Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 gennaio 2020, n. 1111

Invenzioni oggetto di brevetto, Equo premio, Diritti
derivanti dall’invenzione

Fatti di causa

 

1. Il Tribunale di Udine, con sentenza numero 174
del 2010, anche all’esito di precedenti pronunce non definitive risalenti al
1995 ed al 2001, ha accertato, per quanto qui rileva, che F. F. (che aveva
agito con ricorso depositato in data 13.5.1994, presso la Pretura di Udine –
Sezione Distaccata di Cividale del Friuli) fosse autore esclusivo o solo
coautore, a vantaggio della società controricorrente, di molteplici invenzioni
oggetto di brevetto, e che – pertanto- avesse diritto, in relazione alle
stesse, al riconoscimento dell’equo premio di cui all’art. 23 comma 2 del RD 1127/1939
(respingendo la domanda di accertamento e quindi di risarcimento per altre
invenzioni non brevettate a nome del ricorrente, nonché all’equo premio per
altre invenzioni).

Il Tribunale, conseguentemente, ha condannato la
società al pagamento della somma complessiva di euro 1.277.170,00, oltre
interessi e rivalutazione monetaria dalla data della sentenza al saldo.

2. La Corte d’appello di Trieste, con sentenza
definitiva n. 465 del 2014 depositata il 21 marzo 2014, per quanto qui rileva,
accogliendo parzialmente l’appello principale e l’appello Incidentale contro la
sentenza del tribunale di Udine quanto al capo n. 3, che per il resto ha
confermato, ha condannato le officine meccaniche D. S.p.A. al pagamento in
favore di F. F. dell’equo premio nella misura complessiva di euro 466.116,00,
oltre interessi al tasso legale dalla data di messa in mora (28 gennaio 1994)
fino a quella di deposito della sentenza di primo grado (6 luglio 2010) oltre
alla rivalutazione monetaria e agli interessi al tasso legale da tale data fino
al saldo.

3. Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per
cassazione F. F., affidato a cinque motivi.

4. La S.p.A. “Officine meccaniche D.” ha
resistito con controricorso, contenente un ricorso incidentale condizionato,
per il caso di accoglimento del ricorso principale, ed ha proposto, altresì,
ricorso incidentale articolato in due motivi.

5. Tutte le parti hanno depositato memoria, ai sensi
dell’art. 378 c.p.c..

6. Il Pubblico ministero ha concluso chiedendo il
rigetto del ricorso principale e di quello incidentale.

 

Ragioni della decisione

 

7. Col primo motivo di ricorso il ricorrente ha
dedotto, ex art. 360 comma 1, n. 3 il vizio di
violazione di legge in cui sarebbe incorsa la Corte di appello in relazione
all’art. 429, 3 comma, cp.c. ed all’art. 23, 2 comma R.D. n. 1127/39,
per erronea individuazione della data di decorrenza della rivalutazione del
credito dalla sentenza di primo grado invece che alla data di deposito della
CTU, che era precedente alla data considerata di oltre un anno e mezzo (cfr.
pag. 31 /32 ricorso), data che doveva essere considerata, secondo il
ricorrente, di maturazione del diritto ai sensi dell’art
429, comma 3, c.p.c.

8. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente ha
dedotto la violazione e/o falsa applicazione dell’art.
429, comma 3, c.p.c. e dell’art.
23, comma 2, del RD n. 1127/39, in cui sarebbe incorsa la corte di appello
individuando erroneamente la data di decorrenza degli interessi legali, ossia
dalla data della messa in mora del 28 gennaio 1994, fino alla data di deposito
della sentenza di primo grado (6 luglio 2010), invece che dalla data di
rilascio di ciascun brevetto, per tal via confondendo gli interessi moratori
con quelli compensativi (che avrebbe dovuto riconoscere nel caso di specie).

9. Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto, ex art. 360 comma 1, n. 3, il vizio di violazione di
legge in cui sarebbe incorsa la corte di appello in relazione all’art. 23 cit. per avere
omesso, o comunque valutato solo parzialmente, l’importanza dell’invenzione,
individuata riduttivamente con il suo valore secondo la cd. formula tedesca,
senza tenere conto di altri “indicatori di importanza”, pervenendo,
per tal via, ad una violazione dei parametri di equità imposti dalla norma.

10. Con il quarto motivo il ricorrente ha dedotto,
ex art. 360 comma 1, n. 3 il vizio di
violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte di appello in relazione
all’art. 23 cit., per
avere proceduto alla indebita applicazione, nella determinazione dell’equo
premio, della cd. formula tedesca (in ragione della quale l’equo premio è
determinato dal valore V per il fattore proporzionale P, cfr. pag. 26 della
sent. impugnata); segnatamente avrebbe errato la corte nel determinare il
fattore “P” avvalendosi di parametri incompatibili con le invenzioni
di azienda;

11. Con il quinto motivo, infine, il ricorrente
deduce il vizio di violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte, in
relazione agli artt. 210 e 421 c.p.c., per omesso accoglimento dell’istanza
di esibizione delle cd. “liste di referenza” per il periodo
successivo all’ottobre 2007, ossia degli elenchi degli impianti e delle linee
acquisiti e realizzati, documenti necessari a ricostruire i vantaggi economici
conseguiti dall’azienda in relazione alle invenzioni del ricorrente.

In particolare, osserva il ricorrente, la corte
avrebbe respinto l’istanza con una erronea valutazione della irrilevanza dei
documenti (cfr. pag. 50, nota 23) in ragione del tempo ultra ventennale ormai
trascorso dalla registrazione per la metà dei brevetti, che aveva, secondo la
corte, consentito ai consulenti di determinare il valore V di cui alla
richiamata formula, considerando sostanzialmente la totalità delle vendite dei
prodotti collegati alle invenzioni per cui è causa.

12. Con il ricorso incidentale condizionato,
formulato in relazione al secondo motivo di ricorso principale, per il caso di
suo accoglimento, la controricorrente ha dedotto la violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 429, comma 3, c.p.c. e
dell’art. 23, comma 2, R.D
1127/39 (in relazione all’art. 360, n. 3,
c.p.c.) in cui è in corsa la Corte d’Appello di Trieste nella parte in cui ha
calcolato gli interessi dalla data della messa in mora anche in relazione ai
quattro brevetti di cui alle posizioni nn. 31, 32, 33 e 34, che furono concessi
successivamente a tale data.

13. Con il primo motivo del ricorso incidentale, la
controricorrente ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 23, comma 2 del RD n.
1127/39 (in relazione all’art. 360, n. 3,
c.p.c.) per omessa valutazione, nel parametro dell’importanza del brevetto,
dell’efficacia spazio-temporale dei brevetti, errore in cui sarebbe incorsa la
corte, valutando i benefici conseguiti dalla azienda per effetto del brevetto
solo con riguardo al criterio delle royalties (pag. 38 sentenza impugnata,
conformemente all’Impostazione del collegio peritale, che a sua volta non
avrebbe erroneamente dato conto del fattore spazio temporale), nonostante la
difesa della società avesse fornito elementi (tavole sinottiche integrate anche
nel ricorso per cassazione) che evidenziavano importanti profili spazio
temporali incidenti, nella prospettazione difensiva, sui vantaggi competitivi
conferiti dal brevetto all’azienda (come la circostanza che all’estero il
brevetto, per i paesi ove non attribuiva esclusiva, non aveva conferito alcun
vantaggio, aspetto di cui la sentenza avrebbe dovuto dare conto per la
determinazione dell’equo premio v. pag. 46 contro ricorso).

14. Con il secondo motivo del ricorso incidentale la
controricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 23 del R.D. n. 1127/39
(in relazione all’art. 360 n. 3, c.p.c.) per
omessa valutazione della mancanza di novità e/o “inventività” di talune delle
invenzioni per cui è causa, rispetto alla tecnica esistente, anche alla luce
del fatto che già dalla CTU di primo grado fosse emerso che talune invenzioni
mancavano di tali caratteri.

15. Sia il ricorso principale che quello incidentale
sono infondati, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato.

16. Appare opportuno premettere, in termini generali
che, risultando la domanda proposta il 13.5.1994 il dato normativo applicabile
è l’art. 23, comma 2, del r.d.
n. 1127 del 1939, nel suo testo originario. L’originario testo della legge
invenzioni, che disciplinava le invenzioni dei dipendenti, e in particolare le
c.d. invenzioni di azienda, si limitava a disporre che “Se non è prevista
e stabilita una retribuzione, in compenso dell’attività inventiva, e
l’invenzione è fatta nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un
rapporto di lavoro o d’impiego, i diritti derivanti dall’invenzione
appartengono al datore di lavoro, ma all’inventore, salvo sempre il diritto di
esserne riconosciuto autore, spetta un equo premio, per la determinazione del
quale si terrà conto dell’importanza dell’invenzione” (art. 23.2 l.i.).

In tale originaria formulazione la norma lasciava
dunque aperti il problema della necessità o meno della brevettazione, ai fini
della spettanza dell’equo premio, e la questione relativa ai parametri per la
sua determinazione, risolti poi dalla normativa successiva (il cd. Codice della
Proprietà Industriale Decreto legislativo 10
febbraio 2005, n. 30,ed il decreto correttivo
n. 131 del 13 agosto 2010), conformemente alla giurisprudenza formatasi sul
testo originario dell’art. 23
cit, che aveva ritenuto come la brevettazione e non la mera brevettabilità
costituisca condicio iuris per l’esigibilità del premio (ex plurimis, Cass.,
27.6.1961, n. 1547; Cass., 5.10.1964, n. 2517; Cass., 10.1.1989, n. 30; Cass.,
13.4.1991, n. 3991) sostenendo anche che “pur nella equivocità della
locuzione ’diritti derivanti dall’invenzioné devesi ragionevolmente ritenere
tali siano quelli di sfruttamento patrimoniale in regime di esclusiva nel
territorio dello Stato considerati dall’art. 1 del medesimo R.D. e che vengono
a costituirsi solo al compimento del procedimento di brevettazione (art.4 R.D.
cit. ; Cfr., anteriormente all’adozione del Codice, Cass., 19 luglio 2003, n.
11305, Cass., 6 dicembre 2002, n. 17389, , II,
259; Cass., 5 giugno 2000, n. 7484, Cass., 2
aprile 1990, n. 2646, 2470; Cass., 10 gennaio 1989, n. 30, 2365; Cass., 16
gennaio 1979, n. 329, 1128).

Del resto, l’imprenditore, nel momento in cui
effettua la brevettazione, determina in ragione del meccanismo normativo
vigente pro-tempore, la conseguenza rilevante per la quale “i diritti
derivanti dall’invenzione” sono sottratti al lavoratore/inventore e non resta
altra possibilità di sfruttamento degli stessi, situazione compensata/un equo
premio, per la determinazione del quale si terra conto dell’importanza
dell’invenzione.

Pertanto, in tale quadro normativo e interpretativo
devono essere valutate le dedotte violazioni di legge, e segnatamente quelle,
proposte sia dal ricorrente che dalla controricorrente, che contestano la
determinazione della importanza dell’invenzione ai fini della determinazione
dell’equo premio.

17. Il primo motivo del ricorso principale, con il
quale il ricorrente deduce ex art. 360 comma 1, n.
3 il vizio di violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte di
appello in relazione all’art. 429, 3 comma, cp.c.
ed all’art, 23, 2 comma R.D.
n. 1127/39; per erronea individuazione della data di decorrenza della
rivalutazione del credito dalla sentenza di primo grado invece che alla data di
deposito della CTU precedente di oltre un anno e mezzo, è infondato poiché solo
al momento della pronuncia giurisdizionale il credito è stato determinato e
accertato dal giudice, conformemente al calcolo operato dal consulente, e
quindi liquidato, di talché solo da tale momento la somma può essere rivalutata
(risultando l’obbligazione, per il periodo precedente alla liquidazione, di
valore e non di valuta cfr. Cass. 24 settembre 1997, n. 9376).

18. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente
ha dedotto la violazione 1994, fino alla data di deposito della sentenza di
primo grado (6 luglio 2010)/invece che alla data di rilascio di ciascun
brevetto, così fraintendendo il senso dell’art. 429
c.p.c. considerando come interessi moratori cori quelli che invece dovevano
ritenersi compensativi (e che avrebbe dovuto riconoscere nel caso di specie
dalla data del rilascio del brevetto).

Il motivo è infondato.

In termini generali è opportuno ribadire come gli
interessi moratori, il cui presupposto è costituito dal ritardo imputabile,
rivestano una funzione risarcitoria, costituendo una liquidazione fortettaria
del danno da ritardo nelle obbligazioni pecuniarie, mentre gli interessi
compensativi, inveca. assolvono la funzione remunerativa, rappresentando un
compenso dovuto in cambio del vantaggio della disponibilità di una somma di
denaro spettante al creditore.

Quanto alle obbligazioni di valore, tuttavia, come
quella in esame (fino alla data della sentenza di primo grado), costituisce
tralaticio insegnamento di questa corte, quello per cui l riconoscimento di
interessi costituisce una mera modalità liquidatoria del possibile danno da
lucro cessante, cui è consentito al giudice di far ricorso col limite
costituito dall’impossibilità di calcolare gli interessi sulle somme integralmente
rivalutate dalla data dell’illecito; (cfr ex multis Cass.n. 22347 del
24/10/2007 e n. 3355/2010, conformi alle più risalenti Cass., n. 748/2000,
Cass., nn. 490/1999 e 10751/2002).

Nel caso di specie, dunque, la corte di appello, sia
pur con sintetica motivazione sul punto, ha riformato la sentenza di primo
grado in senso più favorevole al ricorrente, individuando nella data della
messa in mora il criterio per pervenire alla liquidazione equitativa degli
interessi compensativi, cosi uniformandosi alla citata giurisprudenza che,
peraltro, ha avuto anche modo di escludere che il giudice del merito sia tenuto
a motivare il mancato riconoscimento degli interessi compensativi a meno che
non sia stato espressamente sollecitato mediante l’allegazione della
insufficienza della rivalutazione ai fini del ristoro del danno da ritardo
(Cass.n. 22347 del 24/10/2007)

19. Il terzo ed il quarto motivo, che possono essere
esaminati congiuntamente al primo e al secondo motivo del ricorso incidentale,
poiché tutti vertono sul giudizio del parametro dell’importanza, formulato dai
giudici di merito, propongono come vizi di violazione di legge doglianze che,
in realtà, si pongono in contrasto con la motivazione adeguatamente e
logicamente fornita dalla corte di appello, formulando così censure
inammissibili in grado di legittimità. In particolare:

– con il terzo motivo, il ricorrente si duole
dell’esercizio dell’equità da parte della corte nella valutazione
dell’importanza dell’invenzione, che la corte avrebbe valutato in concreto, con
riguardo ai risultati economici conseguiti con l’invenzione e non in astratto
con riguardo alle massime potenzialità di sfruttamento conseguibili.

– con il quarto motivo, deduce l’errore in cui
sarebbe incorsa la corte di appello per avere proceduto alla indebita
applicazione, nella determinazione dell’equo premio, della cd. formula tedesca
avvalendosi di parametri incompatibili con le invenzioni “di azienda”
(e applicabili invece alle invenzioni “di servizio”)

– con il primo motivo del ricorso incidentale,
invece, la controricorrente pone in discussione la valutazione operata dai
giudici di merito del parametro dell’importanza del brevetto, che sarebbe
erronea poiché la corte, valutando i benefici conseguiti dalla azienda per
effetto del brevetto solo con riguardo al criterio delle royalties (pag. 38
sentenza impugnata), nonostante la difesa della società avesse fornito elementi
(tavole sinottiche integrate anche nel ricorso per cassazione) che
evidenziavano importanti profili spazio temporali incidenti, nella
prospettazione difensiva, sui vantaggi competitivi conferiti dal brevetto
all’azienda (come la circostanza che all’estero il brevetto, per i paesi ove
non attribuiva esclusiva, non aveva conferito alcun vantaggio, aspetto di cui
la sentenza avrebbe dovuto dare conto per la determinazione dell’equo premio,
quanto meno in “via equitativa”, v. pag. 46 contro ricorso, pag. 17
mem. Ex art. 378 c.p.c., anche tenendo conto
del fatto che i brevetti di alcune invenzioni, quelle relative alle bramme
sottili, non erano stati mai utilizzati poiché giudicati dalla società
datoriale inidonei alla applicazione industriale).

– con il secondo motivo di ricorso incidentale, la
controricorrente deduce la violazione di legge in cui sarebbe incorsa la corte
per aver determinato l’importanza dell’invenzione senza considerare la mancanza
di novità e/o “inventività” di talune delle invenzioni rispetto alla
tecnica esistente (circostanza di fatto che emergeva anche dalla CTU di primo
grado).

Orbene è evidente, dalla mera lettura della
articolata motivazione sul punto, che la corte ha svolto il giudizio di equità
in maniera corretta, avvalendosi, pur nell’applicazione della formula tedesca,
che privilegia i fattori economici, di numerosi correttivi volti a determinare
adeguatamente, sia pure nella complessità della vicenda, l’importanza delle
invenzioni, analiticamente valutate, e considerando il valore delle stesse
sotto diversi profili comunque a prescindere dall’utilizzo concreto (cfr. pag
42 della sentenza impugnata ove si evidenzia, conformemente alla valutazione
del CTU, come “il fatto che la D. abbia realizzato gli impianti sulla base
di altri brevetti non “azzera” di per sé l’importanza
dell’invenzione”).

La corte di appello in particolare, dopo aver
chiarito come “nella specie, non si tratta di valutare trovati realizzati
nell’ambito della ricerca pura, ma trovati realizzati nell’ambito del settore
industriale” ha richiamato la giurisprudenza di questa corte che ha stabilito
come, per determinare le potenzialità di sfruttamento economico
dell’invenzione, “occorre ricorrere ad una valutazione equitativa in
funzione correttiva, discostandosi dal c.d. “metodo tedesco”, onde
evitare il risultato di una quantificazione parametrata sul solo valore
commerciale dell’invenzione (cfr. Cass. 27.2.2001 n.2849; Cass. 2.4.1990
n.2646)”, evidenziando tuttavia come, in primo grado tale valutazione
commerciale fosse stata carente e provvedendo conseguentemente a ripetere le
operazioni peritali.

La corte ha, in particolare, in maniera precisa,
paragonato le invenzioni brevettate con quelle di produzione D., per
individuarne il valore, evidenziando altresì la difficoltà di considerare
autonomamente il valore dell’equo premio per ciascun brevetto, proprio in
ragione della complessità degli impianti realizzati.

Pur applicando il criterio della formula tedesca
dunque, la corte ha dato conto (pag. 55 e 56), disattendendo le valutazioni
svolte dal CTU in primo grado, di aver determinato l’equo premio a prescindere
dal concreto utilizzo, determinando l’Importanza sul dato della
“brevettazione” anche a prescindere dalla effettività dello
sfruttamento economico, attenendosi ragionatamente ai criteri suggeriti dalla
giurisprudenza di questa corte relativamente alle modalità per svolgere la
valutazione equitativa (cfr.Cass. 2849/2001) basata sulle potenzialità di
sfruttamento economico della invenzione (cfr. pag. 58 ove si considera
l’incremento di valore ipotizzando la vendita di ulteriori impianti; cfr. altresì
pag. 42 ove si evidenzia, per determinare l’equo premio per brevetti non
utilizzati, che,il fatto che D. abbia realizzato gli impianti sulla base di
altri brevetti non “azzera” di per sé l’importanza dei trovati di cui
è causa, aspetto in relazione al quale la corte si confronta con le critiche,
già sollevate in appello e qui reiterate nel secondo motivo di ricorso
incidentale).

A fronte di tali corrette e motivate valutazioni, le
doglianze formulate nei motivi in esame, lungi dal condurre a ravvisare le dedotte
violazioni di legge, finiscono per denunciare critiche alla motivazione e alla
formulazione del giudizio equitativo, proponendo una valutazione dei fatti
diversa o alternativa a quella fornita nel merito, e risultano pertanto
manifestamente infondate.

20. Quanto al quinto motivo, con il quale il
ricorrente si duole dell’ omesso accoglimento dell’istanza di esibizione di
documenti necessari a ricostruire i vantaggi economici conseguiti dall’azienda
in relazione alle invenzioni del ricorrente (aspetto in ordine al quale la
corte di appello ha ampiamente motivato, v. pag. 37 e 38), esso risulta
infondato per genericità, poiché il ricorrente non evidenzia in che misura
l’acquisizione di tale documenti avrebbe assunto rilevanza e neppure allega ed
indica in maniera precisa la violazione delle norme predicate, dolendosi -in
definitiva- di una mancata ammissione di ordine meramente esplorativo come si
deduce dalla stessa lettura del ricorso, pag. 49 (ove sostanzialmente si evince
come il ricorrente chiedesse di acquisire informazioni su quali impianti
facessero uso delle invenzioni), avendo del resto da tempo chiarito, questa
corte, come il provvedimento di rigetto dell’istanza di ordine di esibizione
non è sindacabile in sede di legittimità, (Cass. 26733/2014, Cass. 24188 2013).

21. Per tutte le considerarsi finora svolte, il
ricorso principale e quello incidentale sono respinti e le spese integralmente
compensate.

Ricorrono i presupposti per la condanna di entrambe
le parti al pagamento del contributo unificato previsto sia per il ricorso
principale che per quello incidentale, come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale e quello incidentale,
compensa le spese.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n.
115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte ricorrente principale e di quello Incidentale, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso
principale e incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 gennaio 2020, n. 1111
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