia stata accertata
la sussistenza di tale ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza
del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima
valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame
ed all’interpretazione degli atti processuali” (cfr. Cass. 20.7.2012 n.
12664, Cass. 13.3.2018 n. 6014, che, in applicazione di questo principio, ha
affermato che il ricorrente, ove censuri la statuizione della sentenza
impugnata nella parte in cui ha ritenuto inammissibile la domanda principale ed
omesso di pronunciarsi su quella subordinata, ha comunque l’onere di riprodurre
gli atti e documenti del giudizio di merito nei loro passaggi essenziali alla decisione
e di precisare l’esatta collocazione dei documenti nel fascicolo d’ufficio al
fine di renderne possibile l’esame nel giudizio di legittimità); nella specie
non risultano trascritti nel motivo i termini dell’eccezione formulata in
appello dalla società per la parte di interesse;

6. quanto al secondo e terzo motivo – che vanno
trattati congiuntamente per l’evidente connessione delle questioni che ne
costituiscono l’oggetto -, questa Corte ha costantemente ribadito, con recenti
pronunce (Cass. 24 maggio 2016, n. 10731;
Cass. 6 aprile 2017 n. 8955; 20 luglio 2018, n. 19339; Cass. 22 gennaio 2019,
n. 1619), alla cui più diffusa motivazione si rinvia, che il divieto posto
dall’art. 1, secondo comma, d.lgs.
276/2003, che esclude l’applicabilità alle pubbliche amministrazioni della
responsabilità solidale prevista dall’art. 29, secondo comma, del
citato decreto, ulteriormente specificato dall’art. 9 d.l. 76/2013, (conv., con
modif., dalla I. 99/2013), non trova
applicazione nei confronti di T. s.p.a., cui pure si applica il codice dei
contratti pubblici quale “ente aggiudicatore”. E ciò sull’essenziale
rilievo della regolazione da parte del d. Igs.
276/2003 della materia dell’occupazione e del mercato del lavoro e della
sua operatività sul piano della tutela delle condizioni dei lavoratori,
operando, invece, il d. Igs.. 163/2006 sul
piano della disciplina degli appalti pubblici, anche apprestando una tutela ai
lavoratori, ma con più intensa concentrazione sull’esecuzione dell’appalto: ciò
si traduce nella piena compatibilità reciproca di tali discipline, in quanto
incidenti su piani differenti (da ultimo: Cass. 13 giugno 2019, n. 15961);

6.1. va, dunque, assicurata continuità al principio
di diritto, già enunciato da questa Corte (Cass. 3/5/2017, n. 10777, Cassazione civile, sez. lav., 24/05/2016, n. 10731),
secondo cui in materia di appalti pubblici la responsabilità solidale prevista
dall’art. 29, comma 2, del D. LGS.
n. 276 del 2003 – esclusa per le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n.
165 del 2001 – è, invece, applicabile ai soggetti privati (nella specie
R.F.I. s.p.a., società partecipata pubblica): nei citati precedenti si è
evidenziato come per i soggetti pubblici la esclusione della applicazione dell’articolo 29 D. Lgs. 276/2003
discenda unicamente dalla previsione contenuta nell’articolo 1 dello stesso
D.Lgs. e non anche da una pretesa esaustività della disciplina degli appalti
pubblici o dalla incompatibilità tra le due suddette discipline;

6.2. in questo senso la disciplina del decreto legge 76/2013, articolo 9,
comma 1 – secondo cui le disposizioni dell’articolo 29, comma 2 del D.L.gs.
276/2003 non trovano applicazione per le sole pubbliche amministrazioni individuate
dall’articolo 1, comma 2,
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 – ha chiarito un principio
immanente nel sistema;

6.3. la differente regolamentazione tra
«aggiudicatori» privati ed «aggiudicatori» pubblici non è sospettabile di
illegittimità costituzionale, con riguardo al rilievo della disparità di
trattamento fra enti pubblici e privati imprenditori, per l’aggravio connesso
alla previsione di responsabilità ai sensi dell’art. 29 D. L.GS. 276/2003. Sono
state già evidenziate da questa Corte le peculiarità delle due situazioni a
confronto, che giustificano la diversità delle discipline (v. da ultimo Cass. 10.10.2016 n. 20327), osservandosi che
nell’appalto privato il committente non incontra alcun limite nella scelta del
contraente, laddove nelle procedure di evidenza pubblica la tutela dei
lavoratori è assicurata sin dal momento della scelta del contraente, poiché gli
enti aggiudicatori nella valutazione delle offerte «sono tenuti a valutare che
il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del lavoro ed
al costo relativo alla sicurezza…» (art. 86 D.L.GS 163/2006) oltre che
ad effettuare controlli preventivi anche in merito al rispetto da parte della
impresa concorrente della normativa in materia di sicurezza, degli obblighi
derivanti dal rapporto di lavoro, degli adempimenti previdenziali ed
assistenziali (art. 38 D.L.GS
163/2006). La diversità delle situazioni a confronto e degli interessi che
in ciascuna vengono in rilievo giustifica la posizione più onerosa prevista per
gli imprenditori privati con partecipazione pubblica rispetto a quella di altri
operatori economici, privati o pubbliche amministrazioni, in relazione alla
peculiarità della loro qualificazione giuridica, che li rende soggetti ad
entrambe le discipline, non essendo precluso al legislatore modulare le tutele
dei lavoratori in rapporto alla diversa natura dei committenti;

7. il quarto motivo è infondato in quanto è corretto
quanto affermato dalla Corte sulla genericità della rinunzia e dei termini in
cui era stata formulata e sulla non necessità di specifica contestazione;

7.1. invero, nel rito del lavoro la mancata
contestazione del convenuto, o la genericità della sua contestazione, può
assumere rilevanza ai fini della prova nei limiti in cui le allegazioni
dell’attore siano specifiche e fornite di riferimenti concreti (cfr. Cass.
11537 del 28/12/1996);

8. alla stregua delle svolte considerazioni, il
ricorso va, complessivamente, respinto;

9. le spese del presente giudizio seguono la
soccombenza della ricorrente e sono liquidate in dispositivo;

10. sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115
del 2002.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro
200,00 per esborsi, euro 5000,00 per compensi professionali, oltre accessori di
legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13, comma 1
quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato
D.P.R., ove dovuto.

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