L’azione del dipendente che rivendica il proprio trasferimento nel quadro di una cessione di ramo d’azienda non è soggetta ai termini decadenza di cui all’art. 6, L. n. 604/1966.

 Nota a Cass. 7 novembre 2019, n. 28750

 Gennaro Ilias Vigliotti

Nel caso in cui il lavoratore non impugni la cessione del contratto di lavoro nell’ambito di un trasferimento d’azienda ex art. 2112 c.c., ma, all’inverso, la rivendichi, non sono applicabili né l’ipotesi prevista della L. n. 183/2010, art. 32, co. 4, lett. c), né quella di cui alla lett. d) del medesimo co. 4.

Lo afferma la Corte di Cassazione (7 novembre 2019, n. 28750, che cassa parzialmente App. Napoli n. 3801/2016)

Come noto, in base all’art. 32, co.4, L. n. 183/2010,  le disposizioni in tema di decadenza previste per l’impugnazione del licenziamento dall’ art. 6, L. n. 604/1966 (come mod. dal co.1 dell’art. 32, L. n. 183/2010, cit.) si applicano, fra l’altro, anche: … “c)  alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile con termine decorrente dalla data del trasferimento; d)  in ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi prevista dall’ articolo 27 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto”.

Nello specifico, la Corte precisa che:

1) la lett c) di cui all’art. 32, co. 4,  L. n. 183/2010,  riguarda il caso in cui il lavoratore contesti “la cessione del contratto o, meglio, il passaggio del rapporto di lavoro, mentre restano estranee alla stessa le ipotesi in cui il lavoratore voglia avvalersi del trasferimento di azienda (formalmente deliberato dal datore di lavoro cedente) e, quindi, di ottenere il riconoscimento del passaggio e della prosecuzione del rapporto di lavoro in capo al cessionario oppure chieda di accertare l’avvenuto trasferimento di azienda che assuma realizzato in fatto e, quindi, la prosecuzione del rapporto di lavoro col cessionario” (cfr. Cass. n. 9750/2019, annotata in questo sito da G. CATANZARO, Trasferimento d’azienda e termini di impugnazione; n. 9469/2019; n. 13179/2017 e Trib. Torino 24 gennaio 2019, n. 147, in questo sito con nota di P. PIZZUTI, Passaggio alle dipendenze di nuovo appaltatore: impugnazione del trasferimento e decadenza);

2) per quanto concerne l’applicabilità della successiva lett. d) dell’art. 32, co. 4, cit., s’impone un’interpretazione particolarmente rigorosa riferita ad una clausola “aperta” di natura eccezionale che: a) da una parte, con il termine “altro” intende escludere le fattispecie riconducibili, in qualche modo, a quelle già regolate dalle diverse lettere della norma in questione; b) e dall’altra, presuppone la sussistenza di una sorta di “contatto” lavorativo pregresso tra lavoratore e soggetto diverso dal titolare del contratto; “contatto non ravvisabile nella situazione di un lavoratore escluso che rivendichi la cessione del proprio contratto di lavoro nei confronti del cessionario, nell’ambito di un trasferimento ex art. 2112 c.c.”.  In questo caso, infatti, non alcuna azione diretta a contrastare fenomeni interpositori o di contitolarità del rapporto di lavoro, ma si chiede unicamente il riconoscimento del diritto a rientrare nel gruppo dei lavoratori oggetto della cessione in favore della impresa terza cessionaria.

Pertanto, ai fini della decadenza, l’ipotesi di cessione del contratto ex art. 2112 c.c., di cui alla lett. c), dell’art. 32, co. 4, L. cit., riguarda solo chi impugna la cessione del proprio contratto di lavoro nell’ambito di un trasferimento di azienda e non quello di chi la rivendica.

Legenda

L’art. 6, L. n. 604/196, come mod. dall’art. 32, L. n. 183/2010, dispone che: “Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso.

L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di centottanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo …”.

Cessione di ramo d’azienda e termini di decadenza
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