Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 gennaio 2020, n. 306

Tributi, IRAP, Commercialista, Partecipazione ad uno studio
associato, Svolgimento di funzioni di componente di collegi sindacali di
società di capitali, Assenza di presupposto d’imposta, Diritto al rimborso

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria provinciale di Roma, con
sentenza n. 6294/16, sez 51, accoglieva il ricorso proposto da P.G.B.M. avverso
i dinieghi di rimborso Irap per gli anni 2004-2008.

Avverso detta decisione l’Agenzia delle entrate
proponeva appello innanzi alla CTR Lazio che, con sentenza 6576/2017, rigettava
l’impugnazione confermando l’orientamento espresso dal giudice di primo grado.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per
Cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di un motivo.

Ha resistito con controricorso il contribuente.

 

Motivi della decisione

 

Con il motivo di ricorso l’Amministrazione deduce la
violazione dell’art. 2 comma 1 del
d.lgs 446/97 e dell’art. 2697 c.c perché,
nel caso di specie, il contribuente avrebbe impiegato beni strumentali
eccedenti il minimo indispensabile allo svolgimento della propria attività e
avrebbe svolto la propria attività in forma associata.

Il motivo presenta aspetti di inammissibilità e di
manifesta infondatezza.

E’ inammissibile per quanto concerne le asserite
notevoli spese relative a beni strumentali per gli anni oggetto di causa in
ragione di significative spese relative ad immobili, compensi a terzi ed
elevati acquisti e quote ammortamento relative a beni mobili.

Invero, trattasi di affermazioni del tutto generiche
prive di ogni indicazione precisa e prive di alcuna indicazione riguardo agli
elementi ed alle prove processuali da cui le predette affermazioni derivino.

Le stesse, proprio in ragione della assoluta
genericità, non sono pertanto in grado di confutare le dettagliate indicazioni
che si rinvengono nella sentenza impugnata secondo le quali le quote di
ammortamento sarebbero le seguenti : anno 2004 Euro 8.501; anno 2004 euro
10.695; anno 2006 euro 8.861; anno 2007 euro 4.130; anno 2008 euro 1.187. Le
spese per collaboratori o personale dipendente sarebbero state invece le
seguenti : anno 2004 euro 8.501 ; anno 2005 euro 2.138; anno 2006 euro 1.020;
anno 2007 euro 0; anno 2008 euro 0.

La motivazione in questione si basa su un
accertamento di fatto in base al quale si è rilevata la modesta entità delle
spese effettuate nel corso degli anni dal contribuente e risulta del tutto
conforme alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui il presupposto
dell'”autonoma organizzazione” richiesto dall’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997
non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi
beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all’esercizio
dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l’impiego di un
dipendente con mansioni esecutive. (Cass .9451/15 SU
-Cass 18881/16)

Il motivo è poi manifestamente infondato per quanto
concerne la partecipazione ad uno studio associato.

Sul punto la sentenza impugnata ha osservato che la
partecipazione ad uno studio associato non significa che tale struttura sia necessariamente
al servizio dell’attività singola del libero professionista e, nel caso di
specie, ha ritenuto di dovere escludere tale ipotesi in ragione del fatto che
il contribuente svolgeva solo le funzioni di componente di collegi sindacali di
società di capitali e che l’Ufficio non aveva fornito prova che, grazie
all’associazione, il professionista avesse ricevuto incarichi di revisione o di
componente di collegi sindacali.

Trattasi di una motivazione che investe il merito
della questione che appare ,come tale adeguatamente motivata e conseguentemente
non censurabile in ragione anche del fatto che l’Amministrazione non ha dedotto
né dimostrato di avere addotto concreti elementi nella fase di merito atti a
indurre ad una diversa decisione.

La valutazione effettuata dal giudice di seconde
cure risulta, inoltre, essere conforme ai più recenti orientamenti di questa
Corte con cui si è osservato che “il commercialista, dunque, che sia anche
amministratore, revisore e sindaco di società non è soggetto a IRAP per il
reddito netto di tali attività perchè è soggetto a imposizione fiscale
unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata
dell’opera individuale; il che si verifica in quanto per la soggezione a IRAP
non è sufficiente che il commercialista operi presso uno studio professionale,
atteso che tale presupposto non integra di per se stesso il requisito
dell’autonoma organizzazione.

Già con Cass. n. 10594
del 2007, n. 15893 del 2011 e n. 3434 del 2012
si era chiarito – con riferimento a fattispecie nella quale si discuteva di
redditi realizzati dal libero professionista nell’esercizio di attività
sindaco, amministratore di società, consulente tecnico – che non fosse –
soggetto a imposizione quel segmento di ricavo netto consequenziale a
quell’attività specifica purché risultasse possibile, in concreto, lo scorporo
delle diverse categorie di compensi conseguiti e verificare l’esistenza dei
presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati. Tale accertamento
spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, solo se
congruamente motivato. (Cass 22138/16; Cass 16372/17).

Ancora, nel senso appena descritto, è stato ribadito
che, in tema d’IRAP, non realizza il presupposto impositivo l’esercizio
dell’attività di sindaco e di componente di organi di amministrazione e
controllo di enti di categoria, che avvenga in modo individuale e separato
rispetto ad ulteriori attività espletate all’interno di un’associazione
professionale, senza ricorrere ad un’autonoma organizzazione. (Cass 19327/16)

Il ricorso va dunque respinto. Segue alla
soccombenza la condanna al pagamento delle spese del presente giudizio
liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al
pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 3.500,00 oltre spese
forfettarie 15% ed accessori.

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