Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 16 gennaio 2020, n. 837

Call center, Rapporti di collaboarzione a progetto,
Riqualificazione legale in rapporti di lavoro subordinato, Addebito
contributivo, Legittimità

 

Ritenuto che

 

la Corte d’Appello di Bologna, con sentenza n.
327/2017, in accoglimento dell’appello proposto dall’Inps e riformando
l’appellata sentenza, respingeva le opposizioni a verbale di accertamento
proposte, rispettivamente, da l’E.MA srl quale committente e da N.C. srl, quale
datrice di lavoro, avverso ad avviso di addebito ed a verbale di accertamento
aventi ad oggetto contributi dovuti all’INPS a seguito di riqualificazione come
rapporti di lavoro subordinati di trentasei contratti di collaborazione a
progetto stipulati con gli addetti di un servizio di call center (tele selling)
oggetto di appalto.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per
cassazione F. srl con due motivi.

L’INPS ha depositato delega. N.C. srl è rimasta
intimata.

E’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice
relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale non
partecipata.

 

Ritenuto che

 

1.- Col primo motivo viene dedotta violazione o
falsa applicazione dell’art. 61, 1
comma del d.lgs. 276/2003 (nella formulazione vigente prima della L. 92/2012 e dell’art. 24 bis L. 134/2012) e
delle previsioni contenute nella c.d. circolare Damiano del 14 giugno 2006,
posto che trovandosi a decidere di una fattispecie di call center out bound la
Corte d’appello non aveva tenuto conto che ai fini della legittimità dei
contratti a progetto relativi a collaboratori di call center la stessa
circolare aveva tracciato una distinzione tra operatori in out bound ed in
bound; distinzione superata solo nel 2012 con la c.d. riforma Monti Fornero.

2.- Con il secondo motivo il ricorso censura la
violazione e falsa applicazione di contratti (art.
360 n. 3 c.p.c.) con particolare riferimento all’erronea e falsa
interpretazione dei contratti a progetto formalizzati da N.C. nell’ambito
dell’appalto intercorso con F. Unipersonale s.r.l. per la fornitura di servizi
di cali center out buond da cui emergeva che non vi fosse alcuna perfetta
sovrapponibilità tra il progetto dei contratti e l’oggetto sociale della
committente, ma al più la connaturale continenza e riconducibilità del primo
nel secondo.

3.- Il ricorso è inammissibile posto che la
definizione legale del contratto a progetto è fornita dall’art. 61 D.Lgs. 276/2003
(modificato dalla legge 92/2012 ed abrogato
dall’art.52 del d.lgs. 81 del
2015 di attuazione del c.d. Jobs Act) in base al quale per la
configurazione della fattispecie descritta è necessaria sia la presenza di
tutti i caratteri della già nota figura delle collaborazioni continuative e
coordinate; sia la riconducibilità dell’attività “a uno o più progetti
specifici o programmi di lavoro o .fasi di esso determinati dal committente e
gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto
del coordinamento con la organizione del committente e indipendentemente dal
tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa”;

4.- Pertanto, a prescindere dalla configurazione di
un progetto specifico, secondo la nozione che ne ha dato questa Corte (Ordinanza n. 24379 del 16/10/2017); e quindi a
prescindere dalla stessa questione — posta nel presente ricorso – se il
progetto possa consistere o meno nella mera riproposizione dell’oggetto sociale
della committente, e quindi nella previsione di prestazioni, a carico del
lavoratore, coincidenti con l’ordinaria attività aziendale ( in senso contrario
all’interno della giurisprudenza di questa Corte v. Sez. L, Sentenza n. 17636 del 06/09/2016); ai fini della
legittima configurazione della fattispecie è necessaria, anzitutto, la
ricorrenza di un rapporto di lavoro autonomo con i caratteri della
collaborazione coordinata e continuativa; e nel caso di specie la Corte
d’appello bolognese aveva anche accertato, in via subordinata — ma con affermazioni
di merito rimaste incensurate – che il preteso programma o progetto consisteva
in realtà nella semplice messa a disposizione dell’attività lavorativa del
collaboratore e come tale si era sviluppato nella realtà; atteso che i
collaboratori predetti svolgevano attività assolutamente standardizzata,
all’interno della struttura messa a disposizione dal fornitore , in postazioni
di lavoro costituite da tavolo, sedia, apparecchio telefonico, carta e penna,
con orario di lavoro part time o full-time, dal lunedì al venerdì, con
rilevazione dell’orario su foglio di presenza, con retribuzione parametrata al
tempo di lavoro, seguendo le istruzioni di un asserito collaboratore della N.C.
srl la cui presenza costante si esprimeva con la consegna ai lavoratori delle
liste dei potenziali clienti da contattare, col reclutamento e col controllo
continuativo del lavoro degli operatori; e che, perciò, fosse infondato
“l’assunto di insussistena ex art.
61, co. 1 cit. degli indici sintomatici della subordinazione nelle modalità
di svolgimento delle prestazioni degli addetti al Call center di N.C. srl;

che in conclusione la sentenza impugnata risulta
fondata su una doppia ratio decidendi (v. Cass. n.
17636 del 06/09/2016) non adeguatamente censurata (Cass. n. 9752 del
18/04/2017; 2108 del 14/02/2012; v. pure Cass. sez. un., 14594 del 15/07/2016).
Sez. 1; Sentenza n. 18641 del 27/07/2017) .

5. – Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
Nulla spese in mancanza della costituzione della parte intimata. Deve darsi
atto invece che sussistono le condizioni richieste dall’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002 per il raddoppio del contributo unificato a carico del
ricorrente.

 

P.Q.M.

 

dichiara l’inammissibilità del ricorso. Nulla spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma
1-quater D.P.R. n.115 del 2002 si da atto della sussistenza dei presupposti
per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma
1-bis dello stesso art. 13.

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