Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 gennaio 2020, n. 303

Docenti di ruolo, Docenti delle Accademie e dei Conservatori
di musica, Trattamento stipendiale professori universitari, Differenze
retributive, Equivalenza con l’attività svolta dai professori universitari,
legge n. 508/1999, Contratto di diritto privato

Rilevato che

 

1. la Corte di Appello di Milano ha respinto
l’appello proposto da V. B. e dagli altri litisconsorti indicati in epigrafe,
docenti di ruolo presso l’Accademia di Belle Arti, avverso la sentenza del
Tribunale della stessa città che aveva rigettato la domanda volta ad ottenere
la condanna del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
nonché del Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento delle differenze
retributive maturate a far tempo dal 1° gennaio 2000, da calcolarsi sulla base
del trattamento stipendiale riservato ai professori universitari di Iª fascia;

2. la Corte territoriale ha evidenziato che non
poteva essere invocato l’art.
52 del d.lgs. n. 165/2001, in quanto il migliore trattamento economico
veniva rivendicato non in relazione allo svolgimento di mansioni superiori
rispetto a quelle di inquadramento, bensì sulla base di una pretesa equivalenza
con l’attività svolta dai professori universitari, che deriverebbe dalla
disciplina dettata dalla legge n. 508/1999;

3. il giudice d’appello ha rilevato che alla luce
della vigente normativa non si può sostenere l’equiparazione tra le due categorie
di personale, giacché il rapporto di lavoro dei docenti universitari è
disciplinato dalla legge, mentre quello dei docenti delle Accademie e dei
Conservatori di musica è regolato dal contratto di diritto privato;

4. la Corte milanese ha escluso la rilevanza della
questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 6, della legge n.
508/1999, che estende al personale delle Accademie la disciplina dettata dal d.lgs. n. 165/2001, in quanto non è detta norma
che mortifica il preteso diritto alla equiparazione, bensì la scelta operata
dalle parti collettive in relazione all’ammontare dei trattamenti retributivi,
stabiliti in misura inferiore rispetto a quelli dei docenti universitari;

5. per la cassazione della sentenza hanno proposto
ricorso i litisconsorti indicati in epigrafe sulla base di un unico motivo,
articolato in più punti, al quale il Ministero dell’Istruzione, dell’Università
e della Ricerca ha resistito con controricorso.

 

Considerato che

 

1. il ricorso denuncia, con un unico motivo,
«violazione e falsa applicazione dell’art.
23, legge 11 marzo 1953 n. 87; dell’art. 2, comma 6, legge 21 dicembre 1999
n. 508; degli artt. 3 e 36 Cost.; degli artt.
112 e 113 cod. proc. civ.; degli artt. 1362, 1363, 1364, 1365, 1366, 1367 cod. civ.
nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio»;

1.1. i ricorrenti sostengono, in sintesi, che a
seguito dell’entrata in vigore della legge n. 508/1999, con la quale le
Accademie sono state parificate alle Università è cambiato, quanto alle
mansioni, il rapporto di lavoro, perché l’equiparazione del titolo di studio
rilasciato dall’Accademia a quello universitario ha comportato che l’attività
di docenza sia stata modellata su quella universitaria e, quindi, è stato
richiesto al personale delle Accademie l’espletamento di mansioni aggiuntive
rispetto a quelle svolte in precedenza;

1.2. dette mansioni non sono state adeguatamente
remunerate in quanto, sulla base delle previsioni della richiamata legge n.
508/1999, il personale già in servizio è stato inquadrato in un ruolo ad
esaurimento, conservando il trattamento economico complessivo già goduto;

1.3. i ricorrenti insistono nel sostenere che, nel
rispetto dei principi costituzionali affermati dagli artt.
3 e 36 Cost., la retribuzione doveva essere
equiparata, a prescindere dalla natura del rapporto, a quella dei professori
universitari e ciò in considerazione della sostanziale identità delle mansioni,
della medesima natura degli enti in favore dei quali la prestazione viene
svolta, dell’impegno orario richiesto, più gravoso rispetto a quello dei
docenti universitari, delle modalità di reclutamento;

1.4. censurano, pertanto, la sentenza impugnata
nella parte in cui ha ritenuto manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 6, della legge n. 508/1999 e
sollecita questa Corte ad attivare il giudizio incidentale;

2. la questione che qui viene in rilievo è già stata
affrontata dalla Corte che, con le recenti pronunce nn. 14101 e 21522 del 2018,
ha respinto analoghe domande proposte nei confronti del MIUR da professori di
ruolo in servizio presso i Conservatori di musica e le Accademie, affermando
che « i docenti degli istituti di alta formazione, di specializzazione e di
ricerca nel settore artistico e musicale (AFAM) non hanno diritto allo stesso
trattamento economico e contrattuale dei docenti universitari, in quanto la I.
n. 508 del 1999, pur inquadrando detti istituti tra le istituzioni di alta
cultura riconosciute dall’art. 33 Cost. e
garantendone l’autonomia statutaria e organizzativa, affida tuttavia la
disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti alla contrattazione collettiva
nell’ambito di un apposito comparto e regola il conferimento degli incarichi di
insegnamento secondo modalità diverse sia da quelle previste per gli insegnanti
di scuola primaria e secondaria, sia da quelle proprie dei professori
universitari, per i quali l’art.
3, del d.lgs. n. 165 del 2001 ha mantenuto lo statuto pubblicistico.»;

3. le pronunce richiamate hanno ritenuto
manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art.
2, comma 6, della legge n. 508/1999, sulla quale si incentra il ricorso, alla
luce del costante orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui
la violazione del principio di eguaglianza sussiste solo qualora situazioni
sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente
diverso, ma non quando la diversità di disciplina corrisponda ad una diversità
di situazioni, perché in tal caso la discrezionalità del legislatore non può
essere sindacata (Corte Cost. nn. 192 e 79 del 2016, n. 85 del 2013, n. 340 del
2004);

3.1. si è sottolineato, inoltre, che l’art. 33 della Costituzione non impone
l’equiparazione a tutti gli effetti fra istituzioni di alta cultura, università
ed accademie, ma si prefigge solo lo scopo di tutelarne l’autonomia, al fine
principale di garantire la libertà dell’arte e della scienza, sicché la scelta
del legislatore di ricomprendere gli istituti AFAM nell’ampio genus dell’alta
cultura non implica che necessariamente la disciplina degli stessi debba essere
speculare, quanto alle modalità di funzionamento ed all’organizzazione dei
mezzi e del personale, a quella delle altre istituzioni;

3.2. si è aggiunto che non si può fare leva
sull’equipollenza dei titoli di studio, rilasciati rispettivamente dagli
istituti di alta formazione e dalle università, per sostenere la necessità di
parificazione del trattamento economico del personale docente, giacché, da un
lato, l’equipollenza è stata limitata dal legislatore «al fine esclusivo
dell’ammissione ai pubblici concorsi per l’accesso alle qualifiche funzionali
del pubblico impiego», dall’altro la stessa finisce per confermare la diversità
fra istituti di alta formazione ed università e fra i titoli di studio dagli
stessi rilasciati, equiparati solo a determinati fini;

4. il ricorso non prospetta argomenti che possano
indurre a rimeditare l’orientamento già espresso, al quale il Collegio intende
dare continuità e va, pertanto, rigettato con condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate come da
dispositivo;

2.13. ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n.
115/2002, come modificato dalla L. 24.12.12 n.
228, deve darsi atto della ricorrenza delle condizioni processuali previste
dalla legge per il raddoppio del contributo unificato.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in € 6.500,00 per
competenze professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13,
comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

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