Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 gennaio 2020, n. 1534

Trasferimento d’azienda, Fallimento della cedente, Deposito
istanza di insinuazione al passivo emolumenti maturati alle dipendenze,
Intervento del Fondo di Garanzia, Principio di solidarietà

 

Rilevato che

 

la Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma
della sentenza di prime cure, ha disposto la riduzione dell’importo – posto a
carico del Fondo di Garanzia – riconosciuto dal Tribunale a favore di R. L.,
dipendente (1995 – 2012) della Società La.F. E., di F. E. e A. S.n.c.,
dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Brescia del 6 giugno 2013;

la Corte territoriale ha accertato che nel giugno
del 2012 la Società aveva ceduto l’azienda alla N. F. s.r.l. alle cui
dipendenze era passato il lavoratore e che, nell’ottobre 2013 il lavoratore
aveva rassegnato le sue dimissioni dalla stessa New nello stesso ottobre del
2013, il L. aveva depositato istanza di insinuazione al passivo con riferimento
ad emolumenti maturati alle dipendenze della La.F. E. di F. E. e A. S.n.c. per
l’ammontare di Euro 16.018,54 a titolo di quota di T.F.R. ed Euro 3.885,52 a
titolo di ultime tre mensilità di retribuzione maturate;

richiamandosi all’orientamento di legittimità in
materia di applicazione del principio di solidarietà nell’ipotesi di ai sensi
dell’art. 2112 cod. civ., la Corte d’appello ha
ritenuto obbligato al pagamento il Fondo di garanzia; ha quindi riformato la
sentenza di primo grado con riferimento alla quantificazione per difetto delle
ultime 3 retribuzioni maturate (Euro 3.357), ritenendo che il Tribunale avesse
condannato l’Inps al pagamento di una somma superiore rispetto al massimale di
legge, che l’art. 2, co.2, del
d.lgs. n.80 del 1992 stabilisce non possa superare tre volte il massimo
dell’indennità di cassa integrazione straordinaria;

la cassazione della sentenza è domandata dall’Inps
sulla base di due motivi, illustrati da successiva memoria; R. L. ha opposto
difese con tempestivo controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente
comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio.

 

Considerato che

 

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.l n.3 cod. proc. civ., l’Istituto
ricorrente deduce che in presenza di un coobbligato solidale al pagamento del
credito retributivo, quale è l’impresa cessionaria, non si giustificherebbe
l’intervento a carico del Fondo di Garanzia, salvo che non venga dimostrata
l’insolvenza dello stesso cessionario;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.l n.3 cod. proc. civ., l’Inps
lamenta, in via subordinata, che la Corte territoriale abbia accolto la domanda
dell’assicurato diretta ad ottenere il pagamento delle ultime tre mensilità di
retribuzione maturate nei confronti del datore di lavoro cedente, senza curarsi
che ostava a detto accoglimento la continuazione senza soluzione di continuità
del rapporto di lavoro con l’azienda subentrante;

i motivi, esaminati congiuntamente, in quanto
fondati entrambi sul presupposto dell’inesistenza di un’obbligazione a carico
del Fondo di Garanzia, devono essere accolti;

la statuizione della Corte territoriale secondo cui,
una volta divenuto esecutivo lo stato passivo da cui risulti un credito del
dipendente dell’impresa fallita ciò vincolerebbe l’Inps a prescindere dalla sua
partecipazione alla procedura concorsuale, si ispira a una giurisprudenza di
legittimità (Cass. n. 24730 del 2015) a cui
sono ‘seguite varie altre decisioni che ne hanno compiuto una profonda
rivisitazione (da ultimo, in particolare cfr. Cass. n. 14348 del 2019);

l’orientamento oggi prevalente sostiene (Cass. n.
30804 del 2018) che l’art. 2
della legge n. 297 del 1982 e l’art. 2 del d.lgs. n. 82 del 1990
si riferiscono all’ipotesi in cui sia stato dichiarato insolvente e ammesso
alle procedure concorsuali il datore di lavoro che è tale al momento in cui la
domanda di insinuazione al passivo viene proposta;

stabilisce inoltre che, poiché il T.F.R. diventa
esigibile solo al momento della cessazione del rapporto, la circostanza che i
ratei maturati fino al momento della cessione d’azienda siano stati
(erroneamente) ammessi allo stato passivo nella procedura fallimentare del
datore di lavoro cedente non vincola l’istituto previdenziale, il quale in
quanto estraneo alla procedura, deve poter contestare il credito vantato a
titolo di T.F.R. affermandone l’inesigibilità, anche parziale, col che neppure
la garanzia prevista dalla I. n.297 del 1982 ha
modo di operare (cfr. in tal senso, ex multis, Cass. n.30804 e n. 29363 del 2018);

nel caso in esame, il giudice dell’appello ha
accertato che il L. aveva depositato istanza di insinuazione al passivo
nell’ottobre 2013, quando non era già più dipendente della Società fallita
(Società La.F. E. di F. E. e A. S.n.c.);

è pur vero che nella stessa data il lavoratore aveva
dato le dimissioni dall’impresa cessionaria, ma è altrettanto vero che l’Inps
aveva contestato in radice la sussistenza dei crediti, rilevando come, a
seguito della intervenuta cessione della Società La. F. E. di F. E. e A. S.n.c.
(e prima ancora dell’affitto della stessa alla N. F. S.r.l.), il lavoratore
aveva continuato a lavorare per la cessionaria senza soluzione di continuità,
di tal che, al momento dell’insinuazione al passivo, il lavoratore non aveva
maturato nessun credito, né a titolo di T.F.R. né a titolo di ultime mensilità
retributive, essendo il rapporto di lavoro proseguito con la N. F. S.r.l. fino
alle sue dimissioni;

di tale prospettazione dell’odierno ricorrente la
Corte territoriale non ha tenuto conto in motivazione, ritenendo coobbligato
l’Inps sebbene l’esigibilità del T.F.R. si fosse determinata solo al momento
della cessazione del rapporto, circostanza, quest’ultima, il cui accertamento
riveste un’importanza determinante ai fini della verifica delle concrete
modalità di realizzazione della cessione d’azienda (cfr. ex multis Cass. n. 29363 del 2018; Cass. n. 1977 del 2018; Cass.n. 28136 del 2018);

lo stesso accertamento di merito deve ritenersi
necessario anche con riferimento alla maturazione delle ultime retribuzioni
mensili, il cui riconoscimento si fonda sui medesimi presupposti della concreta
insolvenza dell’originario datore di lavoro, e della eventuale prosecuzione del
rapporto di lavoro presso il cessionario senza soluzione di continuità (v.
cass. n. 14348/2019).

in definitiva il ricorso va accolto; la sentenza
impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte di appello di Brescia,
in diversa composizione, la quale deciderà anche sulle spese del giudizio di
legittimità;

in considerazione dell’esito del giudizio, si dà atto
che non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le
spese del giudizio di legittimità.

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