Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 gennaio 2020, n. 1996

Infortunio, Reati in materia prevenzionistica, Ammenda,
Beneficio sospensione condizionale della pena dell’ammenda, Notifica del
verbale ispettivo, Raccomandata a/r

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza 16.05.2018, il tribunale di Santa
Maria Capua Vetere dichiarava il L. colpevole dei reati allo stesso ascritti e,
con il concorso di attenuanti generiche e ritenuta la continuazione tra i reati
in materia di prevenzione infortuni (d.Igs. n. 81
del 2008) contestati, lo condannava alla pena di 2600€ di ammenda,
riconoscendogli il beneficio della non menzione, in relazione a fatti accertati
in data 3.03.2015.

2. Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione
l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, iscritto all’Albo speciale
previsto dall’art. 613, cod. proc. pen.,
articolando due motivi di ricorso, di seguito enunciati nei limiti strettamente
necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att.
cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di
motivazione in relazione al mancato riconoscimento del beneficio della
sospensione condizionale della pena.

Premesso che è ravvisabile un errore nella sentenza
in quanto esiste una difformità tra il dispositivo, in cui il termine per il
deposito era indicato in 90 gg. e la motivazione depositata, in cui si indica
termine di gg. 30, dovendo quindi prevalere il primo attesa la non contestualità
del deposito, rileva comunque la difesa che ciò non influirebbe sulla
tempestività dell’impugnazione, in quanto non avendo depositato il giudice la
sentenza nel termine di gg. 30 avrebbe dovuto essere eseguita la comunicazione
dell’avvenuto tardivo deposito al difensore, cosa mai avvenuta.

Tanto premesso, si duole la difesa per l’omessa
motivazione in relazione al richiesto beneficio della sospensione condizionale
della pena, avendo invero il giudice motivato e riconosciuto solo il beneficio
di cui all’art. 175, c.p.

Stante l’omessa motivazione in ordine al beneficio
di cui all’art. 163, c.p., la sentenza
meriterebbe annullamento per vizio di mancanza della motivazione sul punto.

2.2. Deduce, con il secondo motivo, violazione di
legge in relazione all’art.
24, d. Igs. n. 758 del 1994.

In sintesi, sostiene il ricorrente che la sentenza
meriterebbe annullamento per non essere stata esperita correttamente la
procedura di definizione prevista dall’art. 24, d. Igs. n. 758 del 1994,
pacificamente considerata dalla giurisprudenza quale condizione di
procedibilità dell’azione penale per i reati in materia prevenzionistica.

Nella specie, si osserva, l’imputato, I.r.
dell’azienda interessata, non presente all’atto del controllo, avrebbe ricevuto
il verbale a mezzo raccomandata a/r in data 30.04.2015. Da quanto risulta in
atti, diversamente, il verbale contenente le prescrizioni e l’invito ad
adempiere venne spedito con raccomandata a/r e, stante l’assenza del
destinatario, venne immesso in cassetta. Tale procedura integrerebbe per la
difesa una violazione di legge, posto che in tema di notificazione di atti alla
persona giuridica, la legge consente la notifica dell’atto al I.r. in luogo
della sede legale e/o operativa della società solo ove dal contenuto dell’atto
da notificare emergano i dati anagrafici del I.r. nonché l’indirizzo di residenza,
di domicilio o dimora abituale. Dall’esame del verbale, invece, risulterebbe
solo il nome del I.r. ma non il suo luogo di residenza, domicilio né di
abituale dimora. La notifica, dunque, avrebbe dovuto essere eseguita alla sede
legale della società, nota agli agenti accertatori, non potendo gli stessi
notificare direttamente l’atto al I.r. avendo il legislatore ammesso tale
possibilità alle condizioni dianzi indicate. In ogni caso, si osserva, il
procedimento di notifica sarebbe affetto da nullità assoluta per la mancanza
della relata di notifica e dell’avviso di accertamento, attestante la
irreperibilità temporanea del notificando. In caso di mancata consegna,
infatti, l’agente postale delle comunicare al destinatario la data in cui è
stata tentata la consegna , del piego contenente l’atto giudiziario e,
contestualmente, lo deve informare che potrà ritirare il predetto piego presso
l’ufficio postale, attività che sarebbe stata completamente omessa nel
procedimento di notifica di cui si discute. L’agente postale avrebbe dovuto
infatti inviare al notificando la c.d. CAD (comunicazione di avvenuto
deposito), donde difetta l’attestazione della giacenza del plico presso
l’ufficio postale per il periodo di almeno dieci giorni consecutivi. In
definitiva, dunque, la sentenza meriterebbe annullamento difettando il
tentativo di definizione della procedura in via amministrativa per causa non
imputabile all’imputato, ma da ascrivere unicamente all’irregolarità della
procedura di notificazione dell’atto.

 

Considerato in diritto

 

3. Il ricorso è inammissibile.

4. Il primo motivo è inammissibile.

4.1. Ed invero, dall’impugnata sentenza e dal
verbale di udienza 16.05.2018 emerge che l’unica richiesta svolta dalla difesa
in sede di conclusioni fu quella assolutoria “perchè i fatti non
sussistono o non costituiscono reato”. Nessuna richiesta subordinata venne
formalizzata dalla difesa.

La concessione o il diniego dei benefici di legge,
in ipotesi di sentenza inappellabile, costituiscono l’esplicazione di un potere
discrezionale del giudice di merito di unica istanza, il quale non è tenuto in
particolare a motivare il diniego ove, in sede di conclusioni, non sia stata
formulata specifica istanza con l’indicazione delle ragioni atte a
giustificarne il riconoscimento. Solo nel caso in cui il giudice decida,
d’ufficio, in caso di condanna alla pena dell’ammenda (come nel caso di
specie), di riconoscere il beneficio di cui all’art.
163, c.p. sussiste un obbligo di motivazione, essendo infatti stato
affermato più volte da questa Corte che nell’ambito del potere discrezionale
riconosciuto dall’art. 163 cod. pen., il
giudice può, anche di ufficio, concedere il beneficio della sospensione
condizionale della pena dell’ammenda, facendo prevalere, sul contrario
interesse dell’imputato, l’utilità che discende dalla funzione rieducativa
insita nel beneficio in questione: di tale prevalente utilità il giudice è però
tenuto a fornire concreta giustificazione (tra le tante: Sez. 1, n. 44602 del
11/11/2008 – dep. 01/12/2008, Stefanelli, Rv. 241912).

Ove, dunque, il giudice non ritenga di dover
riconoscere il beneficio, non richiesto dall’imputato, nessun obbligo di
motivazione sussiste a carico dell’organo giudicante circa il mancato
riconoscimento.

5. Anche il secondo motivo è inammissibile.

5.1. Ed invero, è pacifico anzitutto nella
giurisprudenza di questa Corte che in tema di contravvenzioni
antinfortunistiche, la notifica del verbale di prescrizioni al datore di
lavoro, redatto dall’organo di vigilanza ai sensi dell’art. 20 del D.Igs. 19 dicembre
1994, n. 758, può avvenire anche a mezzo del servizio postale e, qualora la
raccomandata non venga consegnata per l’assenza del destinatario e di altra
persona abilitata a riceverla, si perfeziona per compiuta giacenza (Sez. 3, n.
30176 del 17/01/2017 – dep. 16/06/2017, Zinni, Rv. 270426). E’ stato poi
precisato che ai fini dell’estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza
ed igiene del lavoro il legislatore non ha prescritto che il verbale di
ammissione al pagamento della sanzione amministrativa sia formalmente
notificato al contravventore, per cui è sufficiente qualsiasi modalità idonea a
comunicare il contenuto dell’atto, rimanendo a carico del destinatario l’onere
di dimostrare di essersi trovato, senza sua colpa, nella impossibilità di
acquisirne la conoscenza (Sez. 3, n. 45737 del 23/02/2017 – dep. 05/10/2017,
Pavone, Rv. 271410, relativo a fattispecie in cui questa S.C. ha ritenuto che
l’avviso di spedizione della raccomandata A.R. fosse idoneo a dimostrare, in
assenza di prova contraria, l’avvenuta conoscenza dell’invito al pagamento).

5.2. Nella specie, l’imputato si è limitato ad
eccepire l’asserita irregolarità della notifica per compiuta giacenza eseguita
presso il suo indirizzo di residenza ma non presso la sede legale (modalità,
del resto, del tutto corretta, in quanto ad essere chiamato all’adempimento
delle prescrizioni impartite è il contravventore-persona fisica, attivandosi
con la comunicazione del verbale al contravventore ex D. Igs. n. 758 del 1994 una procedura mista
amministrativo/penale nei confronti dell’indagato e non certo della società,
non costituendo le violazioni addebitate reati presupposto della responsabilità
dell’ente, prevista solo per i delitti richiamati all’art. 25-septies, d. Igs. n. 231 del 2001).

5.3. Parimenti priva di pregio è l’eccezione secondo
cui si sarebbe una nullità assoluta della procedura di notifica per mancata
notifica della comunicazione di avvenuto deposito. Ed invero, ribadito quanto
già supra specificato circa l’assoluta libertà di forma del procedimento di
comunicazione al contravventore del verbale ex art. 20, d. Igs. n. 758 del 1994
(tanto che, ad esempio, si è ritenuta valida la notificazione effettuata presso
il domicilio eletto dal contravventore nell’ambito del procedimento penale a
suo carico: Sez. 3, n. 20857 del 17/01/2017 – dep. 02/05/2017, Paudice, Rv.
270505), deve qui essere precisato che la procedura il cui mancato rispetto è
invocato dalla difesa del ricorrente riguarda esclusivamente il procedimento di
notifica di un atte giudiziario, dunque non estensibile al caso in esame, in
cui ad essere notificato ed un verbale redatto da un organo amministrativo
nell’esercizio di funzioni di polizia giudiziaria. E’ infatti condizione
imprescindibile per il perfezionamento della notifica la spedizione delle
Comunicazioni di Avvenuto Deposito (ossia i c.d. CAD) nel caso in cui, nelle
notifiche effettuate a mezzo posta, l’agente postale non possa consegnare il
piego per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza
di persone idonee a ricevere la notifica. Infatti, è solo dall’invio del CAD
che decorre il termine di dieci giorni necessari per il perfezionamento della
notifica per compiuta giacenza, così come previsto dall’art.8 co.2 L n.890/82.

5.4. Si tratta, tuttavia, di normativa,
quest’ultima, che trova applicazione solo per le notificazioni di atti a mezzo
posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti
giudiziari, non dunque in relazione a procedimenti notificatori non relativi ad
atti giudiziari, come nel caso di specie.

6. In ogni caso, e conclusivamente, l’eccezione
difensiva non avrebbe comunque pregio quand’anche si ritenesse applicabile
detta procedura anche alle notifiche di atti diversi da quelli giudiziari,
posto che costante è l’orientamento secondo cui la notifica a mezzo della posta
eseguita al domicilio dichiarato mediante consegna dell’atto a persona
abilitata diversa dal destinatario si perfeziona con la ricezione della
relativa raccomandata, mentre l’ulteriore comunicazione al destinatario
preordinata ad informarlo del recapito dell’atto a soggetto abilitato, ex art. 7, comma 2, della legge 20
novembre 1982, n. 890, costituisce solo una modalità di rafforzamento della
procedura di notificazione già perfezionatasi, con la conseguenza che non è
necessaria la prova che il destinatario la abbia ricevuta, ma è sufficiente
l’attestazione dell’invio (Sez. 5, n. 3514 del 19/09/2018 – dep. 24/01/2019, PG
C/ De Rosa, Rv. 275341).

7. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso
segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché,
in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità, al versamento della somma, ritenuta adeguata, di Euro
2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

 

P.Q.M.

 

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila
in favore della cassa delle ammende.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 29 gennaio 2020, n. 1996
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: