Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 gennaio 2020, n. 117

Procedura di licenziamento collettivo, Illegittimità del
licenziamento, Comunicazione dei criteri di scelta, Valenza dell’accordo
individuale

 

Rilevato che

 

1. Con ricorso ex art. 1 co. 48 legge n. 92 del 2012
del 28.6.2016 S.M. ricorreva al Tribunale di Lecco chiedendo l’accertamento
dell’illegittimità del licenziamento adottato nei suoi confronti dalla B. srl
in data 16.12.2015 nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo.

2. Con ordinanza del 26.8.2016, nel contraddittorio
delle parti, l’adito giudice del lavoro rigettava il ricorso.

3. Proposta opposizione da parte del lavoratore, con
sentenza n. 68 del 2017 il Tribunale di Lecco respingeva le domande formulate
dal M., compensando le spese di lite.

4. All’esito del reclamo proposto ex art. 1 co. 58 legge n. 92 del 2012,
la Corte di appello di Milano, con la pronuncia n. 1937 del 2017, in riforma
della sentenza impugnata, dichiarava invece la illegittimità del licenziamento,
annullandolo e condannando la B. srl alla reintegrazione del lavoratore nel
posto di lavoro e alla corresponsione di una indennità risarcitoria, ai sensi dell’art. 18 co. 4 della legge n. 300
del 1970, pari a dodici mensilità della retribuzione globale di fatti
goduta, oltre accessori e regolarizzazione previdenziale e contributiva.

5. A fondamento della decisione i giudici di seconde
cure rilevavano che: a) doveva considerarsi nuova, perché inammissibilmente
proposta solo in fase di opposizione, la tematica circa il difetto procedurale
in ordine alla comunicazione dei criteri di scelta; b) non era invece nuova la
problematica riguardante la valenza dell’accordo individuale dell’agosto 2011
in quanto già introdotta nella fase sommaria; c) il detto accordo, comunque,
non era idoneo a ritenere esente il M. dai licenziamenti collettivi essendo
relativo unicamente alla vicenda di CIGS dell’epoca; d) era riscontrabile una
violazione dei criteri di scelta perché non era stato osservato il criterio il
criterio dell’anzianità aziendale rispetto ad altri lavoratori comparativamente
individuati sulla base delle esigenze produttive e organizzative esplicitate
nella lettera di apertura della procedura e confluite nell’accordo sindacale.

6. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto
ricorso per cassazione la B. srl affidato a due motivi, illustrati con memoria,
cui ha resistito con controricorso S.M..

7. Il PG non ha rassegnato conclusioni scritte.

 

Considerato che

 

1. I motivi possono essere cosi sintetizzati.

2. Con il primo motivo la società eccepisce la
nullità della sentenza per violazione dell’art. 112
cpc e/o dell’art. 101 cpc, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, per avere la Corte
territoriale fondato la propria decisione, in ordine alla violazione dei
criteri di scelta, su argomentazioni mai affrontate nei precedenti giudizi e
mai discusse tra le parti: in particolare, per avere escluso il concorso del
criterio di cui alla lettera c) della legge n. 223
del 1991, seppure nessuna domanda né eccezione fosse stata in tal senso
sollevata, modificando quindi la causa petendi sottesa alla domanda di
declaratoria di illegittimità del licenziamento. Deduce, poi, la ricorrente
che, qualora tale modifica si fosse potuta ritenere rilevabile di ufficio,
comunque i giudici di seconde cure non avevano, in ottemperanza a quanto
previsto dall’art. 101 cpc, instaurato tra le
parti un corretto contraddittorio sul punto.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione e
falsa applicazione (ex art. 360 co. 1 n. 3 cpc)
dell’art. 5 della legge n. 223
del 1991, in merito all’applicazione dei criteri di scelta, in quanto la
Corte territoriale aveva errato nel ritenere che il criterio delle esigenze
tecnico- organizzative e produttive non poteva essere riutilizzato ai fini
della scelta del M. quale lavoratore da licenziare, violando, quindi, l’art. 5 citato che opera un
doppio richiamo: il primo con riferimento al complesso aziendale ed il secondo
da utilizzare unitamente agli altri due previsti dalla lettera c). La società
reitera, poi, il susseguirsi delle fasi attraverso cui si era articolata la
procedura di licenziamento ribadendo la correttezza circa l’approvazione dei
criteri di cui all’art. 5 co. 1
della legge n. 223 del 1991.

4. Il primo motivo è inammissibile non essendo la
censura specifica in ordine alle asserite violazioni degli artt. 112 e 101 cpc
fondate sul fatto che la Corte territoriale, in assenza di espressa censura e
senza avere sottoposto la questione alle parti, aveva escluso -nella
fattispecie- il concorso del criterio di cui alla lettera
c) della legge n. 223 del 1991 in quanto già utilizzato nella lettera di
apertura della procedura per riduzione del personale, nelle divisioni oggetto
di intervento.

5. Invero i giudici di seconde cure, a pag. 10 della
gravata sentenza, hanno affermato che la dedotta inosservanza dei criteri di
scelta, denunciata dal M., aveva privilegiato – “nel novero delle
doglianze” – la critica sulla carente individuazione a monte dei criteri
di scelta (che non era stata però ravvisata). Non hanno escluso, quindi, che vi
fossero altre prospettazioni di censure tanto è che hanno testualmente
evidenziato, come detto, “un novero di doglianze” posto a sostegno
della domanda di illegittimità del licenziamento.

6. Ebbene, a fronte di tale affermazione, la
ricorrente non ha riportato tutto il testo del ricorso e del reclamo il cui
succinto stralcio, riportato a pag. 17 dell’odierno ricorso per cassazione, comunque
contiene un riferimento anche al mancato rispetto delle esigenze
tecnico-produttive in ordine ai criteri di scelta dei lavoratori da
assoggettare alla procedura di licenziamento collettivo, di talché non è
consentito a questo Collegio un corretto scrutinio del motivo.

7. Tale profilo di inammissibilità della censura
coinvolge entrambi i vizi denunciati ex artt. 112
e 101 cpc.

8. Il secondo motivo è, invece, infondato.

9. La Corte di merito, con un ragionamento corretto
e congruamente motivato, ha sottolineato che dall’allegato 1 della lettera di
avvio della procedura di mobilità risultava che, per le sue esigenze
tecnico-produttive ed organizzative, la società aveva stimato che vi fosse una
eccedenza di quattro unità con profilo di “Operatori Galvanica” e di
quattro unità con il profilo “Operatori Lavorazioni Meccaniche”.

10. I giudici di seconde cure hanno, poi, ritenuto
che, con le citate esigenze, dovevano concorrere solo gli altri fattori di
anzianità e famiglia, non essendo concepibili altri margini di analisi sul
criterio della lett. c) già compiutamente esperito. Sulla base, poi, delle
deposizioni testimoniali, ritenute concordanti, la Corte ha precisato che era
emerso che le mansioni espletate dal M., in qualità di operaio, rappresentavano
compiti di servizio non privilegiabili nel quadro delle esigenze
tecnico-produttive e organizzative indicate.

11. Si è trattato, pertanto, da parte della Corte di
appello di una valutazione del contenuto del citato allegato 1 e delle
risultanze processuali (su una verifica completa e in concreto delle esigenze
tecnico-produttive e organizzative) in relazione alle quali la ricorrente si è
limitata a prospettare una diversa ricostruzione relativamente sia ad una
differente interpretazione dell’allegato 1 sia con riguardo ad una discorde
analisi delle prove testimoniali: entrambi gli accertamenti sono, però di
spettanza del giudice di merito non sindacabili in sede di legittimità perché
si risolverebbero in un riesame dei fatti di causa non consentito in
cassazione.

12. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve,
pertanto, essere rigettato.

13. Al rigetto segue la condanna della ricorrente,
secondo il principio della soccombenza, alla rifusione delle spese del presente
giudizio di legittimità.

14. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02, nel testo risultante dalla legge
24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti
processuali, come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al
pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di
legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro
200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.
115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13,
se dovuto.

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