Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 gennaio 2020, n. 1113

Cartelle esattoriali, Contributi previdenziali omessi,
Diritto alla conservazione del regime di applicazione graduale dell’incremento
delle aliquote di finanziamento dovue al FPLD

 

Fatti di causa

 

Con sentenza depositata il 28.11.2013, la Corte
d’appello di Genova ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva
rigettato l’opposizione proposta da C.U.L.M.V. P.B. s.c. a r.l. avverso talune
cartelle esattoriali con cui le era stato ingiunto di pagare all’INPS somme per
contributi previdenziali omessi, sul presupposto che non avesse più diritto
alla conservazione del regime di applicazione graduale dell’incremento delle
aliquote di finanziamento dovute sulle retribuzioni versate al Fondo pensioni
lavoratori dipendenti.

La Corte, in particolare, ha anzitutto ritenuto
(come già il primo giudice) la novità e conseguente inammissibilità della
prospettazione avanzata da C.U.L.M.V. nelle note difensive depositate in vista
dell’udienza di discussione in primo grado, volta a conservare il regime di
favore anche in considerazione dell’aggravio contributivo derivante dalla
sopravvenuta incapienza delle aliquote dei contributi minori a compensare
l’incremento di quelle relative ai contributi da versare al Fondo pensioni
lavoratori dipendenti; sotto altro profilo, ha ritenuto che, una volta avvenuta
la parificazione degli imponibili contributivi relativi alle società
cooperative con quelli in vigore per gli altri datori di lavoro privati,
venisse a mancare la base su cui calcolare il regime di favore, essendo
quest’ultimo precedentemente applicato mediante lo spostamento progressivo tra
l’aliquota da versare sulla retribuzione effettiva e quella residua da versare
sulla retribuzione convenzionale.

Avverso tale pronuncia, C.U.L.M.V. ha ricorso per
cassazione, deducendo due motivi di censura, illustrati con memoria.

L’INPS ha resistito con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

Con il primo motivo, la ricorrente denuncia nullità
della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 112, 113 e 132 c.p.c., con riferimento anche all’art. 118 att. c.p.c., e per falsa applicazione
degli artt. 416 e 437
c.p.c., per avere la Corte di merito, con motivazione apodittica, ritenuto
la novità e conseguente inammissibilità della prospettazione da essa avanzata
nelle note conclusive del giudizio di primo grado, secondo la quale il proprio
diritto alla conservazione del beneficio dell’applicazione progressiva dello
spostamento delle aliquote sarebbe derivato anche dall’aggravio contributivo
connesso alla sopravvenuta incapienza delle aliquote dei contributi minori a
compensare l’incremento di quella relativa ai contributi da versare al Fondo
pensioni lavoratori dipendenti, giusta la previsione dell’art. 120, I. n. 388/2000, che,
riconoscendo a tutti i datori di lavoro un esonero dal versamento dei
contributi sociali per assegni per nucleo familiare pari a 0,8 punti
percentuali, aveva automaticamente reso impossibile che, mediante lo
spostamento al Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell’aliquota CUAF
(divenuta, a seguito dell’esonero, pari al 3,20%), venisse compensata la
maggior aliquota del 3,72% da versare al Fondo stesso.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta
violazione degli artt. 27, comma
2-bis, I. n. 30/1997, 120,
comma 1, I. n. 388/2000, 1,
commi 361-362, I. n. 266/2005, per avere la Corte territoriale ritenuto che,
una volta parificatisi gli imponibili contributivi dovuti dalle società
cooperative rispetto a quelli degli altri datori di lavoro, con definitiva
soppressione del meccanismo di calcolo dei contributi basato sulle retribuzioni
convenzionali, essa avesse perduto il beneficio dell’applicazione graduale
degli incrementi contributivi mediante lo spostamento progressivo delle
aliquote, essendo quest’ultimo precedentemente operato tra l’aliquota da
versare sulla retribuzione effettiva e quella residua da versare sulla
retribuzione convenzionale.

I motivi debbono essere esaminati congiuntamente,
stante l’intima connessione delle questioni da affrontare, e sono entrambi
infondati.

Giova al riguardo premettere che l’art. 3, comma 23, I. 335/1995,
ha previsto che a far data dal 1°.1.1996 l’aliquota contributiva di
finanziamento dovuta a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti sarebbe
stata elevata al 32%, con contestuale riduzione delle aliquote contributive di
finanziamento per le prestazioni temporanee a carico della gestione di cui all’articolo 24, I. n. 88/1989
(c.d. contributi minori).

A seguito dell’adozione del decreto di attuazione
della disposizione cit., che ha determinato il maggior onere nella misura del
4,43%, è pacifico in punto di fatto che la ricorrente, che è una società
cooperativa a responsabilità limitata che calcolava i contributi dovuti al
Fondo pensioni lavoratori dipendenti sulle retribuzioni effettive corrisposte
ai propri soci-lavoratori, limitando ai soli contributi minori la facoltà
concessale dall’art. 4, d.P.R. n.
602/1970, di calcolarli sugli imponibili convenzionali, si è trovata a
subire un aggravio in pari percentuale sul differenziale tra l’imponibile
utilizzato per i contributi da versare al Fondo e quello relativo ai contributi
minori, ed è stata pertanto ammessa a godere del beneficio dell’applicazione
progressiva dello spostamento delle aliquote, introdotto dall’art. 27, comma 2-bis, d.l. n. 669/1996
(conv. con I. n. 30/1997), che ha previsto che,
qualora dall’incremento delle aliquote da versare al Fondo pensioni lavoratori
dipendenti fossero derivati aumenti contributivi effettivi a carico dei datori
di lavoro, tali aumenti sarebbero stati applicati mediante un incremento di
0,50 punti percentuali ogni due anni con inizio al 1°.1.1997.

Del pari è pacifico che, a far data da allora,
coerentemente con quanto previsto dalla circolare
INPS n. 77/1997, la ricorrente ha incrementato l’aliquota del Fondo
pensioni da calcolare sulla retribuzione effettiva nella misura di 0,50 punti
percentuali, riducendo a 3,93 punti percentuali la residua aliquota trasferita
da computare sulla retribuzione convenzionale, e altrettanto ha fatto nei
bienni successivi fino al 2006, allorché l’INPS, sul presupposto dell’entrata
in vigore dell’art. 3, comma 4,
d.lgs. n. 423/2001 (che aveva previsto che a far data dal 1°.1.2007 anche i
contributi dovuti dalle società cooperative venissero calcolati secondo le
previsioni di cui all’art. 1,
d.l. n. 338/1989, conv. con I. n. 389/1989,
ossia sulle retribuzioni effettive dovute), ha ritenuto che fosse venuta meno
tale possibilità: come si legge nella circolare
INPS n. 23/2007, posto che al 31.12.2006 la quota residua da calcolare
sulla differenza tra la retribuzione effettiva e la retribuzione convenzionale
risultava fissata nella misura di 1,93 punti percentuali (vale a dire in misura
pari all’ultimo incremento dell’aliquota di finanziamento del Fondo pensioni
lavoratori dipendenti pari a 0,50 da calcolare sulle retribuzioni effettive),
il venir meno della differenziazione tra gli imponibili giornalieri da prendere
a riferimento per il calcolo delle aliquote determinava automaticamente la
perdita del beneficio.

Tale conclusione è stata avversata dalla ricorrente
sul rilievo che, nel sistema delineato dal legislatore del 1996, gli incrementi
contributivi effettivi possono concettualmente derivare sia dall’eventuale
diversità di imponibile tra il contributo dovuto al Fondo pensioni lavoratori
dipendenti e i contributi minori, sia dall’eventuale incapienza delle aliquote
dei ridotti contributi minori a compensare l’aumento della contribuzione dovuta
al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, di talché, avendo previsto l’art. 120, comma 1, I. n. 388/2000,
che a decorrere dal 1°.2.2001 sarebbe stato riconosciuto a tutti i datori di
lavoro un esonero dal versamento dei contributi sociali per assegni al nucleo
familiare pari a 0,8 punti percentuali, con conseguente sopravvenuta inidoneità
di quest’ultima a compensare l’aumento della contribuzione dovuta al Fondo
pensioni lavoratori dipendenti, essa avrebbe dovuto e potuto conservare il
beneficio dell’art. 27, comma
2-bis, d.l. n. 669/1996, cit., anche in epoca successiva a quella ritenuta
dall’INPS e comunque fino al 31.12.2012.

Sennonché, prima ancora di entrare nel merito
dell’argomentazione di parte ricorrente circa la possibilità che la fruizione
del beneficio in questione possa derivare sia dall’eventuale diversità di
imponibile tra il contributo dovuto al Fondo pensioni lavoratori dipendenti e i
contributi minori, sia dall’eventuale incapienza delle aliquote dei ridotti
contributi minori a compensare l’aumento della contribuzione dovuta al Fondo
pensioni lavoratori dipendenti, decisivo è rilevare che tale questione è stata
introdotta nel presente giudizio non già con il ricorso introduttivo di primo
grado, bensì solamente con le note conclusive rassegnate davanti al primo
giudice, avendo fino ad allora la ricorrente argomentato il proprio diritto a
conservare il beneficio sul duplice rilievo che il d.lgs.
n. 423/2001 non aveva abrogato nemmeno implicitamente l’art. 27, comma 2-bis, d.l. n. 669/1996,
e che l’incremento dell’imponibile sulle contribuzioni minori non era stato
tale da allinearlo con la retribuzione di cui all’art. 1, d.l. n. 338/1989, ma
soltanto con il valore del c.d. minimale giornaliero, ben inferiore alla
retribuzione sindacale e ancor più a quella corrisposta di fatto (così il
ricorso per cassazione, pagg. 5-6).

Orbene, tale ultima argomentazione è stata disattesa
dai giudici di merito con motivazione pienamente condivisibile.

Come s’è dianzi evidenziato, gli “aumenti
contributivi” che avevano abilitato l’odierna ricorrente a godere del
beneficio di  cui all’art. 27, comma 2-bis, d.l. n. 669/1996,
erano precisamente quelli rivenienti dall’innalzamento delle aliquote della
contribuzione da versare al Fondo pensioni lavoratori dipendenti che non
fossero compensati da diminuzioni delle aliquote relative alle contribuzioni
previste a favore degli altri fondi: più precisamente, il differenziale
derivava, in specie, dalla circostanza che l’aumento dell’aliquota del 4,43%
produceva «un aggravio in pari percentuale sul differenziale tra l’imponibile
utilizzato per i contributi IVS (paghe effettivamente corrisposte) e quello
relativo alle contribuzioni minori (importo convenzionale)» (così il ricorso
per cassazione, pag. 2), ed è proprio per ciò che la circolare
INPS n. 77/1997 aveva previsto che l’aggravio avrebbe trovato graduale
applicazione con la prevista cadenza biennale mediante incrementi dell’aliquota
del Fondo pensioni lavoratori dipendenti da calcolare sulla retribuzione
effettiva e corrispondenti riduzioni della residua aliquota trasferita da
computare sulla retribuzione convenzionale, ossia mediante spostamenti
progressivi tra l’aliquota da versare sulla retribuzione effettiva e quella
residua da versare sulla retribuzione convenzionale.

Conseguentemente, non può essere dubbio che l’art. 3, comma 4, d.lgs. 423/2001,
disponendo che, dall’1.1.2007, la determinazione della retribuzione imponibile,
ai fini del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti
dalle società cooperative avvenisse a norma dell’art. 1, comma 1, d.l. n. 338/1989,
abbia annullato ogni differenza tra la retribuzione imponibile da prendere a
base per il versamento di tutte le contribuzioni per i soci delle cooperative
(cioè tra retribuzione effettiva e retribuzione convenzionale) e abbia dunque
fatto venir meno il presupposto su cui l’odierna ricorrente calcolava la
(minore) contribuzione pagata all’INPS.

Altrettanto condivisibile, ancorché bisognevole di
emenda ex art. 384, comma 4, c.p.c., è la
decisione dei giudici di merito circa la novità e inammissibilità della
prospettazione volta a conservare il regime di favore in considerazione
dell’aggravio contributivo derivante dalla sopravvenuta incapienza delle
aliquote dei contributi minori a compensare l’incremento di quelle relative ai
contributi da versare al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, a seguito
dell’esonero di cui all’art. 120,
comma 1, I. n. 388/2000: diversamente da quanto sostenuto da parte
ricorrente, secondo la quale ci si troverebbe in specie in presenza di una mera
ragione di diritto ulteriore rispetto a quella già indicata nell’atto
introduttivo del giudizio, l’art.
120, I. n. 388/2000, nel differenziare ai commi 1 e 2 le modalità di
fruizione dell’esonero a seconda che i datori di lavoro operino o meno nei
settori per i quali l’aliquota contributiva per assegni al nucleo familiare è
fissata in misura inferiore a 0,8 punti percentuali, postula un accertamento di
fatto diverso ed ulteriore rispetto a quello che era stato addotto a sostegno
del fatto costitutivo del diritto a mantenere il beneficio di cui all’art. 27, comma 2 – bis, d.l. n.
669/1996, ed è consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte di
legittimità, il principio di diritto secondo cui, nel rito del lavoro, si ha
introduzione di una domanda nuova per modificazione della causa petendi non
solo quando si adduca a fondamento del petitum un vero e proprio mutamento dei
fatti costitutivi del diritto azionato, ma anche quando si introduca nel
giudizio un nuovo tema di indagine che alteri l’oggetto sostanziale dell’azione
ed i termini della controversia così come delineati nel ricorso introduttivo
(cfr., tra le più recenti, Cass. nn. 16298 del
2010, 15101 del 2012, 18761 del 2013, 6389 del 2017).

Pertanto, integrata negli anzidetti termini la
motivazione della sentenza impugnata, il ricorso va rigettato, provvedendosi
come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio
della soccombenza.

Tenuto conto del rigetto del ricorso, sussistono i
presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove
dovuto, previsto per il ricorso.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla
rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in €
10.200,00, di cui € 10.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari
al 15% e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n.
115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del
comma 1-bis dello stesso art. 13.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 20 gennaio 2020, n. 1113
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